I believe in nothing
Not the day and not the dark
I believe in nothing
But the beating of our hearts
I believe in nothing
One hundred suns until we part
I believe in nothing
Not in satan, not in god
I believe in nothing
Not in peace and not in war
I believe in nothing
But the truth of who we are
- Thirty Seconds to Mars, 100 SunsMa quello è il tizio vestito da bibliotecario, il padre della bambina semi suicida e marito della donna-limone. Strabuzzo gli occhi dalla sorpresa mentre mi blocco proprio sulla porta. Tutta la classe guarda prima il bibliotecario, che oggi indossa un paio di pantaloni kaki e una camicia bianca, e poi fissa me.
«Ehm... ehi!» dico alzando la mano e stampandomi un sorriso falsissimo della serie "annuisci e sorridi che andrà tutto bene". Il bibliotecario alza un sopracciglio e mi fissa stupefatto come per dire "ma questa da dove diavolo sbuca?". Ma cos'è? Una conversazione tra muti?
Qualcuno dal fondo della classe ridacchia, ma il tizio in pantaloni kaki alza una mano di scatto zittendoli. «Cosa ci fa qui signorina?» mi ripete questa volta sorridendomi e avvicinandosi di qualche passo. Come diavolo ha detto di chiamarsi? Josh? John? Joele? Avanti Camille, concentrati.
Prego che non sia lui il mio nuovo prof di filosofia e psicologia: ho il terrore che, avendo salvato sua figlia, possa credere che io sia una qualche specie di genio quando in realtà in questa materia non sono altro che una capra.
Deglutisco e cerco di riprendere il controllo di me stessa. Perché tutta quest'ansia? Solitamente me la cavo meglio.
«Ehm, sono Camille Carter, la nuova arrivata» dico infine sputando le due ultime parole come fossero qualcosa di disgustosamente osceno. Sarà la milionesima volta che mi presento come la nuova arrivata e non ne posso più. Questa volta, succeda quel che succeda, non muoverò il culo da questo istituto fino a quando non avrò conseguito il mio benedetto diploma. Il bibliotecario, che ormai sono sicura al cento per cento essere il mio professore, alza tutt'e due le sopracciglia e mi sorride benevolo «Quindi sei tu la nuova arrivata? È un onore essere il tuo professore. Benvenuta Camille» dice battendo le mani per richiamare l'attenzione e cambiando passando al "tu". Poveraccio, il tuo onore si trasformerà in onere. Non fraintendetemi, adoro questa materia, ma ci sono alcuni filosofi che secondo me si drogavano pesantemente prima di tirar fuori alcune loro teorie. O sono io che non le capisco, o per capirle devo fumarmi la pipa della pace indiana e sappiamo tutti cosa c'è dentro.
Speriamo bene...
«Bene Camille, vuoi dirci qualcosa di te prima di andare a sederti?» mi chiede il prof non appena mi smuovo di tre passi da dov'ero rimasta impalata tutto il tempo. Mi volto verso la classe che mi sta fissando in silenzio e noto che l'unico banco libero è, ovviamente, in prima fila; vicino a una ragazza dai lineamenti asiatici.
Inspiro ed espiro rumorosamente, tanto che due ragazze in ultima fila, vestite con la stessa divisa da cheerleader, mi guardano disgustate e iniziano a parlottare tra di loro, sicuramente per criticare qualsiasi cosa su di me.
«Mmm... mi chiamo Camille Carter» ripeto, «L'abbiamo capito» urla qualcuno dal fondo della classe e gli altri ragazzi iniziano a ridere.
«Ragazzi o la smettete, o domani farò fare a tutti un test sulla lezione che abbiamo tenuto ieri sulla differenza tra anima e spirito. Allora?» li richiama il prof sbattendo un libro sulla sua scrivania e guadagnando il silenzio. Si volta nuovamente verso di me «Continua su, non ti mangiano mica» mi incita sorridendomi. Oddio.
Sembro una mongoplettica che non sa parlare. Cazzo Camille, datti una regolata. Va bene che la tua vita sociale comprende un cane e un avvocato, ma fagli vedere chi comanda.

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Hundred Kisses
ChickLitCamille Carter, adorabile diciottenne paranoica e alle prese con l'ultimo anno di liceo, si vede costretta a trasferirsi con il papà strampalato avvocato e Bronx, il fedele huskydgli dagli occhi di due colori differenti. L'arrivo della famiglia Car...