17. Lucas

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"Thomas, ti va di parlare con me?".

Le mie braccia sotto la testa e il viso coperto. Ero disteso a pancia in giù sul divanetto di Elizabeth Kirkman. Dopotutto era stata lei a dirmi di mettermi comodo.

"Sì" risposi, senza muovermi di un centimetro.

"Davvero?".

"Sì".

"Come stai?".

Voltai la testa verso di lei. "Come pensi che stia?".

"Thomas".

Io sospirai e mi misi a sedere, portando le ginocchia al petto. "Non penso di star bene" sussurrai, con lo sguardo fisso sul pavimento.

"Perché?".

"Sta andando tutto a rotoli. L'altro giorno ho avuto un'attacco di panico" dissi, evitando di guardarla. "Se non ci fosse stata lei...".

"Chi è lei?".

Io sorrisi involontariamente. "Mya".

"State insieme?".

"Non lo so. Forse" risposi, guardandola sovrappensiero.

"E ti piace questa possibilità?".

"Oh, da morire. È la prima ragazza che..." mi interruppi. "Senti, non parlerò con te delle mie esperienze, quindi fatti bastare il fatto che Mya mi sembra essere l'unica cosa bella in tutta questa merda".

"Cosa intendi per tutta questa merda?".

Io sospirai e mi passai le mani sul viso. "La mia vita. La mamma si è svegliata, lo sai? Oh certo che lo sai".

"Non dovresti essere felice di questo?".

Io mi misi a ridere senza allegria. "Lei non sa neanche chi sono adesso. Ha nella testa un me di otto anni. È frustrante. E ieri mi ha anche chiamato Niall, mentre io ero di spalle".

"Come tuo padre?".

Annuii. "Ma lei non sbagliava mai, capisci? Anche quando ci sentiva arrivare, ma non ci guardava. Come se avesse quella capacità magica di guardare anche se era di spalle" dissi velocemente.

"O forse riconosceva i vostri passi".

Io ci pensai un attimo su, serrando la mascella. "Già. E adesso non li riconosce più" sussurrai con amarezza, seppellendo il viso nelle braccia. "Pensi che resterà così per sempre?".

"Non lo so, Thomas. Tu che ne pensi?".

"Io penso solo che... non lo so, ok? Anzi, vuoi sapere davvero cosa penso? Sì? Penso che rivoglio la mia vita. Sì, quella che odiavo cinque mesi fa e che adesso per riaverla venderei casa di papà. Rivoglio che Lucas torni a disturbare tutti con il rumore della palla calciata contro il muro, anche se nessuno aveva mai il coraggio di dirgli di smettere. O che mi venga a svegliare la domenica mattina a suon di schiaffi. Rivoglio la mamma che urla contro di me perché non ho studiato e perché la mia stanza è un casino. Rivoglio vedere di nuovo mia madre coccolare Lucas e farmi ingelosire del loro rapporto. Rivoglio papà che cerca sempre di equilibrare la nostra famiglia e ridere in continuazione per ogni dannatissima cagata, ok? Rivoglio la mia famiglia" . Avevo parlato ad una velocità inaudita, senza guardare la mia psicologa. E poi ovviamente i miei occhi si erano riempiti di lacrime. Li chiusi, lasciando cadere la testa tra le mie mani. "Non ce la faccio più" sussurrai. "Rivoglio indietro la mia famiglia. Non pezzi distrutti che non riescono più a comprendersi".

"Chi è non capisci di più, Thomas?".

Io mi asciugai con i palmi delle mani le lacrime che mi ero lasciato sfuggire. "Lucas" risposi. "Dal risveglio della mamma rifiuta tutti. Rifiuta anche me" mi passai la mano tra i capelli e strinsi. "Eccetto papà, ovviamente. Perché? Ti prego, rispondimi".

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora