"Quindi è il tuo portafortuna".
"Sì. E poi grazie a questo è come se fossi sempre legato a mio padre. Come se potessi prendere un po' da quello che ha fatto lui e proseguire il suo lavoro. Anche se penso che non arriverò mai al suo livello" sospirai, ficcandomi in tasca il plettro di cui stavo parlando.
"Non dovresti avere un'autostima così bassa, Thomas".
"Dovremmo avere e fare tante cose, Mya". Lei mi fece un piccolo sorriso, essendo d'accordo con me. "E tu ce l'hai un portafortuna?".
"Non sono superstiziosa".
"Neanche un oggetto molto importante per te?".
"Che mi fa sentire vicina a qualcuno?" il suo sguardo si fissò nel vuoto. "Sì, ce l'ho" sussurrò.
"E ovviamente non posso sapere che cosa sia" dissi, allungando le braccia sopra la testa e stiracchiandomi.
"Sei così curioso tu" mi accusò dolcemente tornando a guardarmi.
"Ce l'hai addosso? Lo porti sempre con te? Posso indovinare che cos'è?".
"Non ce l'ho con me, Thomas. Perché mi fa più male che bene vederlo. Mi ricorda troppo quanto è passato. E che dovremmo andare avanti. Il tempo non si ferma mai". Il suo viso era così pensieroso. Così segnato, quando diceva quel tipo di frasi, da farla sembrare più grande della sua età.
"È un orologio?" chiesi, soffermandomi solo sugli indizi di quella frase e non sul significato in sé. Perché quella frase poteva benissimo travolgere anche me. Quindi stavo solo cercando di ignorarla.
Perché dovevamo sempre arrivare al punto di dire cose e trattare argomenti che ci ferivano? Perché eravamo così rotti? Volevo sapere qualcosa in più su di lei, oltre a banali caratteristiche, abitudini e gusti, ma non avevo intenzione di spingermi oltre. Era troppo presto.
Lei annuì e io mi domandai immediatamente a chi potesse appartenere il suo oggetto. "Che mi dici della tua famiglia?" le chiesi alla fine.
"Ho solo i nonni materni. Vivo con loro" disse in modo atono.
Quindi era orfana? Il mio cervello iniziò a fare duecento ipotesi diverse. "Mi dispiace" mi ritrovai a dire senza una vera ragione.
Lei scrollò le spalle. "E tu? So che tuo padre è famoso e che è una delle persone più importanti della tua vita".
"Giusto" dissi, passandomi una mano tra i capelli.
"E poi?".
"Ho un fratello minore".
"Il bimbo con cui vai via ogni giorno". Io annuii e mi chiesi quando ci avesse visti, ma non lo esternai a parole. "Capisco" terminò e fui grato per il fatto che non mi avesse chiesto altro.
Beh, neanche io le avevo fatto ulteriori domande. Pensai che stesse ricambiando quindi allo stesso modo.
E ovviamente nessuno dei due era pronto a parlare dei nostri problemi. Delle nostre situazioni. Magari un giorno ci saremmo arrivati. Lo speravo, dato che stavamo cercando di creare un rapporto d'amicizia tra noi.La campanella suonò e anche il brontolio del mio stomaco mi ricordò che era ora di pranzo. E dannazione, perché quella mattina non mi ero portato nulla da mangiare?
"Hai fame?" chiese, guardando la mano che avevo portato sul mio stomaco rumoroso.
"Uhm... Sì" risposi. "Ma non ho il pranzo".
"Mi spiace, Thomas. Sta volta non ce l'ho neanche io".
"E hai fame?".
"Solo un po'".
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Avrò Cura Di Te 2
FanfictionTutti pensano che essere un Horan è facile. Beh, quando tuo padre è un cantate di fama mondiale e non ti fa mancare nulla, potrebbe sembrarlo. Ma la mia famiglia non è mai stata fortunata. Non quando quel dannato incidente ha distrutto ogni cosa. La...