17 - Evan

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Most nights I pray for you to come home
Pray to the lord
Pray for my soul
Now please don't go
Most night I hardly sleep when I'm alone
- Joel Adams, Please Don't Go 
*(Dedicata alla mamma di Evan)*

Una volta rientrato in casa cerco in fretta e furia le chiavi e il giubbotto, e solo dopo aver spento la stufa, la televisione e aver recuperato quelle poche cose che mi servono, esco di casa sbattendomi la porta alle spalle. Chiudo la porta a chiave cercando di non avere l'aria di uno che ha fatto tutto di fretta, giusto per mantenere un po' integra la mia mascolinità e non sembrare una ragazzina esaltata per il suo primo appuntamento.

Sono ancora piacevolmente scosso dalla recente vicinanza di Camille e più sto con lei, più ci avviciniamo e più mi sento meglio. Non mi sarei mai aspettato venisse a chiedermi come stessi o a salutarmi; questo genere di cose le fanno solo Axel e mio zio ormai.

Ma il bacio? Vorrei sbattere la testa contro la porta di legno fino a rinvenire in me: avevo le sue fottute labbra a mezzo millimetro di distanza dalla bocca e le bacio la guancia? Evan Walker, ma quanto cazzo sei stupido?

Una volta fuori la prima cosa che vedono i miei occhi è Camille che canticchia a bassa voce e, tutta concentrata, traccia strane linee immaginarie sul vetro del finestrino del pick-up. Sorrido andando verso di lei «Andiamo?» le domando facendo ruotare le chiavi del pick-up intorno all'indice. Lei, in tutta risposta, trasalisce sorpresa e immediatamente le sue guance si colorano di un tenue rosso.

«Uh-uh» annuisce e il mio sorriso si apre ancor di più. «Aspetta» dice e si avvicina a me, ancora fermo vicino alla portiera del guidatore. Si avvicina al mio petto e, sotto al mio sguardo indagatore, inizia ad allacciarmi i bottoni del pesante cappotto di lana nero. «Ecco», aggiunge ritraendosi con un sorriso mentre io sono ancora stordito dal gesto, «Così non prendi freddo» m'informa lei affondando la testa tra le spalle... «Sei proprio strana quando fai così, ragazzina» la informo aprendo la portiera dalla parte del guidatore mentre lei fa il giro.

«Ti ho detto di smetterla di chiamarmi ragazzina» sbotta mentre si siede sul sedile accanto al mio e, una volta chiusa la portiera con più energia del necessario, si allaccia la cintura.

«Sempre acida. Hai bisogno di un altro genere di baci per addolcirti un po'?» la provoco guardandola e facendo un mezzo sorriso; in tutta risposta lei incrocia le braccia al petto, si volta facendomi il dito medio e serra la mascella, ma ha ancora le guance arrossate.

Sto combattendo contro l'istinto di mettermi a ridire, giuro.

«Non ho bisogno proprio di nulla. Sei tu che mi irriti il sistema nervoso! Non si può nemmeno essere carini con una persona, tu guarda che pervertito» borbotta solenne e a me non rimane nient'altro da fare se non ridere di gusto.

«Forza andiamo» e detto questo ingrano la prima e parto.

Una volta arrivati, parcheggio vicino al molo e mi slaccio la cintura di sicurezza, mentre quella di Camille rimane incastrata e Occhietti Grigi fa svariati tentativi per rimuoverla tra un'imprecazione e l'altra dette a bassa voce. La osservo in silenzio armeggiare sulla sicura fino a quando non si ritrae di scatto e, urlando esasperata, sbatte la testa contro lo schienale del sedile. Si volta a guardarmi tutta arrossata per l'enorme fatica con i suoi occhi velati da frustrazione e... divertimento? Sembra dire "apri questa maledetta sicura e non ridere di me, o sei un uomo morto". Un sorriso sbuca sulle mie labbra e le serro immediatamente per evitare di scoppiarle a ridere in faccia: giuro, se fosse stata un'altra sicuramente avrei perso la pazienza e l'avrei mandata a fare in culo molto, molto tempo fa; ma di lei mi piacciono anche i gesti goffi, il suo arrossire continuo... sono qualcosa di... tenero.

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