"È questione di sguardi"
Una volta avevo letto questa frase, be' in quel momento mi sembrava l'unica frase che potesse descriverlo. Tuttavia, ero sempre stata del parere che gli sguardi fossero frasi, che gli sguardi avessero un linguaggio proprio, unico, raro, un linguaggio che non si poteva studiare, tantomeno trovare nei libri. A volte non era neanche comprensibile, proprio come il linguaggio del cuore, dell'anima e della mente. A volte era... personale. Gli sguardi erano silenziosi e proprio il silenzio li rendeva perfetti. Ovviamente tra gli sguardi di una donna e di un uomo non c'erano paragoni. L'uomo riusciva a fare capire il proprio stato d'animo attraverso gli occhi, ma la donna riusciva a camuffare la tristezza con la rabbia, non era sincera era vero, ma come avevano cercato di uccidere lei con i fatti, lei li uccideva attraverso gli sguardi.
Gli sguardi erano intensi.
C'era un silenzio abbastanza imbarazzante, la zia ci fece accomodare in assoluto silenzio, nel salotto. Pensavo che la casa avesse uno stile rustico, ma sbagliavo. Era tutto elegante e soft. Il salotto era grande, un caminetto acceso rendeva l'aria più calda e dava alla casa, insieme alle decorazioni che la ornavano, l'aria natalizia. Un albero bianco, alto, grande, luminoso e abbastanza sfarzoso riempiva un angolo della salone, accanto al camino, di fronte un divano Bordeaux di pelle. Accanto ad esso, c'erano altre due poltroncine del medesimo colore da entrambi i lati. Le pareti erano bianche e il pavimento era un parquet, oltre il camino, in cui sopra c'erano tre calze, l'albero e i divani c'era anche una televisione davanti essi e altri mobili che fungevano o per riempire i spazi vuoti o semplicemente per ogni evenienza. Il silenzio, lo amavo, ma quella volta! Quella volta mi dava sui nervi. Mia zia ci fece segno di sederci. I miei si accomodarono in imbarazzo, io scossi la testa in segno di disapprovazione.«Avete presente i cimiteri? Luoghi silenziosi che mettono i brividi? Lì c'è più rumore di qui». pensai ad alta voce, mi ignorarono. Mio padre si schiarì la voce guardando mia zia.
«Katherine». Iniziò ma si fermò, portandosi due dita sopra le labbra e le strusciò in forma circolare. Scoppiai a ridere, ma ridere fino a sedermi sul pavimento, non riuscivo neanche a camminare. Le lacrime sgorgavano dei miei occhi. Non reggevo questo silenzio imbarazzanti perché li trovavo divertenti. Mi chiedevo se bastasse solo un nome o una persona per mettere in imbarazzo qualcuno. Mi dispiaceva per mia zia, mi aveva appena visto e aveva già conosciuto la mia risata, simile a quella di capra, sempre se le capre ridevano.
Continuai a ridere per altri secondi, sentivo lo sguardo scioccato di tutti quanti su di me ma non potevo farci niente, fino a quando un'altra risata si unii a me, era nuova, non l'avevo mai sentita. Mi bastò fare due più due per capire che si trattava di zia Katherine. Poco dopo si unì la risata di Brandon, seguita da quella di Aaron. O ridevano perché ero seduta a terra o per la mia risata.
«Basta ora, stiamo affrontando un argomento importante». Sbottò mio padre, alzandosi e lanciandomi sguardi assassini. Mi asciugai gli occhi, odiavo il suo tono severo.
«Se quello che stavi facendo tu lo definisci: affrontare i problemi. Be' allora devo chiarirti un po' le idee». dissi alzandomi, mi ricomposi.
«Oh Josh non cambi proprio mai, eh?». Mia zia si asciugò le lacrime, si alzò e si avvicinò a me.
«Katherine sono venuto a parlarti, mia figlia non capisce quando arriva il momento di fare silenzio, ti chiedo scusa da parte sua, ma ora dobbiamo seriamente parlare». spiegò mio padre alzandosi. Mia zia era accanto a me, fui sorpresa quando mi cinse le spalle con il suo braccio.
« Perché dovresti chiedere scusa per mia nipote? Tra tutti gli sbagli che avete commesso te e i tuoi genitori, vai a chiedere scusa per qualcosa che non mi ha dato minimante fastidio?». Chiese, poi si girò verso di me. «È sempre stato così autoritario, pure con voi è così?». Sussurrò facendomi ridere lievemente, mi sentivo leggermente in soggezione.
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Come una tempesta
Romance«Più le persone sembrano capirmi, più trovano informazioni per ferirmi». Questa era la verità che tormentava Charlotte ogni volta che era sola, ogni volta che i suoi demoni la torturavano, quando annegava nei sensi di colpa, ogni volta che crollav...