Chapter 46

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"Shan" sussurra una voce al mio orecchio, ma io la scaccio come se potessi farla smettere.

"Shan, su..." mi sollecita, ma io non ho intenzione di ascoltarla. Sto dormendo così ben-

"Shan, Harry ti sta chiamando" sussurra ancora ed è in quel momento che i miei occhi si aprono di colpo. È bastato quel nome a farmi ritornare cosciente.

"D-dove?" rispondo pigiando sul comodino e sul letto per cercare il telefono, che non trovo. Dove l'ho messo?

"Tieni" Sam mi facilita le cose. porgendomi l'oggetto che lampeggia accecandomi. Sono stranamente stupita che mi chiami perché, anche se gli avevo detto di farlo io stessa, non pensavo l'avrebbe fatto ugualmente.

"Harry" rispondo, sotto gli occhi imperterriti di Sam. Non mi va che ascolti, così, esco sul balcone, chiudendo alle mie spalle la finestra.

"Shannon" mi sembra quasi di aver sentito un accenno di sollievo nella sua voce. Anche per me lo è, ma non so cosa dire. Voglio solo sapere cosa l'ha spinto a chiamarmi, però, concretizzare questa domanda è molto difficile, per qualche strana ragione.

"Perché non mi hai detto di quella rivista?" mi domanda immediatamente. Mi ha chiamato solo per questo?

"Perché non è importante" rispondo. Per me non c'è realmente nulla di eclatante nel vedere dei ciarlatani scrivere bugie. Non m'importa.

"Ho delle conoscenze, avrei potuto farle ritirare tutte" dice.

"Ti ripeto che non m'importa. Nessuno mi ha riconosciuto" gli rassicuro. Lui sospira e vi è un momento di silenzio inaudito.

"Ehm...qualcosa non va?" finalmente mi decido a chiedere.

"No, non...cioè, sì. Va tutto bene" risponde vagamente. Non so come prendere il suo atteggiamento, è che non ho voglia di spiegarmelo. Mi basta sentire il suo respiro attraverso il telefono per conciliare tutto.

"E tu?" mi domanda dopo una lunga pausa.

"B-bene" balbetto, ma solo perché sono sorpresa che, con tutte le cose che ha da fare, abbia anche il tempo di chiamarmi.

"Vuoi che ti richiami? È tardi" mi domanda di punto in bianco.

"No, va bene così" rispondo, sedendomi a terra.

"Dove sei adesso?" gli domando. Ma suppongo che, per chiamarmi alle tre di notte, si troverà per certo nell'altro continente.

"Siamo a Manchester, la prima tappa del tour" risponde, quasi come se questo l'avesse stressato e sarà sicuramente così: io non riusciresti a reggere tutta la tensione che affronta prima di un concerto.

"Hai voglia di parlarne?" chiedo, sempre con quella certa accortezza. Con Harry non si sa mai.

"Con te, sempre" risponde, stupendomi ancora una volta.

...

Un battito di mani mi desta improvvisamente, spaventandomi.

"Sam!" esclamo infastidita, mentre siamo seduti al tavolo di un piccolo pub del campus, cenando. Stavo per perdere i sensi e cadere con la testa direttamente nel piatto che c'è davanti a me. E mi andava bene!

"Si può sapere perché è da giorni che  sei così stanca?" domanda Noah, che ormai è consono stare con noi a cena, talvolta a pranzo e quando più può. Posso affermare che sia diventato, ormai, un nostro amico.

"Parla tutte le notti con il suo caro Harry e la mattina non ce la fa nemmeno ad aprire gli occhi" risponde al mio posto Sam, con leggero disappunto nella voce. Io non posso fare a meno di darle ragione perché è proprio così che le cose vanno avanti da due settimane: c'è quella vibrazione del telefono che mi sveglia durante la notte, lo schermo luminoso che mi acceca, la sua voce che mi concilia i pensieri, i nostri discorsi lunghi almeno un'ora in cui mi racconta quante più cose possibili e divertenti che ha compiuto nelle tappe del tour quel giorno. Così, sono diventata una caffeinomane per poter seguire le lezioni e studiare di pomeriggio. Ma è in questi momenti che il mio metabolismo sembra mollare.
E, colpo di scena, mi va bene così.

"Chi è Harry?" chiede Noah, aggrottando le sopracciglia. Vedo Sam che fa per dire qualcosa ma, sentendo la situazione precipitare, decido che le spiegazioni devo essere io a darle.

"Nessuno" scatto, prima che lei possa fare un passo azzardato. So che non direbbe mai chi è veramente, ma ci tenevo a rispondere.

'Questo sarebbe il tuo modo di dare le spiegazioni? Complimenti...' interviene quell'essere inopportuno che si trova nella mia testa. Pensa di essere simpatico?

"Questa sì, che è bella" commenta Sam, ridacchiando. Qualcosa mi dice che il mio atteggiamento la infastidisce e non posso darle torto: vorrebbe colloquiare con me, ma trova solo una ragazza addormentata al posto della sua migliore amica.

Sto per replicare, quando il mio telefono incomincia a lampeggiare e capisco subito chi sia, anche senza guardare il nome.

"Scusatemi" dico, afferrando il telefono e alzandomi.

"Appunto" commenta di nuovo lei, che non penso, ma mi limito a lasciare i soldi per pagare il pasto.

"Harry" rispondo, uscendo dal locale. Sono leggermente stranita che mi chiami a quest'ora, di solito lo fa molto, molto, più tardi.

"Ti disturbo?" domanda. Adesso che controllo l'orologio, noto che è comunque mezzanotte: io e i ragazzi ci siamo trattenuti fino a tardi perché domani è sabato. Anche questo fine settimana avrò l'opportunità di tornare. E, se lo scopo dei miei genitori era quello di allontanarmi da casa, si sbagliano. Non lo faranno. Non ancora.

"No, che non mi disturbi" rispondo, guardando a destra e sinistra prima di attraversare la strada.

"Allora, quanto manca?" domando con un filo di impazienza.

"Molto poco, veramente pochissimo" risponde, capendo subito a cosa mi riferisco.

"Sei nervoso" affermo. Ci vuole poco a comprendere il suo tono di voce e, da come quest'ultima appare quasi affannata, posso immaginare che non riesca a stare fermo e continui per questo a girare vorticosamente nella suite.

"Non è vero!" scatta lui, spaventandomi per il suo improvviso cambio di volume. Forse 'nervoso' non è nemmeno la parola più corretta.

"Ovvio, che lo sei" commento, cercando di non perdere anch'io la pazienza.

"Ti ho detto di no!" sputa.

"Perché dovrei?" domanda sempre in quel tono tagliente.

"Perché sta per uscire il vostro nuovo album" rispondo retoricamente.

"Chi non sarebbe nervoso?" cerco di tranquillizzarlo, mentre apro la porta della stanza e vi entro brancolando nel buio.

"Io no!" esclama esaurito.

'Mantieni la calma' il mio subconscio interviene in tono pacato. Riuscendo in pieno nel suo intento di tranquillizzarmi.

"Ammettere di esserlo non è un segno di debolezza" dico, cercando di essere il più amichevole possibile, difronte a uno stronzo come lui.

"Cosa cambierebbe se lo ammettessi, eh?" insiste. Mio dio, non riesco più a sopportare il suo tono arrabbiato. Non fa altro che confermare quanto sia uno stronzo odioso.

'Ti ho detto di calmarti!' mi spaventa il mio ego. Perché urla? Non capisce che non fa altro che peggiorare tutto?

"Sì, cambierebbero tante cose!" rispondo irritata

"E smettila di essere così, io cerco solo di aiutarti!" alzo la voce. Lo so che non dovrei, ma non sopporto il suo atteggiamento scontroso nei miei confronti.

"Shannon" quasi impreca lui.

"No" replico io, attaccando. Non mi lascerò trattare così da lui, io non sono un oggetto da sfruttare, deturpare, quando gli servo.

È inutile dire che tenta di richiamarmi diverse volte, ma io ne sono stufa e finisco per spegnare del tutto il telefono.

Always made in the am - h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora