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E Scoiattolo fu di parola. Nel giro di un'ora le forze dell'ordine vennero a conoscenza del luogo in cui si trovava il corpo di Andrea, la terza vittima da quando quel tragico Inverno era cominciato. Il nome del giovane era già noto agli interventisti, sia per le conoscenze dirette con alcuni funzionari, sia per il coinvolgimento della fidanzata nei tragici fatti che avevano investito la sua vita da qualche tempo.

Ma le macabre sorprese non erano terminate, in quanto la salma di Andrea venne ritrovata riversa a terra e tra le mani stringeva un mazzo di fiori insanguinati e il sangue, si sarebbe scoperto, apparteneva alla vittima. Ma non fu quello a sconvolgere gli Agenti giunti sul luogo, quanto la scoperta che il pupazzo che il killer era solito appoggiare vicino ai cadaveri, questa volta era stato messo al posto della testa, staccata dal resto del corpo e sparita. Un bigliettino lasciato a terra recitava "Mi sono preso un ricordino."

Quando Monica si presentò al Comando per rispondere alle numerose domande che le avrebbero posto, nessuno all'inizio ebbe il coraggio di gettare benzina sul fuoco e raccontare del macabro spettacolo, ma alla fine dovettero gettare il sacco. Volenti o nolenti, l'avrebbe scoperto. Com'era prevedibile, la giovane perse i sensi e solo diverso tempo passato in infermeria si riebbe.

Le dissero che poteva andarsene e tornare nel momento in cui se la fosse sentita di parlare, ma Monica assicurò di stare bene e che voleva chiudere subito quell'incontro e tornare a casa. In quella mezz'ora fece uscire un fiume di parole, raccontando della video-chiamata e di come aveva visto morire sotto i proprio occhi il fidanzato, aggiungendo che tutto quello che era successo era solo colpa sua.

Vedendola in quello stato, le domandarono se le servisse un supporto psicologico, ma Monica disse che avrebbe aperto la sua mente solo quando quella brutta storia fosse finita, sempre che - parole sue - non fosse stata assassinata prima. Chiese di chiamare i suoi genitori, che accorsero subito e la portarono a casa. Quel giorno il lavoro non aveva importanza. Restarono accanto a lei per l'intera giornata, rispettando il suo silenzio e il torpore in cui era immersa.

Solo due giorni dopo dovette assistere al funerale del suo Andrea e, come aveva immaginato, nessun parente presenziò all'ultimo saluto. Che fine avessero fatto questi sarebbe rimasto un mistero, ma per fortuna nella Chiesa si presentarono numerosi amici e colleghi, che porsero le proprie condoglianze a Monica, accompagnata dai genitori e dall'amica Sharon. La salma aveva passato solo un giorno nella camera mortuaria, rimasta chiusa pero ovvie ragioni, ma lei avrebbe voluto vederlo, per l'ultima volta.

Fu suo padre, insieme ad altri tre amici di Andrea - due dei quali li conosceva - a portare la bara all'interno del Sacro edificio. Li ringraziò uno a uno per aver partecipato a un momento di dolore così intenso, vestita di disperazione e del primo abito che aveva trovato nell'armadio. Poco dopo la Chiesa si riempì, ma il fatto che il suo amato fosse benvoluto non la consolava. In modo egoistico, lo avrebbe preferito senza amici, ma vivo.

Per tutta la durata della cerimonia nemmeno udì le parole del Parroco, che sicuramente stava parlando di fratellanza, perdono e altri importanti valori che l'essere umano modello dovrebbe seguire. Lei invece se ne stava in prima fila, con lo sguardo chino e la mano stretta in quella di Sharon, con gli occhi sbarrati in un espressione fin troppo seria. Aveva pianto a  lungo quei giorni e ora di lacrime non ne aveva più.

Dopo un periodo di tempo che parve interminabile, la cerimonia funebre terminò e la bara venne depositata nell'auto di due becchini che ridevano in disparte, abituati a eventi simili. Monica sentiva che avrebbe avuto rimproverarli, ma non le importava. Con i suoi genitori seguì l'automezzo al Cimitero vicino, dove più della metà dei partecipanti alla Funzione accorse per l'estremo saluto ad Andrea.

Il Campo santo, illuminato da un sole invernale insolitamente caldo, si riempì in pochi minuti e mentre il Prete leggeva gli ultimi Salmi, Monica notò qualcosa muoversi tra i rami di un albero secolare poco distante. Era uno Scoiattolo. Sempre lì a ricordarle che la sua vita era in pericolo, in ogni momento. Non poteva certo prendersela con quella innocente creatura, in quanto la colpevole di tutto ciò era lei stessa.

Poco più in là, tra la ressa di gente accalcata per rendere omaggio ad Andrea, intravide due persone che conosceva bene. Li aveva fatti entrare in casa sua e loro le avevano raccontato una storia terribile e raccapricciante, aumentando l'angoscia e la disperazione in cui viveva. Li vide mentre la guardavano, parlottavano, ma lei li ignorò, tornando a rivolgere lo sguardo verso il Parroco, che non la smetteva di parlare.

Piero e Chiara, i due detective venuti da Roma, erano ancora nel capoluogo Milanese e a quanto pare non volevano mollare. Non sapeva se fossero lì per controllarla o solo per dare l'ultimo saluto a chi li aveva messi sotto con poche parole, salvandola da un interrogatorio dal quale non avrebbe avuto speranza da sola. Fortunatamente, poco dopo abbandonarono il cimitero, ma Monica sapeva che li avrebbe rivisti presto.

Poi arrivò il momento. La bara di legno venne lentamente calata in una fossa scura, in un breve viaggio che anche se simile a un baratro, Monica auspicava lo portasse verso l'alto. Poi si immaginò quel maniaco che le rideva dietro, che la sbeffeggiava, ma quel seppur minimo accenno di rabbia venne cacciato indietro dall'angoscia. Si sentiva vuota, senza nessun altro scopo nella vita e, cosa più grave, iniziava a capire cosa intendesse Ilaria.

Poco dopo, provò una strana sensazione. Si sentiva spiata. Si voltò e vide una sagoma fuggire da un gruppo di lapide e nascondersi dietro il muro delle urne. Scosse la testa e tornò con lo sguardo verso ciò che stava accadendo. Il corpo di Andrea aveva raggiunto la sua destinazione e finalmente poteva riposare in pace. Di lì a poco avrebbero coperto la fossa di terra e fissato la lapide.  E in tutto questo tempo Monica non versò una lacrima.

Quando tutto finì, Carlo e Derisée si avviarono verso l'uscita del cimitero, ma si accorsero che la figlia non si era mossa. "Che fai ancora lì?".

"Arrivo subito."

"Va bene." affermò Carlo. "Ti aspettiamo in macchina."

"Vai anche tu, Sharon. Ti raggiungo tra poco."

Senza obiettare, l'amica si allontanò e Monica si avviò dove aveva visto muoversi qualcuno poco prima. Era ancora lì, malamente nascosto e sapeva benissimo chi fosse. "Lo so che sei tu, Ernesto."

Ernesto, resosi conto di essere stato scoperto, si fece vedere. "Come facevi a saperlo?".

"Perché ti stavi nascondendo?".

"Ecco, non sapevo se volessi la mia presenza, ma volevo essere presente in un momento così difficile."

Monica sorrise. "Grazie per essere venuto."

"Mi dispiace." affermò lui, con il vento a scompigliargli il buffo caschetto.

"Non dovresti restare nella mia vita. Ti metteresti nei guai e lui te la farebbe pagare. Ti sarai reso conto che non scherza."

Ernesto scosse le spalle. "No, sono tranquillo. Non mi accadrà nulla."

"Con me nessuno è al sicuro."

"Ora non esagerare, dai."

Ma Monica rispose con il silenzio.

"E adesso?" domandò Ernesto. "Cosa pensi di fare."

"Non lo so." affermò Monica. "Vorrei solo sparire. Potrei crearmi una nuova identità e andarmene, ma non servirebbe a nulla. Tra uno, due o dieci anni mi troverebbe."

Ernesto fece per dire qualcosa, ma si zittì. Nulla di quello di cui poteva parlare poteva farla sentire meglio. E con un debole saluto Monica si congedò, abbandonando il Campo Santo. Abbandonando Andrea.


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