Capitolo 13 - parte 5

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XIII

(parte V)

Il tempo in quel negozio, fra un commento e una chiacchiera, trascorse in fretta e in modo piacevole. Quando ne uscirono, carichi di sacchetti con l'indispensabile per la bestiola, era ormai troppo tardi per proseguire con i programmi che Steven aveva stabilito. Il ragazzo fermò un taxi e raggiunsero l'appartamento di Cora. La gattina non ci aveva messo molto a iniziare a dare i primi segni di insofferenza, agitandosi e facendo sentire le unghiette aguzze sulla stoffa del cuscino del trasportino, miagolando anche a gran voce.

Non appena furono entrati, Cora la lasciò libera e lei subito zampettò rapida verso il salotto.

«Direi che si sente già a suo agio», commentò Steven, posando gli acquisti un po' sul tavolino e un po' a terra, mentre la padrona di casa si infilava in camera da letto per lasciare la sua tracolla e il cappotto.

Come un bambino davanti ai regali di Natale, il giovane si sedette sul pavimento e iniziò a tirare fuori gli acquisti dai sacchetti: le scatolette del cibo, che aveva messo l'una sull'altra a mo' di piramide, la ciotola per le crocchette e quella per l'acqua, con piccoli disegni in rilievo di tante teste di gatto stilizzate, una a fianco all'altra poco più in là; si rigirò fra le mani la paletta per la lettiera e infine, si distrasse con uno dei tanti giochini che avevano comprato. Quando alzò di nuovo lo sguardo, ridestatosi nell'intravedere un'ombra passargli avanti e indietro, notò Cora, in piedi accanto a lui, con due piatti in mano, che lo osservava sorridendo. Allora, radunò alla bell'e meglio tutte quelle cose per farle posto.

Avevano scostato il tavolino ed erano rimasti accoccolati sul pavimento, dopo aver consumato quella cena veloce, che aveva il sapore di un pic-nic da innamorati. Steven era semisdraiato e con le spalle appoggiate al divano, intento a solleticare il fianco della ragazza.

«Perché fai tutte queste cose così inaspettate e inusuali?» chiese Cora, agitando il piumino multicolore davanti al musetto della gattina.

«Perché mi sembrava una cosa carina», rispose lui; fece un respiro e sentì la schiena iniziare a dolergli un poco.

«Probabilmente le ragazze che frequenti non prenderebbero mai in considerazione un gesto come questo, a meno che il regalo in questione non sia un animale di razza purissima e con un pedigree lungo un chilometro», commentò Cora posando lo sguardo sull'oggetto del discorso che ora, stanca di giocare, si era avvicinata alle gambe di Steven, sbadigliando e stiracchiandosi, prima di arrampicarcisi sopra e acciambellarsi comoda.

«Ne avresti preferita una di razza?» chiese lui, accarezzando il morbido pelo corto della gattina che a quel tocco si era messa a fare le fusa.

«Per essere alla moda e poterla sfoggiare durante le passeggiate con improbabili cappottini fluorescenti griffati e collari tempestati di strass? O magari riempirla di fiocchetti e nastrini fino a trasformarla in un pon pon? Poverina, non le farei mai subire una tortura del genere. No, lei è bellissima così: semplice, comune e naturale.»

Cora si alzò e raccolse i piatti portandoli in cucina e lasciandoli sul piano di lavoro. Per un momento si sporse dal muretto e guardò Steven, ancora impegnato a coccolare quel batuffolo di pelo: le pareva incredibile pensare che un ricco figlio di papà, abituato al lusso e alla cucina di gran classe, potesse comportarsi in modo così normale e divertirsi con piccole cose. Forse quei due si erano sbagliati; forse era solo una coincidenza, una omonimia che aveva fatto nascere l'equivoco a suo vantaggio. Del resto, il nome Hayes era molto comune. Ma se invece fossero davvero la stessa persona?

Si appoggiò coi gomiti all'angolo del bancone da colazione, sorridendo nel vederlo così a suo agio. Quella sera si sentiva particolarmente bene nel condividerla con quel ragazzo. Era bello condividere la vita con qualcun altro.

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora