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Cercando di non farsi prendere dal panico, Sharon cercò di ricordare quanto appreso nei corsi di Pronto Soccorso (a cui non aveva fatto riscontro alcuna pratica) per verificare le condizioni di salute di Monica, priva di sensi da diverso tempo. Le tastò il polso e il collo e appurò fosse ancora viva, ma il veleno aveva ormai intasato le sue vie respiratorie e mancava poco tempo prima di cadere nel baratro.

Si alzò, conscia di dover accelerare i tempi se voleva salvare l'amica e sé stessa da una fine ormai vicina. Poco prima, tastando la parete, aveva scovato una cavità profonda, larga abbastanza per contenere un peluche di medie dimensioni. Non aveva la certezza che si trovasse là dentro, ma era l'unica pista che possedeva. Fece un passo ma si bloccò dopo un forte colpo di tosse, poi illuminò il palmo della mano, sporco di sangue.

"Cazzo!" esclamò tra a sé e sé. Cercò di ignorare l'avvenuto, ma dopo un solo passo fu costretta a fermarsi nuovamente, colpita da una tremenda fitta al petto che le fece quasi mancare il respiro. Prese così a boccheggiare, convinta che sarebbe in tal modo potuta resistere almeno fino alla parete doveva aveva trovato l'anfratto, ma il destino la pensava diversamente e qualche istante dopo le sue gambe cedettero, facendola capitombolare.

Azzardò un tentativo opaco di rimettersi in piedi, ma sembrava che la forza di gravità fosse più acuta di quanto ricordasse e la costrinse ad appoggiare il viso al suolo, avvolta dal gas tossico che aveva invaso la quasi totalità della stanza, nascosto come un vile nemico dall'oscurità. Passarono alcuni secondi, durante i quali Sharon rimase a terra apparentemente priva di sensi, ma chi la stava osservando si stupì di vederla alzare il capo, salutando nuovamente il mondo con un agghiacciante respiro soffocato.

Incapace di tornare verticale, prese a muoversi a carponi, alternando momenti in cui i suoi gomiti, cedendo, la obbligavano a strisciare sulla superficie liscia del pavimento ad altri in cui invece si faceva largo con le ginocchia, doloranti a causa dell'attrito con il manto di cemento. Puntò la luce verso la propria destinazione, appurando non fosse così lontana. 

Posso farcela, si disse pur sapendo di avere poco tempo a disposizione. I suoi polmoni erano un serbatoio limitato e stava attingendo alle ultime linee di riserva, ma se la sarebbe fatta bastare. Si era sempre definita una persona determinata e lo aveva dimostrato in ogni momento della sua vita. Nonostante non si fosse mai trovata in una situazione così drammatica, voleva uscirne e dimostrare a sé stessa di cosa fosse capace.

A fatica giunse nel punto aleggiavano tutte le sue speranze. Era la sua ultima possibilità, non ci sarebbe stata una seconda occasione. La cavità era bassa sufficientemente per poterla esaminare senza doversi alzare, cosa che per Sharon pareva impossibile. Solo qualche minuto prima avrebbe potuto infilarvi la mano e trovare il pupazzo, ma si era fermata quando si era accorta che Monica poteva essere nei guai e quella distrazione sarebbe potuta costarle caro.

Tra la sua mano e l'anfratto mancavano non più di una manciata di centimetri, ma per Sharon pareva una distanza incolmabile. Le energie erano quasi esaurite e sentiva che tutti gli organi del suo corpo si stavano rivoltando, in un'ultima tragica battaglia per la sopravvivenza. Seguitava ad ansimare, incapace di produrre respiri regolari, ma la voglia di combattere non era ancora scomparsa. "Non morirò zitella!".

Senza nessuna certezza, allungò la mano e la infilò nella piccola cavità creata probabilmente dal pazzo che stava giocando con la sua vita. Il minuscolo tunnel sembrava troppo lungo per il suo braccio così corto, ma le sue dita toccarono qualcosa di soffice e vagamente peloso. Senza esultare prima del tempo, Sharon allungò il proprio arto più che poteva e afferrò l'oggetto, tirando fuori dal nascondiglio.

Puntò la torcia su di esso, terrorizzata dall'eventualità che potesse non trattarsi del "tesoro" che doveva cercare, ma di uno scherzo del killer che aveva in tal modo voluto depistarla. E invece, con insperata gioia, appurò si trattasse proprio di un peluche di Scoiattolo. Si voltò verso la porta, convinta che la telecamera fosse installata in quel punto e gridò con tutta la voce che le restava. "L'ho trovato! Mi hai sentito?! L'ho trovato!".

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