Capitolo 11 - parte 1

271 14 5
                                    

XI

(parte I)

Quando Cora riaprì gli occhi, tutta indolenzita, era già notte fonda. Sentì un brivido scuoterle il corpo: indossava ancora i vestiti bagnati e i capelli erano umidi. Sulle guance avvertiva distintamente la sensazione delle lacrime che aveva versato quella sera ed erano scivolate sul cuscino. Si passò le mani sul viso: era caldo. Controvoglia scese dal letto e un cerchio alla testa la fece barcollare per qualche secondo. Poi, sopraggiunse un po' di nausea. Aveva sete e fame. Si spogliò e dal cassetto del comò prese un cambio asciutto: una vecchia maglietta con la mascotte dell'Università e dei pantaloncini arancioni. Quella sensazione di freddo che sentiva fin nelle ossa si placò un poco, ma ora aveva bisogno di una bella sciacquata per togliersi i dispiaceri che le pesavano sul cuore.

Andò in bagno e si specchiò per qualche momento: assomigliava a uno zombie. Aprì il rubinetto, ma non uscì una goccia d'acqua. Riprovò più volte, senza risultato. Solo dopo si ricordò del guasto, dell'allagamento e del disastro. Di nuovo le venne voglia di piangere, ma fece un gran respiro e strinse i denti. Prima di uscire da lì, si sciolse la coda ormai disfatta e liberò i riccioli castani sulle spalle.

Dalla finestra del salotto, con la sua luce fioca e discreta, la luna illuminava a sufficienza la stanza per permetterle di non inciampare o andare a sbattere da qualche parte. Passò accanto al bancone della colazione e, su uno degli sgabelli, vide il suo cappotto piegato con cura e la sua borsa adagiata sopra, sull'altro c'era quello di Steven e anche il suo maglione. Alzò lo sguardo sul ripiano e si stupì: disposti in ordine e ben asciutti c'erano quegli oggetti a lei cari che credeva ormai da buttare. C'era anche il sacchetto del fast food. Se n'era completamente dimenticata. Sfiorò quegli oggetti con le dita, soffermandosi sulla cornice con la foto del padre in divisa, prendendola e stringendosela al petto, mentre osservava anche il resto della stanza: la libreria era in perfetto ordine e gli scatoloni appiattiti e posti dietro il divano, occupato dal fautore di tanto lavoro.

Si avvicinò piano e lo osservò dormire, avvolto nel vecchio e infeltrito plaid di pile che si era portata da Philadelphia.

«Ma non avevi detto di avere il coprifuoco a mezzanotte?» sussurrò con un tenero sorriso sulle labbra, nel vederlo con un'espressione di beata fanciullezza sul viso.

Steven era steso un poco sul fianco con il braccio sotto il cuscino, piegato a metà; l'altro invece era appoggiato al petto, con la mano che stringeva un libro aperto. Rimase a guardarlo per alcuni minuti, era un tale incanto che provò il desiderio di sfiorarlo per accertarsi che fosse reale, ma non osò farlo, per non disturbarlo. Gli sfilò il libro dalla mano – notando che si trattava di un racconto scritto dalla madre – e si inginocchiò vicino al divano.

«Tutti che mi guardano dormire. Sono così bello?»

«Sì», confermò Cora, senza distogliere lo sguardo da lui. «Incredibilmente bello e dolce come un angelo.»

Si chinò su di lui, gli scostò i capelli dalla fronte con una carezza e gli diede un bacio leggero sulle labbra appena dischiuse.

«Mi dispiace averti trattato in modo brusco, quando eravamo fuori sulle scale. Mi sono comportata male, ma non sapevo cosa aspettarmi in quel momento.»

«Dopotutto era tuo diritto», ammise Steven con tono triste, tirandosi su e puntellandosi col gomito. «Chiunque al tuo posto avrebbe reagito nello stesso modo di fronte a uno sconosciuto che aspetta davanti alla sua porta di casa.»

Le prese la mano, abbassando lo sguardo su di essa: per lui quella era una situazione del tutto nuova. «Anch'io ho la mia parte di responsabilità. Non ho considerato come avresti potuto reagire. Sai, quando l'altro giorno ti ho sentita piangere, non sapevo come interpretare quelle lacrime, se fosse stata colpa mia...»

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora