19. Quello che vuoi

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Mentre mi sistemo sento le voci attutite dai muri e Marco che ride così tanto da far sorridere anche me. Decido di vestirmi comoda, con dei leggings neri e una maglia verde abbastanza lunga da coprire il sedere. Ai piedi tengo le mie ciabatte rosa, perché si sa, la comodità non si batte.
Prendo la trousse pensando di truccarmi, ma poi se finiamo tardi non ho voglia di stare ore a toglierlo.
Il citofono suona mentre qualcuno bussa alla mia porta e mi accorro ad aprire.
<< mi hanno detto di chiamarti. Sei pronta? >> chiede Marco e io annuisco.
<< sei bellissima >> mi sorride accarezzandomi le punte dei capelli.
<< grazie >> dico arrossendo per il suo complimento inaspettato.
Presento Marco alle altre ragazze, che ovviamente sanno chi è, ma mi piace pensare che non lo conoscono come lo conosco io.
Marco resta sempre accanto a me, parla con tutti e ride. Mi piace un sacco vederlo coinvolto e felice insieme a noi. Mi piace averlo qui con me.
Giochiamo con le biglie, anche se non ci sappiamo giocare e inventiamo regole senza senso,  ma è molto più divertente.
Non posso dire che questa è la miglior serata della mia vita perché spero ci saranno altre come queste, con i miei amici e tutti noi che ridiamo e poi mi è sempre sembrata una cosa stupida da dire perché non si può decidere un giorno preferito.
Inutile dire che Lori ha fatto vedere subito l'anello. Lei è una che vuole gridare al mondo la sua felicità, mentre io sono più da tenermelo per me.
<< grazie di avermi fatto partecipe di tutto questo >> mi sussurra Marco all'orecchio e io li do un bacio sulla guancia come risposta. So che ci stanno guardando e mi mette in imbarazzo, ma mi piace vederlo arrossire.
Lori, che inizialmente non voleva uscire decide di andare in un pub a festeggiare, anche se sono quasi le dieci e domani ha lavoro. Tutti andiamo al lavoro domani.
<< conosco un posto fantastico dove possiamo andare >> la interrompe Marco. Non so se Marco sia un festaiolo o meno, se non beva o quante volte si sia ubriacato, ma ho imparato a fidarmi di lui.
<< è deciso. Facci strada >> dico alzandomi in piedi.
<< prima fammi aprire i regali >> dice Lori contenta come non mai.
<< giusto >> mi risiedo avvolgendo un braccio attorno a Marco. Mi fa appoggiare a se e inizia ad accarezzarmi i capelli come se fosse una cosa normale. Mi vengono i brividi, ma faccio finta di niente e lui non sembra accorgersene. Nel profondo desidero che se ne accorga e mi chiedo se sia sbagliato.
Riceve un bracciale da Cristina, un occhiale da sole dalla sua amica-collega di lavoro, Antonella. Quando si affretta ad aprire il mio regalo, non posso far altro che guardare Marco.
<< sii >> urla indossando il cappuccio. Batto le mani contenta e Marco ride.
<< visto? >> ribatto a Marco che non riesce a non ridere.
<< che succede? >> chiede Lori dondolandosi al suo posto.
<< niente >> rispondiamo insieme così scrolla le spalle e inizia a scartare il regalo di Marco.
<< una palla da tennis..oddio >> urla alzandosi in piedi. Ha una firma sopra e c'è la mostra prima di abbracciare Marco.
Vado a mettermi delle ciabatte decenti e il cappotto con la sciarpa. Visto che il pub è abbastanza lontano da casa nostra andiamo con la macchina, sotto consiglio di Marco. Vado in macchina con lui e le altre ragazze dietro con noi.
<< strano che non ci fai camminare >> scherzo, ma lui ride
<< tranquilla, per rimediare verrai a correre sempre con me >>  dice serio, ma con un sorriso che trasuda di divertimento.
<< non credo proprio >> dico ridacchiando, anche se probabilmente  lo seguirei anche se mi svegliasse alle cinque per andare con lui
<< si >> ribatte
<< no >> ribatto ancora mentre mi prende la mano quando cerco di schiaffeggiarlo scherzosamente. Per tutto il tragitto non facciamo altro che punzecchiarci. Non posso credere che mi prende in giro perché mi stanco facilmente, ma sono così contenta perché so che scherza e la sua risata è contagiosa. Amo la sua ironia.
Il pub è molto elegante e c'è una musica piacevole che ti invita ad entrare.
Marco saluta quasi tutte le persone presenti, oltre ai camerieri ci sono alcuni fan, fortunatamente è martedì e non c'è molto movimento, ma lui si ferma a scambiare due parole e qualche foto. Sono abbastanza gentili visto che lo lasciano andare via. Quando torna da noi sembra ancora più contento e mi chiedo cosa abbia pensato di me la prima volta che mi ha visto.
Ci sediamo su dei divanetti a bere e parlare.
<< ti sei mai ubriacato? >> chiedo a Marco con un bicchiere di gazzosa in mano.
<< uhm. Non sono sicuro di volertelo dire >> scherza vagando lo sguardo per non dovermi guardare.
<< dai, ti dico di quando mi sono ubriacata io >> sto mentendo, perché non mi sono mai ubriacata, ma lui non lo sa e spero sia così curioso da volerlo sapere.
<< allora racconta >> dice mettendosi comodo per guardarmi. Non so se mi sta prendendo in giro o meno, almeno quanto lo sto prendendo in giro io.
<< in verità non mi sono mai ubriacata >> ammetto ridendo.
<< quindi mi stavi mentendo? >> inarca le sopracciglia e io do un lungo sorso per non rispondere. Il suo sorriso si allarga  mentre continua a guardarmi, perché ovviamente vuole una risposta.
<< non sono sicura di volertelo dire >> dico imitandolo.
<< non saprai mai la verità allora >> ribatte soddisfatto e continua a bere la sua birra.
Nonostante tutto continua a guardarmi e io distolgo lo sguardo non volendo fissarlo mentre beve perché non riesco a ricacciare indietro certi pensieri.
<< davvero non hai mai bevuto così tanto da svegliarti e avere mal di testa? >> chiede mentre gira la bottiglia tra le mani.
<< no. Ne ho provate poche di bevande alcooliche e poi non ho mai visto tanto divertimento nel bere fino a farmi trascinare a casa di qualcuno altro >> dico con una scrollata di spalle.
<< fai bene. Non è una bella esperienza >> dice con lo sguardo perso.
<< è così brutto da non volermelo raccontare? >> chiedo sentendomi un po' in colpa per la mia curiosità persistente. Si sa che la gente non si ubriaca senza motivo, tranne se è così idiota da volerlo provare per curiosità.
<< no. La verità è che è stato abbastanza banale. Ero a casa con degli amici e quando se ne sono andati mi sono sentito un po' solo e quindi mi sono messo sul divano, ma la mattina dopo mi sono risvegliato li ed ero uno straccio >> dice alla fine arrossendo. Non so quale sia il motivo di quella serata, ma mi piace pensare che l'abbia aiutato a trovare una risposta.
Lori e Ivan ballano in mezzo alla sala, anche se non c'è nessun'altro tranne loro, e le altre due stanno discutendo sul matrimonio.
<< sei sempre così sincero? >> chiedo girandomi completamente verso di lui.
<< si, abbastanza >> risponde con un sorriso del tutto sincero. Proprio non c'è la fa a fingere.
<< secondo voi qual è una canzone adatta da ballare al matrimonio? >> chiede Antonella e Marco si cimenta nel nominare tante canzoni, tra le quali solo il venti percento conosco. È in questo momento, mentre lo vedo parlare e sorridere che mi accorgo di quanto mi piaccia questo ragazzo. E non come amico, ma molto, molto di più.
<< noi andiamo a casa >> ci dice Lori e io annuisco non volendo andare, ma ho l'impressione che vogliano passare del tempo da soli senza me a un muro di distanza.
<< allora veniamo anche noi, domani si lavora >> Cristina si alza seguita da Antonella e io guardo Marco aspettando che lui decida cosa fare.
<< vuoi venire con me? >> mi chiede Marco all'orecchio e io annuisco velocemente. Il suo sorriso contagioso mi invita ad alzarmi e dico a Lori di spassarsela finché non torno.
Ridono tutti, perché non ho avuto la decenza di tenere la voce bassa.
<< lo farò stanne certa >> ribatte per niente in imbarazzo.
<< noi andiamo con loro a prendere la nostra macchina >> mi dice Cristina che mi fa l'occhiolino e io scuoto la testa, perché non so cosa stia pensando, ma immagino niente che approverei.
Salutiamo le ragazze prima che Marco mi dia le sue chiavi per guidare, visto che ha bevuto, anche se non sembra averli fatto tanto effetto.
<< ok, fammi da navigatore >> dico aggiustandomi il sedile. Sono così contenta di essere qui e la mia mente sta vagando tra le possibili mete.
<< mi dirai dove andiamo? >> chiedo mentre svolto per la terza volta.
<< no >> lo dice in modo così risoluto, che mi fa imbronciare e ridere quando mi pizzica una guancia. Questa macchina si guida da Dio.
<< fermati in un parcheggio..>> dice e io lo faccio, confusa di trovarci di fronte a dei palazzi.
<< dietro a questi palazzi c'è casa mia. Vieni >> dice e esce fuori. Chiudo la macchina e mi avvicino a lui dandoli le chiavi. Mi ha portato a casa sua e una parte di me vuole correre per vederla il più veloce possibile, ma il buon senso mi dice che posso fare con calma e prendermi tutto il tempo possibile.
Dietro a questi palazzi c'è il cancello che porta ad una casa di un piano.
<< perché non la metti qui la macchina? >> chiedo notando che c'è lo spazio necessario.
<< perché poi il mattino non ho voglia di fare tutto questo giro per uscire >> dice ridendo, cosa che faccio anch'io dato che lo trovo stupido, ma  m'immagino io il mattino e inizio a trovare la razionalità nella cosa.
<< mi vuoi rapire? >> chiedo con uno sguardo scettico finché smetto di trattenere il sorriso.
<< tanto non puoi scappa >> dice circondandomi le spalle. Tecnicamente sono imprigionata adesso, ma detto tra noi, non scapperei neanche se me lo dicesse lui.
Apre la porta e sempre con un sorriso sulle labbra, mi fa passare davanti prima di accendere la luce.
C'è un piccolo corridoio quando entri, decorato con tre piccoli quadri, poi la visuale si estende sul soggiorno. Non so come sia stata la casa dei suoi, la mia era un disordine perenne e piena di oggetti apparentemente inutili, ma la casa di Marco è semplicissima. Per quanto riguarda questa parte almeno. Un divano a L, un mobile con la tv e un tavolino. Ci sono dei piccoli oggetti, come dei souvenir, dei libri e il premio di Sanremo su una mensola.
<< di solito tocca fare il tuor della casa..ma non oggi >> scherza e mi prende la mano per portarmi in un'altra stanza. Vedo di sfuggita la cucina, ma non mi da il tempo di approfondire lo sguardo.
<< spero ti piaccia, visto che è la ragione per cui t'ho portata. Il mio piccolo studio >> dice aprendo la porta.
Come ha detto lui, è uno studio. La prima cosa che ti salta all'occhio è il Pianoforte, di un nero lucido che ti incatena a guardarlo. É pieno di aggeggi elettronici, una scrivania abbastanza piccola e alcuni premi sopra le mensole. Non ci sono molte decorazioni, ma immagino che l'ambiente sia pensato per la tranquillità. Mi immagino mentre si siede con una penna in mano e vaga con il pensiero a cercare una parola che lo ispiri, ma finisce con il perdersi nei suoi pensieri e sorriderà.
<< ti piace? >> chiede con una certa nota di orgoglio che me lo fa piacere ancora di più. La stanza intendo, perché lui già..oh, lasciamo perdere. Non devo pensare a questo mentre sono a casa sua.
<< tu non lo sai, ma mi sono sempre chiesta se avevi una stanza così, o perlomeno come fosse >> ammetto e inizio a girare per la stanza.
<< davvero? >> sembra sorpreso mentre mi guarda per capire se lo prendo in giro o meno.
<< certo >> dico, con tono serio, ma non posso non ridere quando trovo una foto sua da bambino sopra la scrivania.
<< quanti anni avevi? >> chiedo prendendola in mano. Avrei dovuto chiedere se potevo prenderla, ma a dirla tutta, l'avrei fatto anche se diceva di no.
<< sei >> dice venendo alle mie spalle. È vestito in maniera disordinata,  con una maglia gialla con la scritta Hulk e dei pantaloncini blu a metà gamba. Ha anche le bretelle, per cui ho riso, e continuo ad accarezzare la cornice di legno.
<< eri così carino. Dove andavi? >> chiedo guardando la sua espressione divertita.
<< il mio primo giorno di scuola. Ricordo di aver insistito  per vestirmi così >> ammette guardando la foto con occhi splendenti.
<< noo >> rido ancora mentre lui mi guarda insistente.
<< ti piaceva andare a scuola? >> chiedo ricordandomi il mio primo giorno di scuola, dove ho conosciuto Lori.
<< più o meno. Per quanto può piacere a un bambino >> corruga la fronte facendo una smorfia.
<< anche a me. Anzi, a dirla tutta ho odiato le medie e italiano. Non mi piaceva che mi dicessero cosa leggere e cosa scrivere >> dico ridendo della mia stupidità, ma a quell'età la pensavo così e la professoressa era antipatica.
<< e come sei finita a lavorare per un giornale? >> chiede, la domanda che ogni persona mi ha posto.
<< perché ho capito quanto mi piacesse scrivere alle superiori, gli altri scendevano a fare ricreazione e fumare, mentre io stavo dentro ad ascoltare musica e scarabocchiavo sul quaderno. In terza abbiamo letto un libro che mi è piaciuto molto, quindi ne ho comprati altri per conto mio e così sono diventata questa qui >> dico indicandomi, con un sorriso sincero, perché mi piace chi sono. Cioè, alle volte ho delle crisi d'identità, ma amo scrivere e il lavoro che faccio è perfetto.
<< che scuola hai fatto? >> chiede e sorrido, direi contenta che voglia sapere tante cose su di me quante ne so io di lui.
<< linguistico. Poi ho deciso di fare l'università di giornalismo perché, so che sembra infantile, ma mi piaceva vedere le interviste, soprattutto di cantanti e mi aspettavo che li facessero le domande che volevo sapere io, ma spesso rimanevo delusa. Così mi sono detta che un giorno sarò proprio io a farle >> rispondo con tutta la sincerità che ho. C'è qualcosa di, bellissimo, in un certo senso, che spinge due persone a conoscersi e porre domande banali per sapere ogni piccolo dettaglio. Non so se sia il suo caso, ma io voglio tutto quello che è disposto a dirmi.
<< ti piace conoscere le persone >> dice come se fosse un affermazione.
<< beh, in un certo senso si. Diciamo che mi affasciano i pensieri delle persone, quale convinzione li spinge a fare una determinata cosa.  Ma sono convinta che non possiamo conoscere tutto e questo in un certo modo mi calma, perché anche se faccio milioni di domande agli altri, non vorrei che ogni mio pensiero venga fuori >> ammetto, anche se ovviamente c'è sempre un'eccezione perché risponderei a ogni sua domanda se lui volesse.
<< quindi mi stai dicendo che non so niente di te? >> chiede facendo finta di essere offeso.
<< infatti, non saprai mai chi sono veramente >> dico in modo altezzoso e continuo a guardare la stanza. Mi fermo sul pianoforte, accarezzo i tasti e, seguendo il mio remoto istinto, schiaccio a caso componendo una bellissima armonia. Così bella che posso sentire il pianoforte ridere di me.
<< io però mi sto lasciando conoscere da te e penso di conoscerti almeno un po' >> dice in modo lento, come se ci stesse pensando a fondo alla sua ammissione. Mi giro e lo guardo sorridere, direi contento di questa cosa.
<< lo so, ma abbiamo ancora molto da conoscere uno dell'altro, infatti sono qui con te >> la mia risposta sembra piacergli, perché sorride ancora di più e viene al mio fianco sedendosi sullo sgabello invitandomi a fare lo stesso.
<< quella prova era orribile >> dice ridendo e io faccio finta di imbronciarmi, ma il sorriso che alleggia sul mio viso mi rende poco credibile.
<< suoni quella che hai al telefono? >> chiedo e lui si imbarazza, per qualche strana ragione che io non so, ma quanto vorrei chiederglielo.
<< d'accordo >> annuisce poco dopo e preme un tasto iniziando pian piano a salire di tono finché non si ferma e ride
<< no, lo rifaccio >> dice arrossendo avendo sbagliato credo, perché ovviamente non la so precisamente e lui è  così attento alle cose. Lo guardo mentre fa scorrere le dita sui tasti, incantata dalla melodia che riesce a produrre con un solo strumento. Devo dire che la chitarra è lo strumento che più mi piace, ma il piano ha una aura tutta sua che ti stringe, come un incantesimo. Guardo il modo veloce in cui sposta le mani e senza che me ne accorga poso una mia mano sulla sua.
<< è bellissimo. Voglio provare >> dico, rendendomi conto che sembro un bambina che vede per la prima volta come si monta la panna, ma non posso farne a meno.
<< uhm..ok >> sembra perplesso, ma mi sorride e si sposta leggermente vicino a me per prendermi le mani. Sono così a mio agio con lui da poter dire senza alcuna esitazione che questo contatto mi rende nervosa in un certo senso.
<< proviamo, ma non prometto niente >> dice nervosamente mentre io lo guardo stringere il labbra in modo impulsivo. Intreccia le nostre dita
<< lascia la mano libera e fatti guidare dai miei movimenti. Ok? >> dice spostando la mia mano destra e annuisco impaziente di suonare. Con le sue dita preme le mie che, a loro volta premono sui tasti producendo il suono. Il suono è abbastanza lento dato che ci vuole un po' per farmi compiere il movimento, ma riconosco la melodia de 'l'essenziale'  e non posso che sorridere. Mi distraggo sbagliando e premo un tasto a caso così Marco scoppia in una risata leggera.
<< scusa >> mormoro ritirando le mani, ma non faccio altro che farlo ridere di più.
<< vabbè, vorrà dire che devi venire più spesso a casa mia con la scusa che devi imparare la canzone >> lo dice scherzando, ovviamente, ma mi piace che l'abbia pensato.
<< ci vengo si, dovrai mettere una restrizione che mi tenga lontana >> dico tenendo il gioco.
<< impossibile >> ride e mi guarda negli occhi pensando a chissà cosa.
<< è vero che hai registrato alcuni concerti? >> chiedo volendone vedere uno. Infatti annuisce così sorrido così tanto da non doverli spiegare altro.
<< vuoi vedere un concerto a quest'ora? >> chiede incredulo.
<< che ore sono? >> chiedo guardandomi in giro, ma lui ha un orologio sul polso che non avevo notato.
<< quasi le dodici >> dice con un sopracciglio alzato per dimostrare che aveva ragione. Prendo il suo polso per vedere, e in effetti..
<<  mancano venti minuti alle dodici >> dico guardandolo e chiedendomi se ha qualche impegno per cui dovrei lasciarlo dormire.
<< ok, magari saltiamo qualche parte >> dice facendomi sorridere.
<< prometto che poi ti lascio in pace >> dico stringendo la mano che mi porge. Mi porta nel soggiorno, facendomi sedere sul divano ad aspettare. Quando torna, ha in mano un cd e inizia a trafficare con un registratore che sembra avere l'età di mio nonno.
Spegne la luce e si siede affianco a me.
<< grazie >> li dico anche per scusarmi della mia insistenza, ma lui sorride con sincerità e mi stringe a se.
 La scaletta del concerto è sempre la stessa, quindi so quali canzoni vengano dopo. Marco è sempre il solito burlone emotivo, che ride con gli occhi lucidi di gioia. Ha detto che magari saltavano qualche pezzo, ma non manda avanti il filmato. Credo che li piaccia rivedere i concerti, migliaia di persone unite dalla musica che cantano all'amore insieme.
  Lo guardo per vedere la sua espressione, ma lui guarda me nello stesso momento così li sorrido. Canticchio  ogni canzone fin quando non arriva il momento dell'essenziale e chiudo gli occhi scorrendo l'immagine di noi due prima, davanti al pianoforte e uniti da una canzone.
L'ultima cosa che mi ricordo, sono le dita di Marco che giocano con i miei capelli.
Mi sento muovere ed apro gli occhi facendo fatica a mettere a fuoco.
Marco mi tiene in braccio e quando si accorge che ho gli occhi aperti mi sorride.
<< scusa, non volevo svegliarti >> dice in un sussurro.
<< mi sono addormentata..? Scusami tu >> stringo gli occhi sentendo il sonno che mi chiama.
<< tranquilla. Ti porto nel mio letto così stai comoda ok? >> domanda, ma inizia a camminare verso la sua stanza.
<< non voglio disturbarti ancora, meglio che torno a casa >> dico cercando di scendere dalla sua presa.
<< ma non lo pensà proprio >> ribatte subito e io sorrido appoggiando la guancia sul suo petto.
<< grazie >> mormoro mentre varca la soglia della porta. Mi adagia sul letto e rimane in piedi accanto a me.
<< magari vuoi una maglietta per sta più comoda? >> mi chiede dolcemente
<< oh, si grazie >> rispondo piano guardandolo con ammirazione mentre si alza. Pensa proprio a tutto. Torna subito con una maglietta bianca in mano e me la porge. Inizio a togliere le scarpe mentre lui va verso l'altro lato del letto prendendo il cuscino.
<< che fai? >> chiedo corrugando la fronte.
<< vado a dormire anch'io. Domani ho un po' da fare >> dice normalmente e va verso la porta.
<< dove dormi? >> chiedo sentendomi in colpa per essermi addormentata qui. Per aver chiesto del concerto.
<< in soggiorno >> spiega alzando le spalle come se fosse ovvio.
<< perché? Ci entriamo entrambi qui, è il tuo letto >> dico velocemente e mi alzo per cercare di convincerlo.
<< uhm..non.. >> inizia a parlare ma lo interrompo con una mia stupida battuta.
<< prometto che non cercherò di approfittarmi di te >> metto una mano sul cuore e alzo l'altra come per fare un giuramento, ma lui ride e mi lancia il cuscino addosso.
<< tu proprio! >> esclama ancora con il sorriso sulle labbra. So che è sbagliato, in un certo senso, ma non posso far altro che fissarle e volerlo baciare.
<< vado in bagno >> dice prendendo qualcosa dall'armadio. Mi tolgo la maglia per mettermi quella che mi ha dato lui. Ha due strisce nere all'altezza del petto che mi fanno pensare al suo tatuaggio e devo assolutamente chiederli cosa significano, ma non oggi o rischio di addormentarmi mentre parla.
<< stai comoda? >> chiede Marco mentre entra.
<< così comoda che ho deciso di trasferirmi qui  >> mormoro coprendomi con il piumino. Sorrido alla sua espressione divertita e mi fermo a guardarlo. Credo abbia indossato una specie di pigiama. Ha una maglietta nera e dei pantaloni grigi che li stanno benissimo, come se lo facessero più piccolo.
Spegne la luce della stanza, ma rimane il bagliore della luna che lo fa camminare tranquillamente fino a ritrovarsi dentro il letto. Ha la testa rivolta verso di me, e anche se non posso saperlo con certezza, so che mi sta fissando. Il letto è grande, ma posso sentire il suo calore.
<< mi racconti qualcosa? >> chiedo con gli occhi socchiusi.
<< cosa vuoi sapere? >> chiede a sua volta e io non so che risponderli, anche se di domande ne ho a migliaia. Davvero una brava giornalista.
<< quello che vuoi >> mormoro mettendo le mani sotto la testa e fissandolo con devozione.
<< ok, beh..ho imparato a nuotare a otto anni, ma prima ero convinto che si mangiasse qualcosa per poter galleggiare in acqua >> dice in maniera euforica. Scoppio a ridere cercando di non offenderlo, ma lui sorride contento di avermi divertita
<< io pensavo che ci fossero dei gnomi dentro le macchinette del caffe >> ammetto facendolo ride a mia volta. Non so perché siamo finiti in questa specie di ciclo del 'io pensavo', ma la mente di Marco è piena di immaginazione fin quando mi racconta di come a otto anni voleva guidare un trattore.
<< ero convinto che bastasse guidarlo con il pensiero e girare solo il timone >> ammette ridendo di se stesso.
<< e i pulsanti e cambi a cosa servivano secondo te? >> chiedo aspettandomi una risposta da uno di cinque anni.
<< le credevo luci come nei giocattoli che avevo. Tipo navicelle di star wors >> dice pensandoci veramente.
<< ero davvero convinto. Dicevo a mio padre 'ma io c'è la faccio, lo so fare, fammi provare' >> continua cercando di imitare la voce di un bambino. Solo lui può imitare se stesso da bambino.
La mia risata si si affievolisce pian piano che lo guardo dati che ormai gli occhi si sono abituati al buio.
<< hai visto star wors? >> chiedo sorpresa di qualcosa che non sapevo.
<< certo, tu no? >> chiede forse più sorpreso di me.
<< noo..devi vederli assolutamente >> dice ridacchiando. Non pensavo fosse obbligatorio vederli, ma se li piacciono tanto da appiopparmeli anche a me, ben venga.
<< va bene >> dico con sincerità prima di sbadigliare.
<< dormiamo ok? >> mi sposta una ciocca di capelli dal viso, come nei film, ma senza un bacio finale.
<< si. Notte >> mormoro chiudendo le mani a pugno per non stringerli la sua.
<< buonanotte >> sussurra alzandomi ancora con le coperte. È così dolce, ma immagino la sua espressione domani mattina quando mi vedrà scoperta e in una posizione assurda, così mi addormento sorridendo sentendo già la sua voce che mi dice 'sei più terribile mentre dormi'.

Se sei come sei (Marco Mengoni)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora