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Come previsto, all'ingresso del capanno erano stati affissi i sigilli della Polizia, che aveva sequestrato quel luogo dal momento in cui aveva fatto il proprio ingresso e, dato che l'edificio era ancora sotto secretazione, le indagini erano ancora in corso e la scena del crimine poteva ancora rivelare importanti informazioni, anche se ciò che era accaduto là dentro non necessitava di spiegazione. 

Monica fece spallucce. Sigilli o meno, ci sarebbe entrata comunque e poco importava se qualcuno l'avesse scoperta, magari con un controllo notturno. Aveva fatto un sacco di idiozie negli ultimi mesi, andando anche contro le più elementari regole cavandosela sempre, ma non era detto che anche quella volta avrebbe avuto fortuna. Decisamente non le interessava. Passò sotto al nastro ed entrò.

Ancora non riusciva a spiegarsi perché aveva voluto recarsi proprio lì, nell'ultimo posto in cui in non avrebbe dovuto stare. Forse era solo istinto,  ma assecondare macabri ricordi era insensato. Sentiva solo che doveva andarci almeno una volta, a discapito delle spiegazioni psicologiche del caso. Prese dalla borsetta una minuscola torcia che suo padre le aveva regalato e illuminò l'interno dell'immenso fabbricato.

Iniziò la perlustrazione passeggiando sul pavimento liscio e il rumore delle suole delle scarpe echeggiò nei suoi timpani, a causa di una forte eco provocata dal deserto del fabbricato, vuoto per la maggior parte.  Solo a fianco delle mura c'erano vecchi macchinari, strani oggetti usurati e altre cianfrusaglie che sembravano essere state abbandonate o lasciate lì perché il proprietario non sapeva dove gettarle. 

Il luogo ideale per nascondersi. 

Udì un fragore provenire da sopra la sua testa. Si spaventò e guardò verso l'alto, laddove c'era una piccola sporgenza che formava un rettangolo lungo tutto l'edificio, contornato da piccole buche. Scosse la testa convincendosi che si trattasse solo di qualche ratto che tornava nella tana. Proseguì l'ispezione, fino a quando scorse qualcosa e si fermò, puntando la luce verso il suolo. Sangue. Ci siamo.

Era il punto dove tutto era accaduto. Lì di sicuro quel folle aveva posizionato la sedia pochi metri più avanti, dove terminava il capannone, aveva certamente installato la telecamera, magari su un treppiedi, per rendere maestrale il suo filmino. La Polizia aveva voluto vederlo, ma al link mandatole sulla Posta elettronica non era più collegato nessun video. Ogni traccia era stata cancellata.

Pensò ad Andrea e a quello che gli avevano fatto. Lei aveva assistito a tutta la scena -tranne la raccapricciante decapitazione - incapace di soccorrerlo - anche se non avrebbe potuto - o trovare le parole giuste per fermare quella lama. Alla fine la tortura che aveva subito non era stata così lunga e atroce come aveva temuto, ma ciò non cambiava la sostanza. Il finale era stato tragico e il mostro l'aveva fatta franca, senza lieto fine e morale aggiunta. 

Non poté fare a meno di chiedersi il perché di tanta brutalità e quali meccanismi spingessero la mente umana a compiere simili atrocità, oltre alle solite teorie sull'infanzia tormentata e connessi problemi psichici. In quel momento ricordò il profilo criminologico di Scoiattolo, creato senza sapere quasi nulla di lui. Eppure, pensò, quei due detective si erano davvero dannati l'anima per venirne a capo.

"Che diavolo ci faccio in questo posto?" si domandò ad alta voce Monica, forse per sentire ad alta voce il peso delle sue sciocchezze. Ma c'era un'altra domanda che le premeva. E se qualcuno le avesse chiesto se avrebbe messo qualcuno nelle grinfie di Scoiattolo al posto di Andrea in cambio della sua salvezza, lei avrebbe fatto lo scambio? Certo che si. Non cambio mai, sono egoista.

Aveva trovato il luogo, ma ora? Girò attorno alla chiazza di sangue che difficilmente sarebbe stata pulita e ancora trovò a chiedersi per quale motivo si trovasse lì. Forse voleva alimentare la propria sofferenza, come una masochista incallita. Ma per questo non serviva uscire dalla sua stanza, pensò, dove poteva crogiolarsi nella sua angoscia e nella disperazione senza il peso di doversi alzare dal letto.

In quel momento il frastuono prodotto dalle sirene spiegate di una o più volanti della polizia allarmò Monica, che si guardò attorno, cercando di trovare un posto dove nascondersi. Ma prima che potesse trovare un luogo sicuro, il fragore sembrò allontanarsi per poi svanire. Quella era una zona dove sparatorie e atti criminosi erano all'ordine del giorno e quella volta le forze dell'ordine avevano altro a cui pensare.

Sospirò di sollievo e girò la testa, guardando le mura scrostate, la cui sporcizia era coperta dall'oscurità. Solo alcuni buchi rettangolari che dovevano fungere da finestra - i cui vetri non erano mai stati montati - lasciavano entrare luce artificiale, ma la visibilità era quasi assente. Senza nessun altra idea sul da farsi, Monica notò un bidone dell'immondizia aperto e ci si avvicinò, incuriosita.

Illuminò l'interno del sacco nero con la luce della torcia, non trovando altro che rifiuti. Chissà da quanto tempo non la portano via. Forse quel luogo era una sorta di deposito utilizzato per grossi macchinari, ma sembrava inutilizzato da tempo. Osservò a lungo quel miscuglio di sporcizia, avanzi di alimenti,spazzatura e quant'altro. Poi, fece qualcosa che andava contro le sue idee di igiene e vi infilò la mano.

Disgustata da ciò che le sue dita stavano toccando, socchiuse gli occhi in una smorfia, immaginando che centinaia di larve o germi le stessero camminando sul dorso della mano. Tra bucce di banana, lattine, torsoli di mela e gomme masticate soffocò un conato di vomito e andò ancora più a fondo, fino a toccare il metallo del cesto. Poi, le sue mani toccarono qualcosa di solido.

Fece per portarlo in superficie ma sembrava essere incastrato tra la matassa di rifiuti. Sbuffò, lagnandosi di quanto fosse debole e promise a sé stesso che un giorno sarebbe andata in palestra per mettere su qualche muscolo. Diede qualche strattone e finalmente l'oggetto si liberò dal groviglio. Monica lo illuminò con la torcia e strinse le labbra, confusa. Era un telefono cellulare.

Come può essere?

Sicuramente la polizia aveva ispezionato quel luogo da cima a fondo, setacciando ogni buco o anfratto, raccogliendo prove in accurate bustine di plastica indossando guanti e utilizzando sofisticati metodi scientifici. Rimasugli di serie tv criminali a parte, non era possibile che avessero dimenticato un oggetto così importante. Ma poco le importava e anzi, forse era meglio così.

Provò ad accenderlo. Era un modello vecchio, ma non così tanto come le reliquie di un tempo in cui il touch screen era ancora una chimera, di quelli in cui la batteria poteva durare giorni, anche se i trattini erano solo la metà. Iniziò così a spulciare tra i messaggi, ma la casella era nuova, così come quella dei messaggi. Provò ad accendere il wifi e con sorpresa scoprì che la scheda aveva ancora credito.

Poi passò alla lista delle chiamate, dove c'erano solo pochi numeri in lista, senza nome, come testimoniava la rubrica vuota. Nessuna chiamata in arrivo, ma solo effettuate. E, tra la lista di destinatari, uno di quelli attirò la sua attenzione e non poteva essere altrimenti. Sbiancò, incapace di credere a ciò che stava vedendo. Quel numero di telefono lo conosceva bene. Era il suo.

Questo poteva significare un mucchio di cose, ma una in particolare, che poteva aiutarla a intuire chi fosse il proprietario di quel cellulare. Eppure, la spiegazione pareva inverosimile. Si era sempre mostrato furbo, incapace di fare sbagli, un passo avanti a tutto e non poteva essere stato così maldestro da lasciare un evidente indizio che nemmeno la polizia era riuscita a trovare, nonostante l'avesse sotto gli occhi.

Poi, le venne un'idea. Cercò il programma di mappe on-line, spiando la lista di viaggi impostati dal proprietario nel navigatore. L'applicazione segnalava solo una tratta, che terminava nel luogo in cui si trovava e partiva da un punto non troppo distante dal capanno. Alzò lo sguardo, che mostrava sgomento ed eccitazione. Forse era solo un vicolo cieco, ma era una speranza. 

Poteva aver trovato la casa di Scoiattolo.


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