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In preda al panico e alla paranoia, si voltò più volte, convinta che l'Agente con il compito di tutelarla fosse alle sue spalle, gridando e ordinandole di fermarsi. Invece nessuno la stava inseguendo, era completamente sola. Sola in quella disperata fuga che avrebbe dovuto portarla nel luogo peggiore del mondo nella speranza di salvare la sua amica, nelle grinfie di un essere spregevole e psicopatico.

Si bloccò presso la fermata dei taxi, piegandosi per tentare di riprendere fiato dopo l'estenuante corsa. Entrò nella prima vettura libera e lanciò uno sguardo al conducente, sperando non si trattasse di uno dei due che l'hanno precedente l'avevano accompagnata nel medesimo luogo per poi avvertire la Polizia. L'avrebbe chiamata lei stessa, ma prima doveva trovare Sharon e assicurarsi che stesse bene.

L'assassino aveva parlato di un'ultima sfida, dunque tutto si sarebbe concluso quella notte, nel bene o nel male. Ovviamente, non poteva non sfiorarle la mente l'idea che esistesse un terzo complice, ma se quel folle era un uomo di parola come si definiva, allora era lui l'ultimo elemento da eliminare prima di tornare alla normalità. Avrebbe combattuto per la propria sopravvivenza, ancora una volta. 

Sto commettendo gli stessi errori, si disse Monica, mettendosi al centro della vettura per coprirsi dalla luce dei lampioni, quasi provasse vergogna. L'anno precedente difatti era caduta dritta nella trappola tesa da Luca Quaranta, che forse aveva agito di testa sua, in modo imprudente, mentre quest'altro pazzo sembrava più calcolatore, metodico. Chissà quante volte era stato lui stesso a contattarla, a minacciarla.

Prese il suo cellulare e adocchiò una foto che la ritraeva insieme alla sua amica d'infanzia, in una delle tante vacanze passate insieme e che sperava di poter replicare una volta che l'incubo fosse terminato. La mia Sharon, pensò. Non poteva permettere che le accadesse qualcosa. Insieme ai suoi genitori, era la parte più importante della sua vita e aveva il dovere di tirarla fuori da quella situazione.

Scese dal taxi e si fermò di fronte alla casa. Infatti, questa volta non aveva avuto bisogno di giungervi di soppiatto, dato che era attesa come ospite. Fissò la sagoma dell'abitazione e le parve simile a una delle magioni infestate che apparivano in programmi televisivi che aveva sempre considerato fasulli. Notò che non c'erano sigilli, dunque il passaggio era libero; d'altronde, nessuno o quasi avrebbe acquistato il teatro di una storia così macabra.

Spalancò il cancelletto dalla vernice bianca scrostata, producendo un fastidioso cigolio. Strinse i denti e avanzò nel giardino. Per terra avrebbe potuto trovare qualche attrezzo di giardinaggio, ma questa volta avrebbe fatto affidamento su un'arma più letale. Aprì la borsetta e ne tirò fuori un piccolo revolver. Era stato suo padre a fornirglielo due giorni prima e Monica non aveva voluto sapere per quali motivi tenesse un'arma. L'aveva presa senza fiatare, sapendo che sarebbe potuta tornarle utile.

"Non posso permettere che tu vada in giro rischiando che quel pazzo possa assalirti." aveva detto Carlo. "In tal modo mi sentirò più sicuro."

Impugnò l'arma e avanzò verso la porta, socchiusa a malapena. Che carino, pensò Monica. Mi ha steso un tappeto rosso. Nel momento in cui fece il primo passo all'interno dell'abitazione, venne investita da una scarica negativa di ricordi, ma doveva scacciarli per concentrarsi e capire dove quel pazzo avesse nascosto Sharon. Come ragiona un serial killer psicopatico? Si chiese. L'ha chiusa nei sotterranei, ovviamente.

Aprì la porta scorrevole alla destra dell'ingresso, ricordando per filo e per segno la mappa dell'abitazione, come se non fosse passato nemmeno un giorno da quella terribile notte. Si guardò le spalle, temendo che Scoiattolo potesse aggredirla da un momento all'altro, ma per il momento sembrava volerle lasciare campo libero. Scese le scale e ispezionò il garage, quasi completamente vuoto e le stesso trovò in lavanderia.

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