18. Doti pianificatrici

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"Hai capito?".

"Sì, tesoro. Ho capito. Ma penso che sia solo una follia e che ti si confoderanno le idee ancora di più" dissi guardando lo schema da completare che mi aveva fatto Spencer.

"No, invece. Devo tornare ad essere la Spencer quarantenne, non trentenne e per farlo ho bisogno di sapere ogni cosa".

"Ma i dottori dicono di non forzare, babe".

"Con i ricordi. Ma io voglio sapere come si svolgevano le mie giornate. Quindi adesso mi completi lo schema con le ore della giornata, per ogni giorno della settimana".

Io sospirai. "Mi sta già esplodendo la testa".

"Niall, avanti. Sono io che ho perso la memoria, non tu. Quindi mi aiuti. O lo faccio fare a Thomas".

Io sospirai ulteriormente e mi guardai intorno. La cucina era ricoperta di post-it, con tutti i gusti o le allergie dei nostri figli, specialmente di Lucas. Avevo detto a Spencer che non era un problema per me cucinare, ma lei continuava a ripetere che non voleva più sentirsi inutile. "Una settimana di non far nulla e non capirci niente mi è bastata, grazie" aveva esordito. Quindi adesso aveva ricominciato a fare le nostre cene, anche se io spesso le stavo accanto e l'aiutavo.

Inoltre aveva ulteriormente provato a trattare con Lucas, ma i risultati erano stati gli stessi. Anzi, anche peggiori dato che Spencer aveva provato a fare un panino con burro e marmellata per la merenda pomeridiana di Lucas, sotto le mie istruzioni, ma nostro figlio lo aveva rifiutato.
Continuava a stare seduto sulle mie gambe senza fare nulla.

"Ti prego, piccolo. Mangiane solo un pezzettino" lo aveva supplicato la donna, ma Lucas non voleva saperne. Sapevo che Spencer non avrebbe mai supplicato Lucas nel far qualcosa, ma non glielo avrei di certo fatto notare. Andiamo, a loro, prima dell'incidente, bastava guardarsi negli occhi per capire cosa fare e cosa non fare. Ma adesso quella connessione sembrava essere sparita nel nulla.

"Dai, Lu. Solo un pezzetto. Fa la mamma contenta" avevo cercato di convincerlo e lui aveva ceduto. Aveva dato solo un piccolo morso e poi aveva spostato il piatto con la mano, iniziando a piangere.

"Non è come quello della mia mamma" aveva detto tra le lacrime, portandosi le mani davanti al viso.
"Lei non è la mia mamma!".

Io avevo sospirato e mi ero alzato in piedi, cullando il mio bambino e lanciando sguardi a Spencer, che aveva un'espressione davvero dispiaciuta.

"Lu, ssh. Va tutto bene".  Ah, niente andava bene con Lucas. Piangeva per più della metà della giornata, continuava a fare il koala su di me e a respingere sua madre. Anche la notte spesso mi ero dovuto staccare da Spencer per andare da lui. Se me lo avesse lasciato fare, lo avrei portato in camera da letto con me e sistamato tra me e Spencer ma lui non ne voleva sapere. E così mi toccava restare lì, lasciando sola mia moglie.

Rimpiangevo i tempi in cui Lucas, quando aveva gli incubi, finiva nel nostro letto addirittura incollato alla donna, che si ritrovava a dover stare al centro. Un po' come faceva Thomas con me quando era più piccolo.

E poi ovviamente c'era il mio maggiore, che stava cercando di aiutare sua madre, ma che al contempo mi stava preoccupando.

In particolar modo quando era venuto da me prima di andare a dormire e fermandomi lungo il corridoio davanti alla porta della mia camera mi aveva chiesto: "Papà, puoi abbracciarmi?".

Mi si era sciolto il cuore a quella richiesta e io non avevo esitato ad accontentarlo. "Vieni qui" lo avevo esortato, passandogli le braccia intorno e stringendolo a me.

Lo avevo sentito sospirare. "Ti voglio bene".

"Anche io, Thomas. Da morire".

"Posso averne uno anche io?" si era intromessa Spencer, dopo essersi guardata la scena dal nostro letto.

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora