Capitolo 17

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"Porca puttana". Non mi veniva altro da pensare mentre spintonavo e davo gomitate a destra e a manca cercando di farmi largo tra la folla di tifosi. Ero riuscita a sgusciare via dalle opprimenti occhiate di Harry e Zayn e stavo disperatamente cercando di scendere i gradoni degli spalti per raggiungere il prima possibile gli spogliatoi. L'arbitro aveva appena dato il fischio di fine time-out e Sheffield aveva ormai, onestamente o no, tutte le carte in regola per stracciare Doncaster: giocatori molto più bravi a commettere falli senza essere visti dall'arbitro, un tifo da far paura e, soprattutto, un playmaker che era appena riuscito a far buttare fuori il miglior giocatore della squadra avversaria.

Non avevo ancora ben chiaro in testa su come sarei riuscita ad avvicinarmi anche minimamente allo spogliatoio della squadra, dato il sistema di sicurezza di cui il palazzetto si era dotato per l'occasione, ma mi faceva muovere il pensiero che Louis era lì, incazzato nero e solo all'interno di una stanza piena di tanti begli oggettini da poter fare a pezzi. Il che avrebbe potuto comportare una serie di eventi pochi piacevoli tra i quali pugni al muro, calci alle panche e testate agli specchi dei bagni.

Raggiunsi senza fiato l'ultimo gradone e, praticamente, ero in braccio alle transenne e agli addetti alla sicurezza. Mi rannicchiai in un angolino e presi fuori dalla tasca il mio cellulare per scrivere un veloce messaggio ad Harry e avvertirlo che non era morta. Sapevo perfettamente che mi avrebbe mangiata viva non appena fossi stata tra le sue mani, ma lui, al mio posto, avrebbe fatto la stessa identica cosa.

"Harry, non arrabbiarti, ma sto cercando di entrare negli spogliatoi per andare da Louis. Sono viva e non preoccupatevi. Ci vediamo dopo."

Schiacciai velocemente il tasto 'Invia' e riposi il cellulare nella tasca interna della giacca di jeans. Sospirai piano e mi rialzai dal mio posticino, aguzzando la vista per cercare una rapida uscita dal campo che conducesse agli ambienti interni del palazzetto. Constatai, mentre Sheffield faceva canestro, che l'unico modo era o di scavalcare le transenne e interrompere la partita per poi farmi buttare fuori, o di inventarmi qualcosa. Sicuramente, il fatto che fossi la ragazza del playmaker di Doncaster non avrebbe influito sugli ordini imposti ai responsabili della sicurezza di non far entrare nessuno, men che meno una ragazza con un fiocco blu fra i capelli.

Un ronzio all'altezza della pancia mi distrasse dal mio sopralluogo mentale dell'area circostante e afferrai ancora una volta il cellulare, sbloccando poi un nuovo messaggio di Harry.

"Io ti uccido, ragazza. Aspetta solo di vedermi a casa, poi facciamo i conti. Sempre una falla nel nostro sistema di educazione, eh?"

Sorrisi a quel messaggio, ma rilessi ancora una volta le ultime parole di Harry. Chiusi gli occhi per ricordarmi dove avessi già sentito quella frase e mi rimbombò nella testa la voce di Beetee che sussurrava a Katniss: "C'è sempre una falla nel sistema".

Mi sentivo molto un Agente 007 quando aprii gli occhi, più che decisa ad entrare in quei cazzo di spogliatoi. Una falla in quell'organizzazione super efficiente di sicurezza ci doveva pur essere. Guardai più attentamente il campo e notai che a far la guardia davanti ad una delle uscite del campo, c'era un tipo sulla quarantina dall'aspetto tutt'altro che sveglio. Sembrava l'unico in tutto il palazzetto a non avere la benché minima idea di cosa ci facesse lì, e questo faceva proprio al caso mio.

Mi venne la malsana idea di fare un falso cartellino da appendere al collo per fingermi giornalista o cos'altro e aprii lo zaino che avevo sulle spalle per cercare un pezzo di carta e una biro. Mi misi quasi a piangere di gioia quando mi accorsi del color giallo evidenziatore emanato dalla giacca catarifrangente che Harry mi aveva chiesto gentilmente di tenergli nello zaino poco prima della partita. Dio mio, quella giacca era la mia salvezza.

Your Help ║Louis Tomlinson [𝐈𝐍 𝐑𝐄𝐕𝐈𝐒𝐈𝐎𝐍𝐄]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora