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Accese la torcia e illuminò la rampa di scale che scendeva nei sotterranei dell'abitazione e dopo aver compiuto il primo passò capì che doveva scendere in modo pacato e non solo per evitare di fare rumore, ma anche perché la superficie dei gradini, vecchi e smunti, era umida e c'era il rischio di scivolare. Non sapeva cosa l'aspettava laggiù, ma nella sua mente si formò una cartolina con un immagine macabra e surreale, degna della tana di un serial killer.

La scalinata sembrava infinita e quando arrivò all'agognato fondo tirò un sospiro di sollievo. Un metro più in là c'era un'altra porta. Forse non avrebbe avuto altrettanta fortuna e l'avrebbe trovata chiusa, ma forse il proprietario di quella villa non conosceva il significato della parola chiavi, per cui Monica poté schiudere l'uscio senza nessun problema.

Fece il suo ingresso in locale umido, angusto e dalle pareti rocciose. Deve essere la sua cantina. Dal soffitto pendevano dei ganci a cui erano stati appesi dei cacciatori, mentre sulle mensole erano state appoggiate delle bottiglie di vino. Niente cadaveri o pezzi di braccia, gambe o teste, come si era immaginata. Testa, come quella di... Eliminò quel pensiero dalla propria testa e proseguì oltre.

Il locale si collegava, tramite un ingresso ad arco, a un altro stanzino, molto simile a una taverna. C'era un enorme tavolo al centro, una cucina e al muro notò alcune mensole che esibivano manufatti in ceramica. Il luogo ideale per mangiare al fresco, pensò Monica. Fino a quel momento la villetta non presentava nulla di strano e ciò fece sorgere in lei il dubbio che forse si trovava nel luogo sbagliato.

Attraversò la stanza e aprì l'ennesima porta - anche se a suo parere il padrone di casa poteva fare a meno di averne - e si ritrovò in un breve e stretto corridoio, alla cui sinistra c'era una lavanderia. Di fronte a sé un'altra scalinata, che portava al piano interrato, laddove sarebbe iniziata per davvero la sua ricognizione e con essa il pericolo di essere scoperta. Da chi ancora non lo sapeva.

L'agitazione iniziò a insinuarsi nei suoi pensieri. La paura di non uscire viva da quel luogo era più forte che mai. Aveva in mano una pala, ma non sarebbe mai servita contro un serial killer che aveva ucciso 30 povere ragazze e forse qualcuna di più. E se era stata così stupida da essere caduta in una trappola, allora meritava davvero di morire, si disse. Ma non prima di aver lottato con tutte le proprie forze.

Iniziò la salita e in cima alla scalinata trovò una porta a fisarmonica, che aprì non senza un minimo di rumore. Rimase immobile qualche istante, cercando di carpire la presenza di qualcuno, ma a quanto pare chi abitava in quel luogo non aveva udito nulla. Brandì la pala con entrambe le mani, pronta a usarla ed entrò nel soggiorno, grande ma arredato in modo superficiale, con un divano, un televisore, un tavolino e qualche oggetto messo a casaccio. 

Il salotto era collegato con la cucina, molto piccola. Di fianco al piano cottura notò un contenitore di coltelli, con un'impugnatura che sembrava troppo grossa da tenere in una singola mano. Monica deglutì. Coltelli. Per tagliare la carne o per uccidere?  Non poteva essere una mossa studiata per spaventarla, ma il disordine che aveva in testa le faceva venire strane idee. Come entrare di nascosto nelle case altrui.

Si bloccò nella penombra del soggiorno, guardandosi attorno alla ricerca di indizi che potessero avvalorare la sua tesi. Nessuno sembrava essersi accorto della sua presenza, ma non si era mai troppo cauti. Su un mobiletto c'era un contenitore di gioielli, che sembravano appartenere a una donna. Forse sono delle sue vittime, anche se Scoiattolo, a differenza dei serial killer tradizionali, non era solito prendere trofei e al contrario lasciava doni macabri, come pupazzi inquietanti. Scosse la testa, infastidita con la scarsa dimestichezza nell'osservare. Niente in quel luogo lasciava intendere che fosse la casa di Scoiattolo.

Sembrava una normale abitazione, male arredata e non certo il rifugio segreto di un killer. Però c'era un particolare che le diede ancora una speranza. Poteva non significare nulla, ma il fatto che ai muri, nelle cornici o sui mobili non ci fossero foto, faceva sembrare quel luogo una casa pressoché disabitata e utilizzata solo in via temporanea, magari per stare più vicino alla propria preda.

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