Capitolo 1 - parte 2

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I

(parte II)

«È nato! È nato!»

Le urla giubilanti di Nanny riecheggiarono per tutta la casa, in quel momento avvolta da una strana quiete d'attesa, amplificata dalla grande nevicata che in quelle ore stava imbiancando tutta la zona del lago. Poi, arrivarono i potenti vagiti di un bimbo, sano e forte, che si fece sentire a pieni polmoni, sovrastando gli ansimi della giovane madre, che invece si sciolse in un pianto di gioia e di sollievo, per aver portato a termine il proprio compito e perché tutto era andato per il meglio.

Scapicollandosi giù per le scale, ancora euforica, la donna fece irruzione nella biblioteca, spalancando i due battenti e sostando lì, per qualche secondo, con il fiatone e il viso sconvolto dalla felicità.

«Il mio nipotino è nato! Sano, robusto e bello come il sole!» annunciò, con tutto l'orgoglio di donna, madre e ora anche nonna.

Era raggiante. Entrò e, a passo di carica, si diresse verso Sean, che in quel momento la fissava impietrito con un bicchiere di scotch in mano già vicino alla bocca. Gli prese il viso fra le mani e gli schioccò un bacio sulle labbra, lasciandolo ancora più di stucco. Poi, gli prese il bicchiere e bevve tutto d'un fiato, posandolo infine con veemenza sul piano del mobile bar, chiudendo gli occhi e barcollando un poco, aggrappandosi a lui.

La donna era mrs Angelina Foster. Al secolo Angelina Potter, prima di sposare, a ventidue anni, un cameriere suo coetaneo: Franklin Foster. Oggi, Nanny si presentava come una robusta e vigorosa signora di quarantacinque anni, forte nel corpo e nello spirito. Caratteristiche che l'avevano distinta anche in gioventù, tanto da cacciare il marito dal talamo nuziale – e da casa – dopo quattro anni di turbolenta vita coniugale fatta di tradimenti e occasioni sprecate. Ma nonostante tutto, era stata troppo buona d'animo da perdonarlo e riprenderlo ogni volta, nei successivi quattro anni, provando a recuperare il matrimonio. Da una di quelle che lei aveva definito come "scappatelle", proprio per la natura occasionale delle loro riconciliazioni, era poi arrivata Georgina, che all'inizio era sembrata il giusto collante per tenere insieme il matrimonio. Non era stato destino e lei si era ritrovata divorziata, con il giovane adolescente Sean da accudire e una figlia a carico.

A dispetto dei dispiaceri familiari che l'avevano segnata, Nanny aveva ancora un aspetto decisamente giovanile e dinamico; era discretamente attraente nonostante iniziasse a intravedersi sul suo viso qualche timido segno del duro lavoro che da quasi trent'anni svolgeva in quella casa: dapprima come semplice cameriera – appena arrivata da un paesino del sud dell'Inghilterra – passando con gli anni al ruolo di tata di Sean, e successivamente di Fernando jr. Il suo ruolo nella famiglia Hayes si era fatto poi sempre più fondamentale quando, con l'avanzare dell'età di Concita Morales, la madre di Shura, ne aveva preso il posto come governante della casa.

Sciaff!

Un improvviso ceffone si stampò con forza sulla guancia pallida del giovane padrone di casa, facendole prendere subito colore. Dopo l'euforia adrenalinica dimostrata poco prima, l'espressione della donna mutò in una più severa, da sergente di ferro.

«E questo per cosa sarebbe?» domandò un esterrefatto Sean, massaggiandosi la guancia dolorante con la mano, mentre un poco compassionevole sogghigno gli faceva eco alle sue spalle.

«Incosciente!» esclamò la donna, per tutta risposta. E il tono usato in quel momento non ammetteva repliche. Anche se un attimo prima lo aveva abbracciato e baciato, non si era certo lasciata sfuggire l'odore dell'alcool che aveva sentito venire da lui. «Bere così alla tua giovane età! Vuoi forse diventare in tutto e per tutto come tuo padre? E poi, adesso che ci sono dei bambini in casa hai delle responsabilità!» lo rimproverò aspramente.

«Ma se ho quasi trent'anni! Non sono certo un bambino e un bicchiere ogni tanto non mi farà certo diventare un ubriacone», obiettò Sean con voce contrita, continuando a massaggiarsi la guancia. Non era il tipo da farsi mettere i piedi in testa da nessuno, ma di fronte a Nanny, l'unico riferimento materno che avesse mai avuto nella sua vita, si sentiva ridimensionato e insicuro.

La donna però non stava già più ascoltando, intenta a passare ai fatti anche con il mascalzone che si nascondeva alle sue spalle.

Sciaff!

Un altro poderoso ceffone scosse l'atmosfera quasi sacrale della biblioteca e fece sparire all'istante il sorrisetto beffardo sul volto imberbe del giovane. Ma questa volta, lo schiocco risuonò addirittura più pungente del precedente.

«E questo è per te, Fernando Morales jr!» esclamò. E quando usava il suo nome completo voleva dire che era davvero arrabbiata.

«E io cosa c'entro?» domandò Shura, massaggiandosi anch'esso la guancia offesa. Era stato il suo turno di assumere un'espressione instupidita.

«Visto che quel tuo amico, responsabile della situazione su, al piano di sopra, se n'è scappato in Europa con la coda fra le gambe per evitare le conseguenze e le responsabilità, sarai tu a farne le veci!» lo apostrofò con veemenza la donna. Al solo ripensare a quel disgraziato che aveva messo incinta sua figlia ancora minorenne, le ribolliva il sangue. Se avesse potuto lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Era stato un bene per lui scappare il più lontano possibile dalle sue grinfie.

«Non è scappato in Europa. Si è arruolato nei Marines, quell'idiota», precisò Shura, lanciando mentalmente una lunga sequela di maledizioni all'indirizzo dell'ex compagno di corsi, reo di quel pasticcio e di aver scansato la punizione di Nanny.

Dopo un respiro profondo, per recuperare un po' di calma, la governante di casa Hayes si girò di nuovo verso Sean, trovandolo di nuovo con il bicchiere in mano, intento a portarselo alla bocca. Questa volta glielo tolse con un gesto più calmo, ricompensandolo con una carezza affettuosa e uno sguardo che si stava velando di lacrime.

«Mio dolcissimo tesoro», gli disse, con la voce rotta dalla commozione. Si prese ancora qualche secondo e lo abbracciò; ma lo fece con tale trasporto che si sentirono distintamente le vertebre del giovane scricchiolare. «Finalmente la casa è piena di pargoli. Quei due piccoli... sono così belli e delicati, due angioletti biondi. Ormai non ci speravo più, perché se aspettavo che tu ti decidessi a fare sul serio con almeno una di quelle donne che frequenti... ma il Signore ha esaudito le mie preghiere», terminò in un sospiro. Gli fece un'altra carezza e lo guardò con orgoglio materno.

L'espressione sul volto dei due giovani era a dir poco interdetta, soprattutto per i repentini cambi di atteggiamento della donna. Non era mai successa una cosa del genere. Entrambi si chiesero tacitamente cosa avesse fatto accettare tanto facilmente la situazione a Nanny, invece di trasformarla in una bomba pronta a esplodere. Forse era dovuta alla tensione di quella giornata, strana per tutti; forse era stata la gioia nel vedere nascere il nipotino, che le aveva aperto il cuore e fatto accettare quelle due nuove presenze in casa. E pensare che per tutti i nove mesi della gravidanza della figlia era stata un continuo borbottare su come sarebbe stato duro e impegnativo per lei, con tutto quello che aveva da fare, crescere un bambino. Perché una cosa era certa, e lo andava ripetendo ormai da settimane, intanto che il parto si avvicinava: non avrebbe lasciato quella piccola creatura innocente nelle mani di quell'irresponsabile della figlia se prima non le avesse dimostrato di essere in grado di badare a se stessa, cominciando con il prendere il diploma delle superiori e poi trovandosi un lavoro.

Ora invece... tutto sembrava cambiato. Aveva accolto con entisiasmo quella nuova vita e anzi, ne aveva accolte ben tre.

«E ora dimmi, Sean Hayes», riprese Nanny, puntando il dito accusatore contro il petto del giovane padrone di casa. «È questo il modo di trattare quei due bimbi? Come dei pacchi postali? Chi è quella madre snaturata che si disfa così delle sue creature? Forse quella Janette, che fa solo finta di essere una filantropa? Non mi è mai piaciuta... Oppure è quella Sarah, erede dei grandi magazzini Mainor? No, decisamente no! È troppo concentrata sulle sfilate di moda, le feste e a mantenere la sua "perfetta" linea scheletrica, per pensare di fare figli. Allora deve essere...»

Nel riversare quel fiume di parole, gli occhi Nanny non smisero di esprimere il suo disappunto e il suo dispiacere per quello che avevano passato quei due bimbi.

«Non è nessuna di cui tu ti debba preoccupare, Nanny. I miei figli sono solo miei», la interruppe Sean, dandole un bacio sulla guancia.

Legacy (#Wattys2017) [completo]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora