Capitolo 32

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[Clarke POV]

Quando entro in quella stanza, mi manca letteralmente l'aria. Rimango senza fiato quando la vedo. È bellissima. Dio quanto mi sei mancata! Nonostante provi a rimanere impassibile all'effetto che lei ha ancora su di me, ci metto un po' a reagire e la mia voce risulta quasi tremante... come a confermare tutta la paura che provo.

Il suo sguardo mi brucia addosso, è talmente intenso che faccio fatica a sostenerlo, così lo distolgo concentrandomi sul pavimento per riprendere fiato.

Sento la sua voce darmi il benvenuto e d'istinto torno a guardarla scontrando quel verde che tanto mi è mancato. Respiro... una, due, tre volte. E poi parto in quarta. Comincio a spiegare in cosa consiste la sorveglianza dell'FBI. Cerco di essere la più professionale possibile, e di dire tutto d'un fiato per paura che una delle due possa interrompermi, mettendomi così in difficoltà. Riesco nel mio intento. Sembra che sia stata abbastanza esaustiva, perché non mi fanno domande.

Continuo a sentire il tuo sguardo su di me. E, malgrado mi sia mancato tantissimo l'essere guardata così, ora mi mette a disagio e allora cerco una via di fuga.

"Vedo che è tutto chiaro... ottimo! Allora mi vado a mettere in postazione... se avete bisogno, sono qui fuori!", esclamo riprendendomi dallo scossone emotivo di pochi istanti fa.

"Grazie Clarke", mi dice Lexa seguita a ruota da Anya.

La sua voce mi provoca dei brividi lungo la schiena e, prima che possa fare o dire qualcosa di cui, sono sicura, mi sarei pentita, annuisco con la testa ed esco dalla stanza.

Una volta fuori respiro l'aria a pieni polmoni, e comincio a controllare il perimetro. Cerco di sgombrare la mente concentrandomi sul mio lavoro. Essendo immensa la tenuta, ci metto un po' a finire il mio giro. Apparentemente è tutto in ordine. Così mi infilo in macchina e aspetto. Controllo ogni minimo movimento con occhio vigile. E, di tanto in tanto, bevo un po' di caffè dal termos che mi sono opportunamente preparata.

Per una che vorrebbe evitare di pensare, fare un appostamento non è proprio il massimo... hai molto tempo libero e spesso la mente prende il sopravvento.

E così mi ritrovo a pensare ai momenti che abbiamo vissuto insieme, proprio in questa tenuta... quando mi hai fatto da cicerone e hai cominciato a farmi vedere chi veramente fosse Lexa Woods... quando mi hai raccontato di tua madre nel giardino delle rose... la prima volta che ti ho aperto il mio cuore... la prima volta che abbiamo fatto l'amore... quando sono scappata perché non volevo innamorarmi di te, ma ormai era già troppo tardi... quando dopo esserti completamente esposta a me mi hai detto per la prima volta di amarmi... Una lacrima scende solitaria sul mio viso, e subito la spazzo via con il dorso della mano. Non è il momento di piangere, devo rimanere concentrata... ne vale della vita di Lexa.

Passano un paio d'ore. Faccio l'ennesimo giro per controllare il perimetro e, per mia somma gioia, è tutto tranquillo. Non faccio in tempo a tornare in macchina che sento un rumore. Mi volto e vedo il cancello della tenuta aprirsi. Ma che cavolo?! Non mi avevano detto che qualcuno sarebbe uscito alle tre di notte...

Vedo uscire Lexa, che, da sola e a piedi, viene nella mia direzione. Sgrano gli occhi. Ma che cavolo sta facendo?

Le corro incontro parandomi subito davanti a lei.

"Mi spieghi che diavolo stai facendo qui fuori? Forse ti è sfuggito il fatto che Yamamoto vuole attentare alla tua vita? È pericoloso venire qui allo scoperto e per giunta tutta sola!", l'aggredisco letteralmente. La paura di poterla perdere per sempre prende il sopravvento.

La sua espressione colpevole mi fa tenerezza.

"Clarke... hai ragione... ma ho bisogno di parlarti", il suo è poco più che un sussurro.

In the Arms of the EnemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora