Capitolo 22

1.8K 114 11
                                    

[Clarke POV]

In questi pochi mesi gli eventi si sono evoluti talmente in fretta che nessuno di noi se ne è reso conto. Così ora mi trovo davanti a questo tizio, Atom, che, ironia della sorte, è sospettato di aver fornito informazioni del clan all'FBI, impugnando la pistola di Raven con mille pensieri in testa.

Lo sento chiedere pietà più e più volte, ma non mi interessano le sue ragioni. L'unica cosa di cui sono convinta in questo momento è che non è così innocente come vuole farmi credere.

"NO... Ti prego non sparare! Io non ho detto niente, non ho idea di come i federali lo siano venuti a sapere...", sento l'uomo implorare.

"Non mi interessano le tue scuse, ormai è troppo tardi!", replico con voce fredda e distante. Pochi secondi dopo premo il grilletto e sento lo sparo esercitare la pressione sulla mia mano. Sento il tonfo sordo del corpo dell'uomo cadere a terra.

L'istante dopo Anya e Lyncol sono al mio fianco.

Il ragazzo controlla i segni vitali e conferma la morte.

Anya mi guarda e sul suo viso posso vedere comprensione.

All'improvviso sentiamo delle sirene della polizia. Octavia e Wells stanno facendo la loro parte... il piano sta funzionando.

Velocemente ripuliamo eventuali tracce lasciate e ci dileguiamo nella notte lasciando il finto cadavere lì, a terra.

Nel viaggio di ritorno continuo a pensare a quello che sono stata costretta a fare.

Grazie alla soffiata della fonte anonima di Raven, non ho dovuto veramente uccidere quell'uomo.. ma... se non ci avesse avvisato? Cosa sarebbe successo? Mi sarei macchiata per sempre di un omicidio e poi... come avrei potuto convivere con quel peso sulla coscienza? Chiunque sia questa persona, le sarò per sempre grata.

Devo indagare di più su questa fonte. Le sue intenzioni sono evidenti, vuole smantellare l'organizzazione dall'interno... ma perché? E visto che io voglio fare la stessa cosa, alleando le nostre forze, potremmo aiutarci a vicenda.

"Tutto bene Clarke? I tuoi pensieri fanno rumore", mi chiede Anya rompendo il silenzio.

"Stavo solo pensando alle conseguenze del mio gesto... Anya, ho già ucciso altre volte, ma mai a sangue freddo... credo che questa cosa mi segnerà per il resto della mia vita... Credo che Lexa volesse risparmiarmi tutta questa sofferenza...", replico cercando di spiegare le mie sensazioni come se avessi ammazzato veramente quell'uomo.

"Credimi, so perfettamente come ti senti. Ci sono passata anche io... ma la mia situazione era leggermente diversa...", sospira distogliendo lo sguardo.

Che cosa vuoi dirmi Anya?

"Come sei riuscita a voltare pagina? A convivere con questo peso?", la incalzo incuriosita.

"All'inizio è stata dura, avevo perso tutto quello che era importante... la vita mi aveva fatto cadere ed io non riuscivo più a rialzarmi, ma poi, un giorno, ho trovato lo stimolo giusto. Clarke per ognuno è diverso... io non sono un buon modello da seguire... troverai il modo di lasciarti tutto questo alle spalle. Di questo ne sono convinta", afferma, persa a guardare fuori dal finestrino.

La guardo e l'unica cosa che vedo è una profonda sofferenza.

Come Lexa, questa vita deve aver segnato molto anche lei.

"Anya... sei libera di non rispondermi, so che è personale... ma quale è stato il tuo stimolo?".

La macchina si ferma, siamo già arrivati alla villa.

In the Arms of the EnemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora