Capitolo 25: ELIZABETH

1.8K 74 2
                                    

Aprii gli occhi e fui inondata dalla luce. Solo poi mi accorsi dell'azzurro intenso che dipingeva il cielo sopra di me. Vedevo solo quello: lo sguardo si perdeva nella sua immensità. Dopo cominciai a percepire l'odore della salsedine e il rumore delle onde che si infrangevano e della risacca. Tastai il suolo su cui mi ero ritrovata distesa: era fatto di sabbia. Mi sforzai a staccare gli occhi dal cielo e a mettermi seduta. I granelli cosparsi sulla spiaggia erano bianchissimi, brillavano alla luce del sole. Anzi no. Il sole non c'era. La luce era riflessa dalla sabbia stessa che illuminava a giorno quel luogo ... magico. Sì, magico, perché sia il mare di fronte a me sia la spiaggia si estendevano fino all'orizzonte. La pace che irradiava quel posto era indescrivibile: mi sentivo leggera, libera, senza alcun pensiero al mondo. Niente era esistito prima di allora: solo pace e serenità. Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente e per un attimo credetti di poter spiccare il volo. Quando li riaprii, notai come fosse semplicemente stupendo il contrasto del bianco della sabbia col blu del mare e l'azzurro del cielo. La purezza fatta a luogo.

Poi l'armonico ritmo del mare fu disturbato da un sonoro "bip". Si ripeteva in maniera costante.

Bip ... Bip ... Bip ...

Aveva lo stesso ritmo del mio cuore

Bip ... Bip ... Bip ...

Stava rovinando tutto.

D'un tratto sentii una mano calda accarezzarmi la guancia un'altra stringere la mia. Non le vedevo, erano invisibili, ma le sentivo: percepivo la loro presenza e l'affetto del loro tocco. Forse c'erano anche prima, ma non me ne ero resa conto.

Bip ... Bip ... Bip ...

Mi guardai un po' intorno: non c'era nessuno;solo io, la sabbia e il mare, che sembrava non essere disturbato dal monotono squillo che rombava nell'aria.

Poi, la mano invisibile che teneva stretta la mia si allontanò. Persi il suo calore, la sua vicinanza ... il suo affetto.

<<No! – dissi. – Non andare!>>. Come risposta mi accarezzò di nuovo il viso, scostandomi i capelli dietro un orecchio.

Infine, fu come un lampo: capii dov'ero e cosa dovevo fare.

<<Svegliati!>> gridai a me stessa, guardando il cielo. <<Non puoi restare qui per sempre da sola! Avanti svegliati!>> continuai.

Bip ... Bip ... Bip ...

<<Va bene! Se non ti svegli tu, ti sveglierò io!>>. Lanciai uno sguardo di sfida all'azzurro sopra di me, poi mi voltai verso il mare e cominciai a correre. Mi bagnai i piedi e continuai ad avanzare, schizzando acqua ovunque. Quando il livello del mare arrivò fino alle ginocchia, mi tuffai.

Non riemersi. O meglio, riemersi, ma non in mezzo alle onde. Quando riaprii gli occhi ero in un letto d'ospedale.

Bip ... Bip ... Bip ...

Il cardiofrequenzimetro era ancora costante, il soffitto della stanza non era affatto azzurro, ma bianco. L'odore di salsedine era scomparso, sostituito da quello dei disinfettanti che caratterizzano i luoghi sanitari. Mi stavo già pentendo di essermi risvegliata, quando al posto del rumore delle onde udii la tranquilla voce di Isaac.

<<Ben risvegliata!>> disse. Ancor prima di incrociare i suoi occhi, profondi e azzurri come l'oceano, il cardiofrequenzimetro mi tradì.

Bip .. Bip .. Bip..

<<Devo andarmene?>> chiese, accorgendosi dell'accelerazione.

<<No!>> dissi con impeto.

TEEN WOLF - I'm somethingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora