Chapter 13

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Ho un mal di testa che mi sta uccidendo mentre cerco di aprire gli occhi. La luce del mattino mi acceca quando finalmente ci riesco e per un momento mi chiedo dove sia.

Non conosco questo posto eppure mi ritrovo stesa su questo grandissimo letto in questa grande camera.

Cosa ci faccio qui?

Cerco di mettermi seduta, ma quando ci riesco un grido casca dalle mie labbra, perché non avevo notato il ragazzo steso al mio fianco.

Perché?

Perché ancora?

Deve sentire il mio urlo, poiché si alza di scatto e mi guarda confuso.

Qui sono io quella ad essere confusa, di certo non lui.

"Mi spieghi perché siamo ancora nella stessa camera? Mi hai spaventata!" esclamo ad alta voce. Non so dove trovi tutta la forza per avere uno scontro del genere di prima mattina, ma questa volta non la passerà liscia.

"Perché ieri notte eri ubriaca e mi sei svenuta addosso" spiega, ma non è questo che voglio sapere.

"Non reggi molto bene l'alcol" commenta e di nuovo non è ciò che volevo sapere.

"E con tutte le stanze che ci sono in questa casa, proprio qui dovevo stare?" domando con la mia consueta irritazione, ma veramente non riesco a capirlo.

"Perché non hai idea di cosa fanno nelle camere di questa casa alle feste. La mia e quelle dei ragazzi sono le uniche chiuse a chiave" risponde. Non è una giustificazione lo stesso.

Poi perché è così calmo?

"I miei genitori mi ammezzeranno, dov'è Sam?" rifletto.

E queste sono le conseguenze di bere stupido alcol per stupide ragioni.

"Ha avvisato lei i tuoi genitori ed è nella stanza di uno dei ragazzi adesso. Ma non preoccuparti, quel qualcuno starà dormendo sicuramente sul divano" mi prende in giro. I miei occhi cadono per caso sul mio corpo, mentre scuoto la testa per la sua insulsa battuta. 

Perché indosso la sua maglia ?

"Chi mi ha spogliata?" chiedo preoccupata. Spero che ci abbia pensato Sam, o che non ricordo di averlo fatto io stessa.

"Io, ovviamente" sento il rossore salire alle mie guance e sto per bruciare, lo so. Mi dà fastidio e sono ancora più arrabbiata per questo.

"Potevi lasciarmi vestita!" esclamo disperatamente.

Ma come si è permesso?

Lo so che non l'ha fatto solo per pura gentilezza.

"No, è scomodo dormire vestiti" che stronzo!

Come se poi lui sapesse cosa è meglio o meno per me.

Non era lui quello che voleva liberarsi di me al più presto?

No, il mio subconscio ieri mi ha ricordato che principalmente ero io a volerlo.

"Ti odio!" dico prima di alzarmi per poi ritornare un'altra volta a sedermi perché la mia testa sta per scoppiare.

"Shan, ti ho solo levato una maglia" si lamenta lui. Cosa pensa di saperne lui?

"Non è solo per questo, è per tutto! Pensi che io sia stupida? Pensi che non abbia visto che ieri volevi solo fare ingelosire quella ragazza stando vicino a me?" gli domando e il suo volto cambia in un'espressione molto strana.

Comunque perché a me continua ad importare?

"Non sarai mica gelosa, Shannon?" domanda e scoppio in una risata quasi isterica.

Cosa? Io? Gelosa?

Ovvio che no, non ci sarebbe motivo motivo per esserlo.

"No! Assolutamente no. Non posso essere gelosa di una persona che non conosco" concludo.

Come fa a pensare una cosa del genere?

"E allora perché t'importa?" domanda ancora. Sembra si stia divertendo tanto a vedermi così.

"Non m'importa di te, mi importa solo di non essere usata" scatto. Quasi sembra che le mie parole lo abbiano ferito quando guarda dritto nei miei occhi azzurri.

"Perché sei qui allora?" quante domande, mi scoppia la testa...

Il cervello non dovrebbe lavorare così tanto appena sveglio.

"Tu mi hai portata qui" sottolineo. Ma è talmente ovvio che non avrei nemmeno dovuto rispondergli.

"Intendo...perché mi hai seguito all'altra tappa del concerto quando potevi dire di no" specifica. Sembra stia cercando di guardarmi dentro, ma a quale fine?

"Non potevo" rispondo.

"Sì, che potevi" insistere e io credo di conoscere la sua strategia: sta cercando di farmi cambiare idea, di rigirarmi e indebolirmi. Ma non ci riuscirà con me.

"Lo sai benissimo che non è così" questa è l'ultima cosa che dico prima di prendere tutte le mie cose e andare a cercare Sam.

Voglio andarmene.

Fortunatamente una cameriera sta spolverando un mobile nel corridoio e le chiedo tutto quello di cui ho bisogno. Voglio ottimizzare i tempi in modo da uscire da questa casa senza subire un altro lavaggio del cervello.

...

"Pronta?" chiedo a Sam che sembra un po' triste mentre attendiamo che l'autista arrivi. Ma questa cosa doveva pur avvenire un giorno e lei doveva esserne consapevole.

"Sì, aspett-" cerca di dire, ma si ferma perché dei passi attirano la sua attenzione.

"Volevate andarvene senza salutarci?" chiede Liam sorridendoci.

"Io non me ne sarei mai andata" risponde Sam salutando i tre, perché il quarto non c'è...

Dovevo immaginarlo.

Ma non m'importa, infondo è meglio così.

Alla fine saluto anche io tutti e finalmente l'auto arriva.

Con un ultimo saluto a tutti quanti e un pizzico di delusione per quel ragazzo, l'autista carica le valige nella berlina.

Non appena io entro in auto, rimango sorpresa nell'incontrare quegli occhi verdi. Gli sorrido e lui fa lo stesso.
Senza una parola mi siedo vicino a lui; Sam lo guarda un po' confusa e dopo averlo salutato si siede anche lei.

Mi sento sempre più strana ogni minuto che quest'auto si avvicina un metro di più a casa mia, fin quando non si ferma del tutto.

Il desiderio di scendere, per un motivo a me ignoto, si è spento completamente da quando Sam è stata accompagnata fuori casa sua e siamo rimasti da soli.

Sto cercando in tutti i modi di costringere le mie gambe ad uscire, ma non rispondono ai miei comandi. Non so cosa sto per fare ma non riesco a comandare il mio corpo quando mi avvicino e lo abbraccio. Lui non esita nello stringermi, segno che forse lo voleva anche lui.

"Mi mancherai" queste sono le due parole che pronuncia. Molto strane ad uscire dalla sua bocca..

"Anche se non ti sopporto, sento che mi mancherai" altre parole in grado di sgretolare tutto l'odio che ho accumulato in questi giorni. E se le sue parole sono così vere, posso fare qualcosa per lui.

Dalla mia borsa estraggo un taccuino che non uso mai e una penna. Vi scrivo il mio numero e glielo do.

"Per qualsiasi cosa, chiamami" dico e con un ultimo sguardo esco dalla macchina, ma mi blocco prima di scomparire completamente dal suo raggio visivo.

"A qualsiasi ora" specifico e me ne vado. Stavolta veramente, prendendo tutti i bagagli e allontanandomi per reprimere l'impulso di tornare da lui.

È stato così strano ciò che è successo in quell'auto pochi minuti fa.

'Mancare' era una parola che non pesavo comprendesse il suo vocabolario.

Alla fine, però, posso dire che ha reso una settimana della mia estate meno monotona di quanto sarebbe stata se non fossi andata a quello, che pur sempre, rimane uno stupido concerto.

Chissà se lo rivedrò mai.

Always made in the am - h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora