29. Ansia

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Ansia. La parola che mi descriveva meglio in quel periodo. Giugno. L'ultimo mese di scuola, l'ultimo mese di interrogazioni, l'ultimo mese che avrebbe stabilito se sarei passato all'anno successivo, quello che sarebbe poi stato il mio ultimo anno di scuola.
Grazie all'aiuto che mi aveva trovato papà ero riuscito a recuperare economia, mentre il giorno dopo avrei avuto il test di francese. Ansia.

"Perché devi essere sempre così nervoso e ansioso?" mi chiese Mya, passandomi la mano sulle spalle tese. Stava seduta con la schiena poggiata alla testiera del letto e le gambe incrociate, accanto a me che stavo disteso sullo stomaco con il viso rivolto verso di lei.

"Perché sono un Horan. Abbiamo quel gene sovrasviluppato".

"Non è l'unica cosa che avete sovrasviluppata".

Aprii un occhio e la guardai. No, avanti, non lo aveva detto davvero. E non era neanche la prima volta che se ne usciva fuori con quelle frasi da quando avevamo provato cose nuove.

Lei si mise la mano sulla bocca, cercando di non scoppiare a ridere apertamente.

Richiusi gli occhi iniziando a ridere insieme a lei. "Scema" borbottai, voltandomi dall'altra parte. Il bacio che mi schioccò sul collo fu abbastanza rumoroso. Nello stesso momento la porta socchiusa della mia camera si spalancò.

"Le porte di questa casa devono stare aperte" la voce di papà ci era arrivata chiara, nonostante fosse soltanto passato lungo il corridoio dando quel colpo alla porta. "Abbiamo un bambino innocente in casa. E noi non siamo interessati a..." a quel punto non sentii più niente per fortuna, perché si era allontanato abbastanza.

"Scusalo" dissi a Mya, che scrollò le spalle noncurante. "Si diverte così".

"Tranquillo. Lo capisco: è divertente prendersi gioco di te. O farti arrossire" mi disse e io gonfiai le guance indispettito.

"Siete tutti così cattivi con me" borbottai, affondando il viso nel cuscino.

Mya ridacchiò e stava per dire qualcosa, ma fu interrotta dall'urlo di mio fratello. "Thomas!".

"Oh, dio. Adesso cosa ho fatto?" brontolai, facendo per alzarmi in piedi.

"Tom, io devo andare via adesso. Ho appuntamento dalla Kirkman" mi disse la ragazza, alzandosi con me.

"Oh, va bene".

Lei afferrò tutte le sue cose sotto al mio sguardo e quando fummo in corridoio mi diede un bacio veloce, prima di andar via. "La strada la conosco. Ci sentiamo dopo".

Non feci in tempo a rispondere che Lucas si era avventato su di me, iniziando i tirarmi pugni sullo stomaco. Mi lamentai di dolore, restando un attimo senza fiato prima di afferrare Lucas per i polsi e fermarlo. "Ehi, ehi" dissi, mentre lui cercava di colpirmi in altro modo. "Mi vuoi dire che cosa ti ho fatto?" gli chiesi, afferrando i suoi polsi con una sola mano e parandomi con l'altro braccio dai calci che aveva iniziato a tirarmi.

"L'hai rotto! Me lo hai rotto!" urlò mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

"Ma cosa avrei rotto?" chiesi a voce un po' più alta.

"L'hai rotto!" e improvvisamente scoppiò a piangere.

In pochi secondi papà fu accanto a noi.

"Ehi, ehi. Che succede?" chiese papà, abbassandosi sulle ginocchia e attirando a sé Lucas, che iniziò ad urlare disperato tra i singhiozzi. "Lu. Lucas! Ehi, ehi. Calmati". Papà lo bloccava con le braccia. "Dimmi cosa c'è".

"Lo ha rotto lui. Perché non mi vuole più bene! Thomas non mi vuole più bene!".

Sentire quelle parole mi fece più male di quanto pensassi. Non avevo idea di cosa avessi rotto e non capivo perché Lucas fosse arrivato a pensare quello.

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora