Capitolo 6 - parte 1

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VI

(parte I)

«Uffa! Ma perché siamo finiti qui?» chiese Alan, camminando qualche passo dietro al fratello. «Non potevamo prendere l'auto che avevamo oggi pomeriggio?» sbuffò, continuando nella sua andatura un po' ciondolante, borbottando altre lamentele che arrivavano alle orecchie del fratello come un ronzio fastidioso.

«Forse, se qualcuno di mia conoscenza non avesse tanto insistito per assistere alla mostra dedicata al cinema, perdendosi poi più e più volte in contemplazione per ogni oggetto di scena presente...» intervenne Adam, «per non parlare che sempre quella stessa persona», e alla parola "persona" diede un'inflessione particolarmente sarcastica, «si è comportato come un fanatico dodicenne, nella sezione privata dedicata a Rocky Balboa, attirando gli sguardi di tutti gli invitati su di noi, facendomi di conseguenza vergognare...» continuò con noncuranza, guardando distrattamente davanti a sé. «E, non contento, a mia insaputa ha pure licenziato il nostro autista dicendo che non serviva più la sua presenza... non ci troveremmo in questa situazione!»

«Perché devi rigirare il coltello nella piaga in questo modo?» sospirò Alan, in tono colpevole. «Non pensavo certo di attardarmi così tanto e... non immaginavo che tu alla fine avessi rifiutato l'invito a cena del direttore del museo», sbuffò di nuovo.

L'andatura del ragazzo si fece più lenta e svogliata, aumentando il divario con l'altro. «Però, perché non ne hai chiamata un'altra? Se avessi fatto il nome degli Hayes te l'avrebbero mandata in un attimo!»

«Non ce n'erano altre disponibili con autista», fu la semplice e diretta risposta del fratello maggiore. «E il nome degli Hayes, benché influente anche fuori dai confini del Massachusetts, non apre tutte le porte. Non qui almeno!» continuò, ma questa volta, con un'inclinazione di fastidio.

«E non potevamo prendere almeno un taxi, per tornare in albergo? Perché proprio la metropolitana?»

A volte, Alan sapeva essere petulante come un bambino, soprattutto quando vedeva che non gli si dava soddisfazione; ma in quell'occasione era difficile che potesse accadere e le sue parole assumevano via via l'aspetto di strazianti miagolii alle orecchie del fratello maggiore.

«Ma di che ti lamenti? Sei abituato a usare la metropolitana, no? Boston, New York o Philadelphia... che differenza vuoi che faccia?» rispose Adam, portato quasi all'esasperazione. Lui voleva solo tornarsene in albergo per farsi una doccia calda e controllare le email in santa calma, prima di coricarsi. «E poi, non eri tu che volevi fare il turista e vivere la città? Quella vera, hai detto! Quale occasione migliore di questa?»

Si girò di tre quarti e lo osservò con un mezzo sorrisino sulle labbra. Le mani ben ficcate nelle tasche del lungo cappotto scuro di cashmere; la destra impegnata a far tintinnare alcuni spiccioli.

«Non è per questo», rispose con tono sottomesso Alan, guardando il fratello dal basso in alto, tenendosi a debita distanza, procedendo lungo il passaggio sotterraneo poco illuminato della metropolitana. «È che...»

«Non mi verrai a dire che sei già stanco, vero?» inquisì allora il maggiore, sempre con tono sarcastico. «Forse, passi troppo tempo appiccicato a Steven e ti stai impigrendo», affermò con una punta di veleno nella voce.

Si girò completamente verso Alan, fermandosi e lasciandosi superare, per gustarsi appieno l'espressione offesa sul volto del più giovane. La sua attenzione però si rivolse quasi subito al distributore automatico di snack poco più avanti.

«Non è vero! Non sono pigro!» esclamò indignato Alan, raggiungendolo di corsa davanti alla macchinetta. «Ti ricordo che faccio parte a pieno titolo della squadra di atletica dell'Università! Sono in perfetta forma fisica!»

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora