Capitolo 27

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[Clarke POV]

Esco dalla tua camera quasi correndo come se fosse divampato un incendio improvviso ed io stessi bruciando. In realtà dentro di me il fuoco mi sta logorando. Piango disperata non riuscendo a trattenere più le lacrime. Mi rifugio in un angolo della sala d'attesa, cercando invano di calmarmi. Se tu fossi stata sveglia, probabilmente, non sarei riuscita a dirti tutta la verità e questo fa di me una codarda. Mi sento la persona più vile e meschina di questo mondo. Se avessi avuto un po' più di senno, avrei dovuto uscirne prima che le cose diventassero serie, in questo modo ti ho fatto solo soffrire e tu non lo meriti. Complimenti Clarke... mi fai letteralmente schifo! Sei diventata la persona senza morale e principi che ti piace tanto giudicare!

Mi dispiace amore mio... spero solo che, un giorno o l'altro, tu riesca a perdonarmi.

Bisognosa di un po' d'aria fresca, esco dall'ospedale.

Cammino distrattamente nel giardino esterno... provo e riprovo a non pensare a nulla, ma è pressoché impossibile.

Cerco di trovare delle valide ragioni per tutte le mie azioni, per il mio comportamento, ma ovviamente non le trovo... non cerco delle giustificazioni... cerco solo di capire perché io sia diventata una persona così abbietta, una persona che odio e non sopporto. Sì, mi odio per quello che ti ho fatto amore mio.

La vibrazione del mio telefono mi riporta alla realtà.

Guardo il display e controllo chi mi chiama.

Sorpresa, cerco di ricompormi e, finalmente, rispondo.

"Dottoressa Griffin...".

"Buongiorno dottoressa. La chiamo perché ho bisogno che lei torni a Polis... con estrema urgenza".

"È successo qualcosa?".

"Preferirei non parlarne al telefono...".

"Ok signor Woods. Il tempo di arrivare e sono lì. A fra poco".

Lo sento riagganciare... un velo di preoccupazione si palesa dentro di me.

Non volendo disturbare Lyncol, chiamo un taxi, e, dopo aver detto all'autista l'indirizzo della tenuta, sprofondo nei sedili guardando fuori dal finestrino.

La mia mente comincia a riempirsi di domande. Che cosa vorrà il signor Woods? Non mi ha mai chiamato se non quell'unica volta con Aiden... Che tipo di urgenza sarà? Che il ragazzo si sia fatto male di nuovo?

Non so perché, ma ho davvero un brutto presentimento.

Arrivata a Polis, pago il tassista ed entro nella villa.

A passi svelti mi dirigo verso l'ufficio di Titus, e, quando arrivo davanti alla porta, busso con garbo.

"Avanti!", gli sento dire.

"Signor Woods, voleva vedermi? Eccomi".

"Sì dottoressa. La prego, si accomodi", mi dice indicandomi la sedia di fronte alla sua scrivania.

Cerco di capire le sue intenzioni, ma la sua faccia è terribilmente emblematica.

"È da un po' che ci conosciamo dottoressa, e mi sono reso conto che, in tutto questo tempo, noi due non abbiamo mai parlato seriamente. Mi lasci dire che sono rimasto parecchio sorpreso dalle sue capacità, di come ha brillantemente superato le prove, soprattutto quella di lealtà.... giustiziare qualcuno richiede sangue freddo, e lei ha dimostrato di avercelo. Quindi... le faccio i miei complimenti", conclude il discorso con un sorriso beffardo sul volto.

In the Arms of the EnemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora