Capitolo 4

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[Clarke POV]

Il viaggio di ritorno in macchina è terribilmente silenzioso.

La cosa non mi dispiace neanche tanto, ho bisogno di concentrazione e soprattutto del mio sangue freddo, la mia modalità "truppe d'assalto" per intenderci... Caspita, solo a pensarci mi vengono i brividi... è veramente tantissimo tempo che non uso più questo modus. Sospiro senza dare troppo nell'occhio. L'auto si ferma. Siamo arrivati.

Lyncol si affretta ad aprirci i relativi sportelli, e, un istante dopo, siamo l'una di fronte all'altra. Lexa ha le spalle rivolte verso la macchina.

"Allora, credo che sia il caso di ringraziarti Lexa... per il caffè, per la compagnia e anche per la proposta di lavoro. Ti farò sapere al più presto, promesso...", dico tutto d'un fiato. Cerco di guardarmi attorno in allerta, ma sono distratta dalla sua voce... dalle sue labbra.

"Non devi ringraziarmi Clarke, il piacere è stato mio...".

Vedo un riflesso che quasi mi acceca, lei non fa in tempo a finire la frase che sento esplodere un colpo di fucile. La scena è tutta di una rapidità impressionante. D'istinto mi butto su Lexa e le faccio scudo col mio corpo, ma non sono abbastanza veloce e il proiettile le colpisce il braccio sinistro. La sento gemere dal dolore. Ora è sdraiata a terra, siamo al riparo, coperte dalla limousine. Controllo immediatamente la ferita e sembra pulita, il proiettile è uscito.

"Tranquilla, ci penso io. Lo so che fa male... Cerca di fare dei respiri profondi", mi strappo un pezzo di maglietta per limitare l'emorragia.

In un secondo Lyncol è al mio fianco.

"Dobbiamo portarla dentro al più presto, ha bisogno di cure. Hai visto da dove è venuto lo sparo?", gli domando cercando di capire come procedere.

"Sì, credo che sia stato un cecchino su quel palazzo di fronte...".

Cerco di controllare la posizione per accertarmi che non ci sia più pericolo.

"Non vedo nulla, forse è già scappato".

Afferro la borsa e prendo fuori la mia SIG Sauer P226... sia Lyncol che Lexa sgranano gli occhi.

"Non guardatemi come se fossi un alieno, sono un ex SEAL e non esco mai senza la mia piccola...".

"Forte la dottoressa, vero Lexa?", cerca di sdrammatizzare il ragazzo.

"Tu portala dentro, vi copro io. Quando sarete al sicuro, vi raggiungerò... cerca di tener premuto sulla ferita mi raccomando", dico spronandolo a muoversi.

Lyncol annuisce e prende Lexa in braccio.

"Ma Clarke non ti possiamo lasciare qui da sola...", mormora lei con un filo di voce.

"So cavarmela, tranquilla . Voi andate al mio 3... 1...2...3... ORA...", sparo un paio di colpi in aria.

Quando vedo che sono al riparo dentro l'atrio dell'ospedale, comincio ad indietreggiare guardandomi attorno e alla fine corro velocemente verso l'ingresso anche io.

"Cosa abbiamo?", mi chiede mia madre venendomi incontro.

"Donna, 30 anni, ferita d'arma da fuoco al braccio sinistro. Il proiettile è uscito e sembra non aver preso l'arteria. È sempre stata cosciente...", dico esponendo l'anamnesi della paziente.

"Ok, portiamola in sala visita due".

La ferita, come previsto, non è grave e in poco meno di mezz'ora io e mia madre la sistemiamo. C'è voluto qualche punto di sutura, una fasciatura stretta e un sedativo per il dolore che l'ha fatta crollare subito.

In the Arms of the EnemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora