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La porta dello stanzino iniziò a essere funestata da colpi possenti, che di lì a poco l'avrebbero sfondata e lui sarebbe entrato, trovando la sua preda nascosta in un angolino, incapace di reagire. Monica chiuse gli occhi, pregando come non aveva mai fatto in vita sua, sperando che quel pazzo la lasciasse in pace per sempre. Ma in cuor suo sapeva che nessuno avrebbe bloccato la sua avanzata letale. Era solo questione di secondi.

La gittata dei colpi prodotti dalla mano, dalle gambe o da qualsiasi cosa stesse utilizzando quel pazzo per ottenere l'accesso alla minuscola fortezza, era così forte da far tremare la serratura e la chiave, la quale iniziò a indietreggiare, fuggendo dalla toppa. Presto anche i chiodi che da chissà quanto tempo erano fissati nel legno iniziarono a staccarsi, fino a quando non caddero a terra producendo un tintinnio quasi impercettibile.

E lui finalmente aprì la porta.

La sagoma di colui che un tempo era conosciuto come Andrea apparve sulla soglia, illuminato dal collo in giù. Teneva la pistola in una mano e la torcia nell'altra, silenzioso e quanto mai arrabbiato, incapace per una volta di esibirsi nel suo consueto sarcasmo, quello che per mesi aveva utilizzato per distruggere la mente di Monica. Ma in quel momento non aveva alcuna intenzione di scherzare.

Si guardò attorno alla ricerca della sua preda, muovendo gli occhi lungo le pareti della piccola lavanderia. Sapeva bene che lei si trovava lì, aveva fiutato la sua paura fin dal piano superiore, come un segugio infallibile e lui non poteva essersi sbagliato. Non sbagliava mai. Ghignò, puntando la luce nell'angolino creato dalla lavatrice e il lavabo, trovando solo una striscia di umidità che partiva dal suolo per arrivare al soffitto.

Lorenzo sgranò gli occhi, non spiegandosi come fosse possibile che non si fosse nascosta là dentro. Bofonchiò e, stizzito, si voltò verso l'uscita ma prima di potersi rendere conto di ciò che era successo,venne colpito violentemente al volto da qualcosa di non molto solido, che si spezzò in due. Perse l'equilibrio e cadde all'indietro rischiando di sbattere la testa contro il lavabo, che evitò per pura fortuna.

Monica, che intelligentemente si era nascosta nell'anfratto creato all'interno del lavabo per un difetto di costruzione o forse per logorio, gettò a terra il battipanni che aveva trovato appeso al muro, ormai inutilizzabile e fece per abbandonare lo stanzino.  La toppa era rotta, quindi non avrebbe potuto rinchiuderlo là dentro, cosa che forse non sarebbe bastata per fermare la furia di Lorenzo, il quale si stava già rialzando.

Senza perdere tempo Monica saettò verso l'uscita e salì le scale in tutta fretta, passando di fianco allo stanzino in cui aveva rinchiuso Sharon, senza dire nessuna parola che avrebbe pregiudicato il suo nascondiglio. Poi entrò nella cucina, la cui porta era stata sradicata dallo stipite, con un idea precisa sul da farsi. Ma, una volta entrata nel locale, una macabra sorpresa l'attendeva. 

Vicino alla finestra sbarrata, illuminata dalla pallida luce della Luna, era stato appoggiato un piccolo albero di Natale, bardato con palline luccicanti, ghirlande e buffi omini natalizi con sorrisi che in altro momento Monica avrebbe trovato contagiosi, mentre in quel momento le ricordavano solo il ghigno feroce del suo persecutore. Nella punta dell'alberello però, al posto del puntale, era stata incastonata una testa umana e lei sapeva bene che non era fasulla.

Era la testa di Chiara.

La giovane si voltò, incapace di guardare oltre la smorfia di orrore dipinta sul volto ormai decomposto della donna, i cui occhi erano aperti e le palpebre erano state fissate alla fronte con.... non voleva saperlo. In quel momento temette che se si fosse girata avrebbe visto muoversi le labbra di Chiara, la quale avrebbe cominciato a parlare, magari accusandola di averla condannata a morte e di aver preferito Piero a lei.

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