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Non era certamente nei piani invitarlo a conoscere i suoi genitori, ma Andrea accettò. Poco dopo prese il mano il cellulare e compose il numero del suo amico e nel corso di una breve telefonata - durata poco meno di cinque minuti - discussero di ogni dettaglio inerente all'installazione dell'antifurto nella stanza di Monica, la quale camminava sul marciapiede di fianco a lui, cercando di carpire il senso del dialogo. "Allora ci vediamo domani alle 15.00. Mi raccomando, sii puntuale!".

"Grazie per quello che stai facendo per me." lo ringraziò Monica, svoltando l'angolo all'incrocio della strada che l'avrebbe portata a casa, dove i genitori attendevano impazientemente il misterioso ospite. 

"Non devi ringraziarmi. Per te farei questo e altro."

"Meno male che siamo riusciti a organizzarci in un orario in cui mia madre è al lavoro."

"Da un certo punto di vista", notò lui, "è un peccato che tu non voglia metterli al corrente della situazione. Ti capirebbero e ti starebbero vicino."

Monica scosse la testa. "Se le cose dovessero peggiorare verranno comunque a sapere la verità."

Poco dopo salirono gli scalini del condominio, giunsero di fronte alla porta di ingresso e di fronte a essa si fermarono. La giovane fissò il suo accompagnatore, rivolgendogli un sorriso. "Grazie per aver accettato l'invito."

"Per me è un piacere." confermò lui. "Sono felice che tu mi abbia chiesto di venire".

"Sappi che verrai sottoposto a un vero e proprio interrogatorio di stampo militare, ti tempesteranno di domande e cercheranno di scoprire ogni tuo segreto. Sei in tempo a scappare."

"Mi sono preparato psicologicamente. Non cederò alla tortura, puoi starne certa."

"Scemo!" esclamò lei, divertita. Poi aprì la porta ed entrarono nell'appartamento. "Sono arrivata!".

Sua madre si precipitò in corridoio, correndo di gran carriera dalla cucina, tenendo tra le mani il suo grembiule, sporco di sugo. "Oh, eccovi."

"Buonasera, signora." si presentò Andrea, avvicinandosi e stringendole la mano. "E' un piacere conoscerla."

"Piacere mio, Andrea. Ma dammi del tu. Dunque sei l'artefice dell'improvviso cambiamento e miglioramento di mia figlia."

"Mamma!" esclamò Monica, arrossendo.

"Sto solo facendo conversazione con il nostro ospite! Non essere scortese." disse la donna, rivolgendo lo sguardo verso la cucina. "Caro, vieni un attimo!".

Carlo, il padre di Monica, si affiancò alla moglie, anche lui reduce da una battaglia con farina e cioccolato. "Scusami se mi presento conciato in questo modo, ma eravamo intenti a preparare la cena."

"Nessun problema." affermò Andrea. "Vi ringrazio per l'invito."

"No, siamo noi che dobbiamo ringraziare te. Stai finalmente portando nostra figlia sulla buona strada.

Monica, che avrebbe voluto sprofondare, si mise una mano sul volto. Andrea le appoggiò una mano sulla schiena, per confortarla, anche se dentro di sé sghignazzava divertito.

"Tra dieci minuti si cena." annunciò Carlo. "Puoi accomodarti in sala, Andrea."

Dopo alcuni minuti tutti e quattro si sedettero attorno al tavolo della cucina, dove era stata appoggiata una teglia di lasagne, mentre nel frigorifero era stato riposto il dolce, che sarebbe stato consumato più tardi. La cena iniziò in un silenzio che per Monica era imbarazzante, anche se i suoi genitori sembravano felici, sereni. Si lanciavano sguardi e sorrisi e avrebbero voluto dire qualcosa, ma forse cercavano ancora le parole giuste. 

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