Capitolo 5 - parte 1

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V

(parte I)

Philadelphia, 2010

Erano da poco passate le undici e trenta di giovedì 25 febbraio. Era già mattina tarda e un manto grigio soffocava ancora la città. Una fine pioggerellina, iniziata quando ancora l'alba non era spuntata, rincarava la dose di malinconia di quella giornata, rendendo ogni cosa viscida e fredda.

Per molti era una giornata come un'altra, ma per quella giovane invece, aveva una valenza speciale; e poco importava se era triste e grigia, per lei era radiosa e liberatoria come l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive, nonostante si stesse affrettando perché era terribilmente in ritardo per il suo appuntamento.

Infatti avrebbe dovuto presentarsi davanti al capo della sicurezza, Robert Thompson, alle nove e trenta del mattino – prima dell'orario di apertura del museo al pubblico – per consegnare dei documenti. Invece, era ormai quasi mezzogiorno e lei era ancora per strada. Stava correndo a perdifiato, incurante di quella fastidiosa pioggerellina che l'aveva infradiciata tutta e delle pozzanghere che le imbrattavano i jeans e le scarpe. L'ombrello era ben chiuso con il suo laccetto e stretto nella mano; le sarebbe stato altrimenti impossibile correre come un maschiaccio. L'entrata est del Museum of Art era la più vicina nel suo percorso e anche la solita che usava per quel tipo di commissioni. E come usava fare in quelle occasioni, scalava tutta d'un fiato la Rocky Steps: la scalinata resa celebre dal cinema, che attirava ogni anno centinaia di migliaia di turisti, tutti desiderosi di cimentarsi nelle medesime gesta del famoso pugile.

Con un piccolo saltello a piedi uniti, Cora si fermò pochi centimetri oltre l'ultimo gradino, quasi rischiando di perdere l'equilibrio e capitombolare all'indietro. Lasciò cadere ai suoi piedi la borsa a tracolla e si piegò in avanti, appoggiando le mani alle ginocchia per riprendere fiato. Il cuore le batteva forte nel petto, la gola le bruciava per l'aria gelida che aveva inspirato e i polmoni faticavano a riempirsi, costretti nella morsa delle costole; il fianco destro pulsava come non aveva mai fatto prima, ma lei sorrideva di soddisfazione: ancora una volta ce l'aveva fatta! Il suo viso, incorniciato da riccioli castani disordinati e inzuppati di pioggia, era diventato pallido come la neve, ma ravvivato sulle guance da chiazze di un rosso deciso che la facevano assomigliare a una Heidi troppo cresciuta.

Nonostante una vita passata a fare sport e un corpo ancora discretamente allenato, non aveva mai avuto molta resistenza per la corsa. Poteva nuotare tutto il giorno, poteva giocare interminabili partite a pallavolo o a tennis, poteva persino giocare a soccer, nel ruolo del portiere naturalmente – ed era per questo che a scuola, soprattutto l'ultimo anno, era diventata popolare e aveva vinto una borsa di studio – ma correre... no grazie!

Con il sorriso sulle labbra, ansimando e allentandosi la sciarpa che teneva al collo, Cora si volse ad ammirare il panorama che quella scalinata offriva.

«E ora, da Cerbero!»

Con le gambe che sentiva un po' tremanti dalla fatica, riprese la borsa da terra e si incamminò verso il museo, per portare a termine il proprio compito.

*****

Per più di due ore era rimasta nell'ufficio della sicurezza del museo. Quando ci si metteva, mr Thompson – irreprensibile capo della vigilanza del museo e suo personale incubo – sapeva essere pignolo come pochi altri. Aveva preteso di verificare parola per parola l'intero dossier e il rapporto della simulazione di intervento d'emergenza che lei gli aveva consegnato. L'aveva tenuta lì, sull'attenti, alzando di tanto in tanto la testa da quei fogli per scrutarla con il suo solito sguardo accigliato e severo. E Cora, durante tutto quel tempo aveva sentito lo stomaco iniziare a reclamare con ruggiti simili a quelli di un leone affamato. Del resto, aveva dovuto saltare la colazione.

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora