9. Profumo

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Ogni luogo, ogni cosa, ogni persona ha un suo preciso odore, naturale o artificiale, buono o brutto che sia. Non mi ero mai soffermato sull'importanza dell'olfatto dell'uomo prima di allora. Dopotutto è solo uno dei cinque nostri sensi. Solo una caratteristica di ognuno di noi legata al nostro naso e alla nostra respirazione. 

Non avevo ancora capito, però, l'importanza che un odore potesse avere. Che forza scatenante si potesse rivelare. Quanti collegamenti potesse fare il nostro cervello soltanto sentendo uno odore specifico.

Io stesso avevo dei profumi che erano per me come punti di riferimento, quegli odori che mi facevano sentire a casa, che mi facevano stare bene: l'Hugo Boss di papà, che mi piaceva da morire e che gli rubavo di tanto in tanto; l'Alien della mamma, che aveva sempre riempito la nostra abitazione; lo shampoo al cocco di Lucas.

Non mi ero soffermato su quanti ricordi ed emozioni potesse scatenare un odore. Proprio come era successo a papà la sera prima, quando aveva accidentalmente fatto cadere giù dalla mensola il profumo della mamma. Si era frantumato sul pavimento del bagno e il vetro si era sparso ovunque, arrivando a fare un taglio sulla gamba di papà, che non sembrava farci caso nonostante il sangue che gli colava fino a macchiargli il calzino. 
Era troppo intento a guardare con gli occhi spalancati il punto in cui quella boccetta di profumo si era schiantata al suolo, facendosi travolgere dal forte odore, che faceva quasi venire il mal di testa.

Non volevo neanche sapere quale fossero stati i suoi pensieri mentre era bloccato in quel modo, perché belli o brutti che fossero, sapevo che lo avevano fatto soffrire. Era solo un rigirare il coltello nella ferita, andando sempre più in profondità ogni volta che un evento simile si verificava.

Lucas era rimasto fermo davanti alla porta a guardarci, mentre io ringraziavo che papà avesse comunque le scarpe addosso e lo afferravo per mano, facendo per uscire dal bagno, mentre i piccoli pezzi di vetro scricchiolavano sotto ai nostri piedi.

Lo portai in camera sua e lo feci sedere sul letto. Lucas era andato di sotto autonomamente ed era andato a prendere il disinfettante con della garza.

Gli sorrisi, mentre me lo passava. Mi inginocchiai davanti a papà, che si schiarì la gola: "Faccio io" disse con la voce roca e allungò la mano verso di me.

Scossi la testa e allontanai delicatamente la sua mano, prima di iniziare a pulire il piccolo taglio sulla gamba di papà, lasciata scoperta dai pantaloncini che stava indossando.

Quel taglio era poco lontano dalla cicatrice sul ginocchio, che dopo tutti quegli anni, sebben meno marcata, era ancora lì.

Mamma la odiava. Perché diceva che papà aveva sofferto alquanto per quel ginocchio. Mamma la odiava perché ancora allora pensava che quella cicatrice enorme non era affatto necessaria.

Mi avevano raccontato tante di quelle volte quel periodo della loro vita: la prima volta che si erano incontrati, la guarigione di papà grazie alla fisioterapia della mamma, il rapporto che si era creato tra di loro. La conoscevo così bene quella storia, che avrei potuto raccontarla io al posto loro, usando le parole esatte che solitamente uscivano dalla bocca dei miei genitori.

Pulii la ferita, mentre papà restava in silenzio senza emettere un verso.

E poi mi alzai, dandogli una pacca sulla gamba sana e feci per uscire dalla stanza, mentre Lucas entrava e andava quasi a gettarsi su papà, che lo strinse a sé.

"Grazie, Thomas" mi aveva detto mio padre e io avevo fatto un gesto incurante con la mano.

Odiavo non parlare con papà. Ma lui era ancora convinto che dovevamo andare da quella donna. E io quindi ero ancora arrabbiato con lui.

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora