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Nel corso di quelle interminabili ore continuò a ripetersi che era impossibile; la verità non poteva essere quella. Scoiattolo Invernale si era presentato a lei sotto falsa identità, l'aveva fatta innamorare di lui, divertendosi a terrorizzarla con incursioni notturne nella sua stanza. Proprio quando credeva che la sua vita fosse giunta a una svolta, Monica giungeva a mettere in dubbio ogni cosa, come un castello di carte devastato da un soffice vento.

Cosa doveva fare?

Durante la sua riflessione il sonno le si avvicinò come un nemico silenzioso, subdolo, impadronendosi del suo corpo, delle sue palpebre, togliendole la protezione della veglia. Sognò di essere in quella stanza, di alzarsi dal letto e di prendere a frugare nei cassetti e tra essi trovò diversi pupazzi di scoiattoli, ognuno con un'espressione malefica e tenebrosa. Indietreggiò e cozzò contro qualcosa, che si rivelò Andrea, il quale brandiva in mano un coltellaccio. La guardò e mostrò un sorriso terrificante. "Ora finalmente potremo vivere la nostra vita senza più segreti."

Monica urlò senza emettere suoni e si svegliò in un bagno di sudore. Andrea era ancora di fianco a lei, che non poteva più restare in quel letto. Si alzò e uscì dalla camera, cercando di non fare rumore. Sul tavolo di soggiorno era appoggiato un computer. A quel punto le venne un'idea, qualcosa che avrebbe potuto confermare i suoi sospetti o al contrario distruggerli. E avrebbe preferito decisamente quest'ultima ipotesi. 

Lanciò un'occhiata nel piccolo corridoio al termine del quale il presunto stalker stava riposando. Si sedette attorno al tavolo e accese il P.C., girando lo schermo dalla parte opposta, in modo che la luce non giungesse nei pressi della stanza. Per qualche strano motivo, Andrea le aveva confidato la password che utilizzava per ogni sito o piattaforma al quale si fosse iscritto, per evitare di perdersi in una miriade di parole chiave differenti.

Per quale motivo ha voluto darmela? Si chiese, ma la risposta arrivò presto, nel momento in cui, una volta ottenuto l'accesso ai dati, scoprì che il profilo di Yellow Chat di Andrea era inesistente. Lui aveva asserito di averlo eliminato dal momento in cui aveva cominciato a frequentarla, ma poteva significare altro, come ad esempio il non avere nulla da nascondere. Poteva frugare quanto voleva, ma non avrebbe trovato nulla.

Controllò ogni cartella o file presente nel desktop o documenti, ma a parte modulistica lavorativa o inerente a visite mediche sportive, non trovò nulla che potesse fare credere che Andrea fosse il pericoloso Scoiattolo. Dopo circa mezz'ora di ricerche, durante le quali aveva tenuto costantemente d'occhio l'ingresso della camera da letto, rinunciò e chiuse il computer, sbuffando per la delusione.

Eppure non significa nulla, continuava a ripetersi. La polizia aveva osservato come lo stalker fosse un'abile hacker, per cui avrebbe potuto far sparire le tracce, nascondendo ogni prova in contenitori multimediali o addirittura aveva cancellato tutto, per non correre il rischio di lasciare informazioni scottanti alla portata delle forze dell'ordine. Niente, i suoi sospetti si tramutavano in certezze ogni seconda che passava.

Prese un foglio di carta e scrisse qualcosa, poi ripose il biglietto sul tavolo. Tornò in camera e, senza fare alcun frastuono, si rivestì e sistemò nella valigetta le cose che aveva portato con sé, poi camminò sulle punte fino all'uscita della stanza, dove sbatté contro l'angolo, ma il rumore non svegliò Andrea, il quale si limitò a mugolare, poi cambiò posizione e tornò a dormire.

Oltrepassò il tavolino sul quale aveva posato il biglietto in cui aveva scritto che doveva tornare a casa, inventando una scusa per niente credibile ma che sul momento le era sembrata verosimile. Poi aprì la porta, non curandosi di chiuderla a chiave, non disponendo di un mazzo di riserva. Pensò con orrore all'eventuale giorno in cui Andrea le avrebbe proposto di portare con sé una copia delle chiavi di casa. La casa del mostro, si disse.

Approfittando del fatto che i mezzi pubblici avessero ripreso funzione, schizzò alla prima fermata della metropolitana e pochi minuti dopo salì sul treno, che viaggiava in un tunnel oscuro come i suoi pensieri. La carrozza era quasi vuota, ma la sua paranoia era sopra ogni limite e la portava a chiedersi chi fossero quelle persone e per quale motivo si trovassero lì così presto e se qualcuno di loro fosse un malintenzionato.

Quando entrò in casa regnava ancora il buio, ma di lì a poco sarebbe giunta l'alba, ma non l'avrebbe vista, in quanto sgattaiolò in camera e si infilò sotto le leggere coperte, giusto in tempo per udire le voci dei suoi genitori che si erano appena alzati e che la credevano da Andrea. Se l'avessero scoperta, avrebbero tuttalpiù pensato che avessero litigato, ma in quel momento non le importava inventare giustificazioni. La disperazione assorbiva ogni altro pensiero.

Tuttavia, uscirono senza accorgersi della sua presenza e quando Monica udì il rumore della porta che si chiudeva, benedì il silenzio che iniziò a regnare e non le importava di essere sola. Chiuse gli occhi e dormì, stremata dalla nottata turbolenta, che ebbe la meglio sull'adrenalina. Quando riaprì gli occhi, si accorse che il suo telefono stava squillando forte. Allungò la mano e spiò il display. Era Andrea.

Alla domanda rispondo o non rispondo, pensò a un'altra questione. Se non gli parlo si arrabbierà e diventerà ancora più pericoloso? Fece scorrere il dito e accettò la chiamata. La voce di Andrea echeggiò decisa ma per nulla dura. "Mi hai fatto prendere un colpo! Non ti trovavo e non mi sono accorto subito del tuo bigliettino."

"Scusami, non volevo svegliarti."

"Avresti dovuto, invece. Si tratta di una questione seria. Come sta tua nonna?".

Monica scostò le coperte, pensando a quanto fosse stata stupida a inventare una scusa degna di uno scolaro delle elementari senza compiti finiti. "Sta meglio, i miei genitori sono ancora all'ospedale, mentre io sono tornata a casa. Scusami se sono andata via così, non volevo farti stare in pensiero."

"La cosa importante è che tu stia bene." la tranquillizzò Andrea. "Ora che fai?".

"Penso che proverò a dormire ancora un pochettino. La stanchezza inizia a farsi sentire."

"Posso immaginare, piccola."

Piccola. Sentire quella parola quando credeva di avere di fianco l'uomo della sua vita le provocava sensazioni indescrivibili, quasi estasianti. Ora, la facevano come sentire una preda in balia del suo cacciatore. "Tu dove sei invece?".

"A casa. Dove dovrei essere?"

"Hai ragione." si scusò Monica, alzandosi dal letto. "Domanda stupida."

Detto ciò si avvicinò alla finestra, scostò la tendina e fissò l'angolo della strada, parzialmente illuminato da un lampione che presto avrebbe lasciato spazio alla luce solare. Non c'era nessuno e anche se temeva che Andrea fosse nascosto là dietro, non doveva lasciargli intendere che aveva paura. Doveva comportarsi normalmente, fino a quando non avrebbe capito come agire. Poi, d'un tratto, i suoi occhi incrociarono qualcosa che non aveva mai notato finora, qualcosa che poteva aiutarla a capire.

"Ora scusami, ma sono davvero stanca." si congedò Monica. "Ci sentiamo appena mi sveglio."

"Va bene, buon riposo. Ci sentiamo più tardi. Ciao, amore."

"Ciao." rispose Monica, senza aggiungere aggettivi smielati. Poi spense la chiamata e tornò a fissare il lampione all'angolo dove, nel punto più in alto, era agganciato un oggetto piccolo che ora vedeva chiaramente. Una telecamera, puntata verso il suo palazzo. Poteva averla messa Andrea, ma non aveva senso, dato che avrebbe potuto installarne una in camera sua quando voleva e spiarla in modo più accurato.

Dunque, significava che qualcuno nel quartiere aveva allacciato una telecamera, che copriva la visuale dell'intera facciata del palazzo in cui viveva. A quale scopo non gli importava, ma la cosa poteva tornare a suo vantaggio. Devo scoprire chi l'ha messa lassù, si disse. In tal modo avrebbe potuto togliersi quei dubbi che non la lasciavano. 

Avrebbe scoperto finalmente la verità.


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