Capitolo 20: The Life is like a train

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Alla fine, il riposo era durato davvero poco. Eravamo arrivati alle undici in Virginia Beach e già alle sei del pomeriggio erano risaliti in macchina, Colton era molto pensieroso e irrequieto: ogni scusa era buona per controllare lo schermo del cellulare, come se stesse aspettando un messaggio importante. Tuttavia aveva declinato qualsiasi mia domanda riguardo il suo stato d'animo, così avevo deciso di prendere un libro che, fortunatamente, avevo prelevato dal borsone prima di partire e con il sottofondo della musica rock, mi immersi nella lettura di un capolavoro di Jane Austen, lasciando che i rumori attorno a me diventassero ovatti, lasciando che la mia mente iniziasse a viaggiare in luoghi remoti e sconosciuti del pianeta perché leggere significava proprio questo: viaggiare. Quando leggevo avevo la sensazione di indossare le auricolari, le quali trasmettevano musica con un volume esageratamente alto impedendomi di capire cosa succedeva attorno a me, come se la lettura fosse un mantello che mi avvolgeva dolcemente. Tuttavia come se quel mantello mi fosse stato strappato via, lo squillo di un cellulare mi costrinse ad alzare lo sguardo dal libro, impiegai un paio di secondi prima di realizzare che, a squillare, era proprio il mio cellulare. Lo presi velocemente dalla tasca dai jeans puliti, dato che prima di ripartire avevo fatto un doccia e mi ero cambiata, così come il resto del gruppo, non guardai neanche lo schermo intuendo perfettamente chi potesse chiamarmi.

«Mamma siamo ancora vivi.» Risposi, roteando gli occhi dato che quella chiamata doveva essere la cinquantesima da quando eravamo partiti dalla Virginia. Il bello era che chiamava solo me, mentre il pensiero di chiamare Aaron e Brandon non la sfiorava completamente, tra l'altro, aveva il coraggio di dire che non ero la figlia preferita.

«Mi chiedevo perché non mi avessi chiamata.» Disse, la immaginai portarsi l'indice tra i denti, solito gesto quando era nervosa.

«Mi hai chiamata alle dieci, ora sono le dieci e un quarto.» Le ricordai, scrollando le spalle. Desideravo davvero non aver intrapreso tutto ciò, solo per evitare le chiamate di mia madre. Colton strinse le labbra in una linea sottile, trattenendo le risate. Tuttavia sentii crescere ancora di più l'adrenalina, tra solo dieci ore saremmo arrivati a Miami e solo ciò mi rendeva carica.

«In quindici minuti può succedere di tutto.» Mi informò, roteai nuovamente gli occhi e sbuffai, chiudendo il libro. «Ad esempio, dieci minuti fa è arrivato il signor DiLaurentis.»

« E tu volevi la scusa per svignartela e non rimanere nella stessa stanza con quell'individuo insignificante?» Intuii, ormai ero consapevole che mia madre non tollerasse Mr Coglions/ Pappa Lentis.

«Si vede che hai preso da me, sei troppo intelligente per assomigliare a tuo padre.» Bisbigliò divertita, scoppiai a ridere contagiando anche Colton, forse perché aveva sentito ciò che aveva detto mia mamma dato che il volume delle mie chiamate era eccessivamente alto, sembrava che dall'altra parte del telefono ci fosse un pazzo che non faceva altro che urlare.

«A prendere da papà ci hanno pensato Aaron e Brandon.» Dissi divertita, sentendo la risata soave di mia madre giungere alle mie orecchie e ciò fece nascere un sorriso sulle mie labbra.

«Sei con Connor?» Chiese, scoppiai a ridere sentendo che aveva sbagliato nuovamente nome. Nel giro di poche ore, Colton aveva cambiato nome grazie a mia madre, era arrivato a chiamarlo Cornelius  o Constant, e nel giro di poche ore mi ero ritrovata a ripetere che si chiamava Colton.

«Colton, mamma, si chiama Colton.» Il diretto interessato scosse la testa divertito, controllando nuovamente lo schermo del cellulare.

«Perché i genitori mettono nomi così difficili?!» Chiese sarcastica, facendomi ridere leggermente.

«Ma non è difficile, tu credevi si chiamasse Cornelius, chi cavolo chiama il proprio figlio con quel nome?» Esclamai divertita, scuotendo la testa.

Come una tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora