Capitolo 26 - parte 2

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XXVI

(parte II)

L'aria frizzantina del mattino le pizzicava la pelle del viso, lasciandole un leggero formicolio che si insinuava, pian piano, sempre più in profondità, contribuendo a tenerla sveglia. Non che ne avesse bisogno: da quando aveva riaperto gli occhi, poco dopo la mezzanotte, ancora con un forte senso di stordimento addosso, non era più riuscita a prendere sonno.

Era scesa al piano terra quando ancora faceva buio e le stelle splendevano in cielo, aveva attraversato quella grande casa avvolta nel silenzio, con l'unica certezza che non sarebbe riuscita a sopportare di rimanere un solo istante in più in quella camera e condividere – almeno per quella notte – il letto con Steven. Non perché non lo amasse, tutt'altro, lo amava talmente tanto che soffriva troppo a stargli accanto. Prima di lasciarlo, gli aveva rivolto un ultimo sguardo: dormiva sereno in mezzo al letto, sdraiato sul fianco. Nella sua testa martellavano in continuazione le parole di Adam: "Devi dirglielo!", "Devi dirglielo!"; e i suoi occhi severi che la giudicavano colpevole.

Da dopo quel pomeriggio in ospedale, lei aveva percepito il cambiamento di Adam nei suoi confronti. Era stato graduale, ma ben visibile, nonostante lui si mostrasse distaccato come sempre. E poi c'era stato un picco improvviso quando Steven l'aveva presentata come sua moglie; e lei, emozionata e sotto esame, era riuscita lo stesso a cogliere lo sguardo d'odio di Adam che la trafiggeva come una lama.

Aveva trattenuto a stento le lacrime, appoggiandosi alla porta chiusa della camera da letto, scalza e con il pigiama e la vestaglia che le aveva dato Steven – pescandoli dall'immenso guardaroba che divideva con il gemello – mentre cercava qualcosa da farle indossare per dormire più comodamente, visto che il suo bagaglio era rimasto chissà dove e lei aveva a disposizione solo l'abito da cocktail che indossava. Glieli aveva mostrati con un sorriso dolcissimo e al tempo stesso imbarazzato, spiegandole che li aveva usati da adolescente.

Chiuse gli occhi nel ripensare a quel momento, alla serenità di Steven. Era conscia che avrebbe dovuto parlargli di quanto era successo; sarebbe stato un segreto troppo grande da portare con sé, ma non sapeva come affrontare quell'argomento, né quando. Non le sembrava giusto rattristare il suo amore con una decisione che comunque non sarebbe dipesa da lui, né da lei stessa. Ed era proprio quello ciò che più le straziava il cuore: lei non aveva potuto opporsi.

Se ne stava lì, immersa nei suoi pensieri e nel silenzio di quelle prime ore del mattino, a osservare il lieve chiarore che lentamente sorgeva all'orizzonte. L'alba era uno spettacolo che raramente si era concessa di vedere. Quel mattino del 31 maggio invece, era lì in prima fila ad attenderla, seduta un poco rannicchiata su una delle poltrone scure del salottino da giardino, sotto il portico posteriore di quella grande villa. Per qualche momento, quel meraviglioso panorama da cartolina d'altri tempi, che incantava al primo sguardo, le fece dimenticare i dispiaceri che l'avevano tenuta sveglia. Sospirò, stringendosi nella vestaglia di flanella leggera e portandosi il piede sotto al sedere, affondando sul cuscino bianco a righe larghe color sabbia della poltrona. Vi riuscì a fatica. Da diverse ore avvertiva un dolore sordo al ventre, già rigido e tirato. Non se ne stupì di quei fastidi, considerato che era passato poco più di un giorno dall'intervento, ma non aveva voglia di prendere un altro antidolorifico: ricordava com'era stato qualche anno prima, quando i dolori post operatori tormentavano le sue giornate anche dopo che fisicamente era tornato tutto a posto. E poi, rendevano la sua mente poco lucida. O quelli erano gli antibiotici? Forse tutti e due.

Gli occhi le si velarono di lacrime, sentiva le gote calde. Forse le stava tornando la febbre. Non sarebbe stato affatto strano. Se sua madre fosse stata lì con lei le avrebbe ordinato di tornare a letto e poi le avrebbe preparato una salutare tazza di latte caldo col miele: "una cura buona per tutti i mali", diceva. Ma Cora aveva sempre odiato il latte addolcito e in quel momento, sua madre non era lì con lei. Una lacrima le rigò la guancia, facendole un antipatico solletico.

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora