There was a day
when we were able to say just the way that we were feeling.
God I miss that feeling
All my thoughts are wasting my good years.
Drowning me in all my darkest fears
- Nick Urb, We Were AbleIl soffitto di camera mia necessita senz'alcun dubbio un qualcosa di nuovo: è troppo bianco, troppo vuoto, troppo spento. Inclino leggermente la testa di lato, ancora rigorosamente attaccata al cuscino, e provo a cambiare prospettiva per vedere se il gioco di luci e ombre, creato dai piccoli filamenti di luce che filtrano dalle imposte chiuse, può migliorarne la monotonia.
Niente, è ancora piatto e insipido, esattamente come me in questi ultimi due giorni. Allungo la mano verso il comodino e recupero il cellulare posato vicino alla piccola lampada che mi rifiuto ancora di accendere: voglio stare al buio ancora per un altro po'. Sblocco il cellulare e il solito e pigro widget dell'orologio digitale mi informa che sono le sette in punto.
Tre, due, uno... «Camille! Sve...» prorompe urlando mio padre spalancando violentemente la porta di camera mia « ...glia. Tesoro, tutto bene?» conclude assumendo un'espressione preoccupata. Mi volto verso di lui e la prima cosa che noto è che in mano ha la sua vecchia trombetta che usava allo stadio quando andava a tifare per gli Yankees durante il nostro breve periodo a New York.
Alzo lentamente lo sguardo sul suo viso e i suoi occhioni grigi mi fissano un po' sorpresi, mentre goccioline d'acqua continuano a imperlargli i capelli ancora umidi e freschi di doccia: «Mai sentita meglio» borbotto tirandomi su e sedendomi. È strano in effetti che per due giorni di fila mio padre non debba svegliarmi in maniera abbastanza rude come fa ogni giorno da ormai sei o sette anni, ma sia durante la meravigliosa nottata di mercoledì, che quella di ieri sera, non sono riuscita a chiudere occhio. Sono profondamente delusa e amareggiata dal comportamento di Evan, dalla sua reazione e da come mi ha trattata; per non parlare delle tremila battaglie interne che sto cercando di domare senza far preoccupare inutilmente l'avvocato che continua a fissarmi in maniera indecifrabile.
Dovrei dirgli di me ed Evan? Dello strano tizio di sabato? Sono pronta ad andarmene da Newport? Sposto gli occhi per qualche secondo su Bronx, ancora tranquillamente addormentato ai miei piedi e opto per un'innocente bugia: «Papà ho le mie...cose, capisci?» gli domando stizzita e scosto le trapunte delicatamente per non svegliare l'husky. Poverino, è rimasto tutta la notte al mio fianco a leccarmi dalla guancia le lacrime che sgorgavano incessanti e silenziose dai miei occhi; dovrebbero inventare delle medaglie per miglior lealtà e amicizia al mondo: lui ne vincerebbe sicuramente una, penso prima di alzarmi dal letto.
Commetto l'errore di guardare verso la mia scrivania, dove ci sono ancora le rose che Evan mi ha regalato: non sono più fresche e arzille come venerdì sera, ma una parte di me, molto debole e sciocca, si rifiuta di buttarle, quindi le ho semplicemente tolte dalla brocca in cui stavano e le ho lasciate posate sulla scrivania a essiccare.
«Hai delle occhiaie che fanno veramente paura, Mercoledì Adams ti fa un baffo» mi prende in giro mio padre usando il suo orribile senso dell'umorismo, ma decido saggiamente di ignorarlo e tiro dritta verso l'armadio: aperte le ante, una montagna di vestiti lasciati al caso mi fissa inanimata. Sbuffo irritata e apro il cassetto della biancheria, dove altri mucchi di mutandine e reggiseni sono appallottolati e stipati disordinatamente. Tiro fuori a caso un paio di mutandine bianche con delle banane disegnate sopra e un reggiseno beige che farebbe accapponare la pelle a chiunque, ma sinceramente non me ne frega un cazzo: tanto non ho più un ragazzo per il quale mettermi in ghingheri.
«Mercoledì Adams non sa cosa significhi avere un ciclo mestruale schifosamente doloroso papà» ribatto annoiata e raccattati altri indumenti a caso mi avvio fuori dalla camera, ma non appena passo accanto a mio padre, che tiene ancora in mano la sua trombetta e la fissa dispiaciuto, come se avesse sperato di usarla questa mattina, mi mette una mano sulla spalla con fare rassicurante e comprensivo: «Vuoi per caso che prima di andare a scuola, passiamo in farmacia a comprare ehm... qualcosa? Non mi piace mia figlia così: non mi diverto più la mattina» mormora annuendo e increspando la fronte in un'espressione seria. Oddio L'ho sempre detto che quest'uomo è sadico.
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Hundred Kisses
Chick-LitCamille Carter, adorabile diciottenne paranoica e alle prese con l'ultimo anno di liceo, si vede costretta a trasferirsi con il papà strampalato avvocato e Bronx, il fedele huskydgli dagli occhi di due colori differenti. L'arrivo della famiglia Car...