33. Ritorno a scuola

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Camminare per i corridoi della scuola non mi era mancato affatto.
La gente rumorosa e antipatica, le ore di lezione, i professori, la mensa: niente di tutto quello mi era mancato minimamente, nonostante le mie vacanze avessero fatto schifo.

"Sii contento del fatto che è il tuo ultimo primo giorno di scuola" aveva cercato di incoraggiarmi mia madre quella mattina in macchina, mentre io guardavo fuori dal finestrino con rassegnazione e disgusto e al contrario di mio fratello che fremeva sul sedile posteriore. Non aveva neanche voluto prendere la mia mano mentre andavamo dentro. Perché ormai era un ragazzo grande lui.

Chiusi il mio armadietto e feci per andare in classe, ma andai a sbattere involontariamente contro qualcuno in mezzo alla calca di studenti.

"Scusa, amico".

Mi irrigidii sentendo quella voce e pensai subito che non si fosse accorto che ero io. Andiamo, mi aveva appena chiamato amico.

E poi alzai lo sguardo e vidi perfettamente che Angus mi stava guardando. Nessun disprezzo sul viso, ma solo un'espressione quasi dispiaciuta.

"Scusami tu. Non ti avevo visto" borbottai e lui scrollò le spalle.

"Non preoccuparti, Thomas". E poi mi superò, dandomi un colpetto amichevole sulla spalla.

Mi voltai di colpo indietro per guardarlo. Aspetta, mi aveva appena chiamato Thomas? Che diavolo? Stavo per caso immaginando tutto?

Scossi la testa e lasciai perdere, prima di proseguire verso la mia prima ora di lezione.

E ovviamente mi persi già dal momento in cui la nuova professoressa di chimica aveva scritto il suo cognome alla lavagna.

La vedevo decisamente dura quell'anno. Okay, sarebbe stato l'ultimo, ma anche il più difficile ed era proprio quello che mi preoccupava. In più c'era sempre la solita storia della costrizione: fosse stato per me sarei andato direttamente in tour con papà e avrei lavorato molto di più al mio primo album, mandando a quel paese lo studio.

Ma mamma continuava a ripetermi che ormai ero quasi al traguardo e un anno sarebbe passato in fretta.

Senza amici? Senza nessuno accanto? Senza Mya. Sospirai. Non l'avevo più sentita o vista. Non sapevo neanche dove fosse, dato che il biglietto che mi aveva dato suo nonno era ancora nella tasca del pantalone che avevo indossato quel giorno. Speravo solo che mia madre non li avesse lavati, mandando in frantumi quel pezzetto di carta che mi avrebbe potuto condurre da lei. O forse speravo il contrario.

Da quando avevo parlato con mio padre avevo riflettuto a lungo. Ma ancora non ero arrivato ad una conclusione.

E nonostante ogni weekend che passavo con mio padre in giro per il mondo continuassi a chiedergli che cosa avrebbe fatto lui se fosse stato al mio posto, la sua risposta restava sempre la stessa, mandandomi in crisi ogni volta: "Non devi pensare a ciò che farei io, Tom. Ma a ciò che vuoi davvero tu".

E io? Che volevo? Ero anche consapevole del fatto che più facessi passare il tempo, più avrei rischiato di perderla.

"Signor Horan?". Perché la professoressa nuova sapeva già il mio nome quando io non sapevo ancora il suo? Probabilmente aveva studiato la sua classe prima di venire.

"Sì?" chiesi, sperando che fosse la prima volta che mi aveva chiamato. Cosa di cui dubitavo fortemente dato il suo sguardo, cos'era, di disappunto? O preoccupazione? Nah, lei non aveva motivo di preoccuparsi per me. Non si vedeva quanto stessi male, giusto? Almeno, non era così chiaro per gli estranei, no?

"Sa dirmi cosa è una molecola?".

Ecco appunto. E la prima cosa che mi venne in mente da dire fu: "Non stavamo facendo chimica?".

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora