34. Un lieto fine inaspettato

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San Francisco.

Ero finalmente arrivato in quella città, partendo direttamente con papà da Londra, dato che si trattava della loro prima tappa in America. Le otto ore di volo, il conseguente jet leg e l'ansia mi avevano ucciso, ma una volta in hotel non ero riuscito a chiudere occhio.

"Rilassati. Io non posso farti un massaggio, non ho le mani magiche della mamma e non li so fare" aveva borbottato mio padre con gli occhi chiusi. Pensai che da sua moglie non avesse imparato proprio niente in diciassette anni. Beati loro che si amavano così. Papà stava cercando comunque di tenermi compagnia e di rassicurarmi, ma la stanchezza lo aveva travolto come un treno in corsa.

"Non ne ho bisogno. E tu dormi" gli ordinai e lui mugugnò un "Anche tu" prima di sistemarsi sul fianco e darmi le spalle. Qualche minuto dopo, il russare leggero di papà era divenuto l'unico suono nella stanza.

Domani l'avrei vista. Domani avrei potuto avere le risposte che cercavo. Forse.

La vibrazione del mio cellulare fu più rumorosa di quanto ricordassi e mi fece sobbalzare.

Un sorrisino divertito mi spuntò sul viso e mi misi la mano sulla bocca per non ridere ad alta voce non appena lessi il messaggio che mi aveva mandato Angus: - Dormi, cretino! -.

- Come fai a sapere che non sto dormendo? - risposi, scuotendo la testa nonostante nessuno potesse vedermi.

Io e Angus ci eravamo legati in un modo che non mi sarei mai immaginato. Okay, sembrava stupido il fatto che l'anno prima ci odiassimo reciprocamente, ma ero contento del fatto che quel sentimento insensato fosse sparito in qualche modo inspiegabile e si fosse trasformato in altro.

- Dati i miei accurati calcoli, lì in California sono ancora le undici e mezza di ieri sera e tu domani devi incontrare la matta. È ovvio che non stai dormendo, imbecille paranoico -.
Ormai sapevo che i suoi insulti erano solo una dimostrazione d'affetto.

- Penso che sarà impossibile farlo, amico -.

- Pensa che se lei ti dovesse rifiutare, hai sempre me, Azzurro -. Il suo modo di provarci spudoratamente con me era incredibile, ma sapevo perfettamente che stava solo scherzando. E quel nomignolo era uno dei suoi preferiti.

- Non preferivi i palestrati? -.

- Mi stai ancora rispondendo?! Va a dormire! -.

Io sbuffai, prima di digitare la risposta sullo schermo del telefono e inviarla. - Va bene, va bene. Vado. Buonanotte -.

- Buonanotte insonne, Thomas. Ps: sai che qui da noi sono le sette e mezzo del mattino, vero? -.

Ovviamente pensai che aveva ragione riguardo alla prima parte del messaggio. Per la seconda invece, mi chiesi immediatamente cosa diavolo ci facesse sveglio a quell'ora di sabato mattina. Ma evitai di chiedere e posai il cellulare, cercando veramente di dormire e sperando che la stanchezza facesse il suo effetto soporifero.

-

Mi tremavano le mani. Stavo seduto sulla panchina vicino al palazzo che mi aveva indicato il nonno di Mya sull'indirizzo. Avevo anche suonato al citofono e mi aveva risposto chiedendomi se avessi voluto salire, mentre aspettavo che Mya tornasse.
Ma avevo preferito restare lì. E forse avevo fatto male, perché appena la vidi camminare sul marciapiede, mentre rideva con un ragazzo al suo fianco mi morì il cuore. La fissai mentre salutava quel ragazzo dai capelli rossi e si dirigeva verso l'ingresso del palazzo. Dopotutto non si erano neanche toccati. Probabilmente erano solo amici.

Mya non si era neanche accorta di me. Fu in quel momento che dovetti prendere una decisione: potevo alzarmi e parlare con quella ragazza che dopo tre mesi era esattamente come la ricordavo; oppure potevo restare lì immobile e poi andare via, lasciandola andare una volta per tutte.

Avrò Cura Di Te 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora