Capitolo 36 - parte 1

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XXXVI

(parte I)

«Quanto ancora dobbiamo aspettare i comodi di questo tizio che pretende di essere il figlio di Emma?» imprecò impaziente James jr, camminando avanti e indietro di fronte alla scrivania di Anne.

L'uomo alternava momenti in cui si tormentava le mani ad altri in cui si sistemava con scatti nervosi il nodo alla cravatta, senza riuscire a trovare la giusta posizione per non sentire più quel senso di strangolamento che pareva tormentarlo da quando era arrivato. Del suo famoso aplomb di politico di carriera, che sfoggiava durante le interviste e le conferenze stampa davanti ai giornalisti, quando si trattava di questioni personali non ne rimaneva traccia. A fargli eco, nella sua figura miserabile, Richard beveva un whisky dopo l'altro, sprofondato nel divano e borbottando fra sé frasi sconnesse.

Al contrario dei suoi due fratelli, la donna era imperturbabile, seduta alla sua scrivania. Davanti a sé teneva aperto il fascicolo della causa Bellamy: un contenzioso tra due cugini di primo grado che si stavano facendo la guerra per dei brevetti che erano stati valutati non meno di quindici milioni di dollari.

Leggeva e prendeva appunti. Poi, dopo aver riflettuto qualche istante, chiamò con l'interfono il suo assistente, ordinandogli di fare una ricerca su alcuni precedenti potessero avere similitudini con il suo caso.

«Ma come fai a lavorare in un momento come questo, quando potrebbe crollarci tutto addosso?» urlò James jr, sbattendo le mani sulla scrivania, senza ottenere alcun risultato. «Ci stai tenendo nascosto qualcosa?»

Anne Taylor alzò lo sguardo calmo sul fratello. «Fatti anche tu un goccio e vedi di riprendere il controllo», gli disse, tornando a dare attenzione alla causa milionaria a cui stava lavorando.

«E tu, Richard, non dici niente?» si scagliò anche sull'altro il primogenito.

Richard Taylor non aveva la presenza di spirito sufficiente per intendere l'accusa che gli era appena stata rivolta. Con la mente già annebbiata dalla mezza bottiglia che si era scolato, lo sguardo vacuo e i fantasmi del suo passato che non gli davano pace da quando la gemella gli aveva detto che uno dei due figli di Emma si era rifatto vivo. Fece un gran sospiro e trangugiò l'ennesimo whisky.

«Possibile che nessuno di voi si preoccupi delle possibili conseguenze?»

Richard tremò, ripetendo in un mormorio lamentoso le ultime parole pronunciate da JJ e lasciando cadere a terra il bicchiere; i pezzi di ghiaccio al suo interno tintinnaro e si rovesciarono sul pavimento, formando una pozza d'acqua ai suoi piedi.

Milo, che per tutto il tempo se n'era rimasto in un angolo appartato dell'ufficio a seguire quei discorsi con molta attenzione, quando cadde il bicchiere aprì un occhio. Dal suo punto di vista, benché non fossero affari suoi, le cose si stavano facendo interessanti, soprattutto l'eccessivo nervosismo di Richard Taylor per quell'incontro. Quando aveva parlato con Steven Hayes, non gli aveva dato l'impressione di essere una persona pericolosa, o che potesse nuocere a degli avvocati potenti come loro; ma chi può sapere cosa nasconde una persona e quanto può essere un'incognita qualcuno che conduce una vita tanto tranquilla?

Doveva solo attendere per vedere soddisfatta la sua curiosità. Si accese una sigaretta, prese una bella boccata e sbuffò verso l'alto una grossa nuvola grigiastra, appestando l'aria dell'ufficio.

«Quel ragazzino deve proprio stare qui?» si irritò ancora di più James jr, rivolgendosi di nuovo ad Anne. «Tu, con quella sigaretta puzzolente, esci di qui!»

Il giovane cacciatore di taglie alzò le spalle, spense la sigaretta nel portacenere e uscì. Con le mani in tasca ad afferrare il pacchetto malanato e già la voglia di accendersene un'altra, era intenzionato a dirigersi agli ascensori per raggiungere poi la zona nella quale era consentito fumare. Mentre passava davanti alla saletta d'attesa notò Caroline in compagnia di un vecchio sulla sedia a rotelle, che a quanto aveva saputo doveva essere il patriarca dei Taylor.

Sorrise.

Decise di rimandare a più tardi la sua sigaretta e la raggiunse. Le ragazze che sapevano maneggiare le armi da fuoco erano proprio il suo tipo e, da quanto aveva visto quella notte, lei sapeva farlo bene. Peccato fosse sposata a un riccone, in altre circostanze le avrebbe proposto di mettere su un'agenzia insieme.

Approfittando di un momento in cui lei era distratta a parlare con il vecchio – ma probabilmente non l'aveva visto uscire dall'ufficio – si avvicinò da dietro, quatto quatto, per prenderla di sorpresa, come se fossero vecchi amici.

Quando le fu vicino infatti, le mise le mani sulle spalle e le diede un bacio sulla guancia, senza lasciarle neanche il tempo di sussultare.

«Ciao!» la salutò poi, con un'allegria spontanea.

Lei era senza parole, frastornata, ma il sorriso amichevole del giovane la rassicurò e, superato l'imbarazzo iniziale, rispose al saluto.

Sbuffò un "mah", girando rumorosamente una pagina, finendo su un articolo che parlava di un contenzioso su un'eredità multi milionaria; e si lasciò sfuggire un commento su come i ricconi si facessero la guerra per quattro spiccioli in più. Continuò a far finta di leggere per qualche altro minuto, in silenzio, composto, ma senza mai togliere gli occhi da Caroline e da quel vecchio, che sembrava ormai così innocuo, eppure sapeva essere stato in passato un uomo duro e severo, una vera volpe, sebbene come mentore era stato molto amato e rispettato. Li vedeva scambiare qualche parola ogni tanto: lei era ancora un po' tesa e sulle sue, come se qualcosa la preoccupasse.

Sbuffò una seconda volta. La sua gamba si muoveva in preda a un tic nervoso.

«Ho bisogno di una sigaretta», borbottò. Ma se l'avesse accesa lì, qualcuno di sicuro sarebbe venuto a lamentarsi e lui questa volta avrebbe reagito male. Mise via la rivista e si rivolse alla ragazza. «Ti va di fare due passi, così ti offro un caffé e mi fumo una sigaretta.»

Caroline lo guardò per un attimo, poi abbassò gli occhi, tormentandosi le mani in grembo. Scrollò piano la testa. «Mi dispiace, devo vedere una persona.»

«Dai, staremo via solo pochi minuti», insistette il giovane, alzandosi in piedi e prendendole la mano.

La sua voce era convincente e il suo sorriso rassicurante quasi quanto quello di Steven. Lei non conosceva bene Milo; però, se ripensava a quanto aveva fatto quella notte per lei, non le sembrava una cattiva persona. Accennò ad alzarsi, ma venne trattenuta per il braccio dal professor Taylor. Allora fece un sorriso imbarazzato e rifiutò ancora l'invito.

«Prendimi dell'altra acqua», le ordinò il vecchio in tono un po' burbero, frugandosi nella tasca interna della giacca con la mano tremante e tirando fuori un flacone arancione pieno a metà di capsule bianche.

Caroline non ci pensò due volte e si alzò con prontezza; quando fu abbastanza lontana, il professore si rivolse a Milo: «Io ti ho già visto qui in giro. Fai affari con i miei figli, non è vero?» disse con un vago tono di disprezzo. «Lascia in pace quella ragazza. Li conosco i tipi come te, sembrate così innocenti, così perbene con quella faccia pulita, ma sapete portare solo guai.»

Milo rimase a bocca aperta per alcuni secondi: nessuno gli aveva mai detto che aveva la faccia pulita di uno perbene. Si lasciò sfuggire un mezzo ghigno e si rilassò sul divanetto.

«Beh, so fare bene il mio lavoro e mi pagano generosamente; ma credo che ormai non abbiano più bisogno dei miei servigi.»

«Cosa stanno macchinando questa volta?» gli chiese il vecchio. Nonostante gli oltre novant'anni di età, i suoi occhi erano vispi e la sua mente aveva sprazzi di estrema lucidità che gli permettevano di capire quanto stava succedendo.

«Segreto professionale», rispose con un sorrisetto il giovane, mettendosi in bocca l'ultima sigaretta del pacchetto.

Usò uno zippo ammaccato e graffiato, ma dopo qualche tentativo andato a vuoto si accorse con disappunto che era scarico. Bofonchiò qualcosa con evidente contrarietà e rimise via la sigaretta, mentre il professore – che a suo tempo era stato anch'egli un accanito fumatore – soghignava.

Caroline ritornò qualche secondo più tardi, porgendo il bicchierino di carta e aiutando l'uomo ad aprire il flacone delle pillole. Poi, si riaccomodò con un sospiro. Fuori era ormai buio pesto e lei non sapeva che pensare: più il tempo passava, più sentiva scemare la speranza di riuscire a incontrare il suo Steven e chiarire le cose. Se avesse perso quella occasione, quando le sarebbe ricapitato?

Con la punta delle dita si toccò sotto l'occhio destro, fermando una lacrima malandrina intrappolata tra le ciglia.

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora