La notte era pregnante di pensieri, ne avevo avuto più volte conferma. In quel momento seduta sul davanzale della finestra guardando l'esterno, immaginavo cosa stessero facendo i miei genitori, mi chiedevo se sapessero di tutto ciò e il motivo per cui da quando eravamo arrivati a Miami avessero iniziato a chiamare solo Aaron e Brandon, tuttavia lasciai che la mia mente iniziasse a concentrarsi su altro per prevenire l'emicrania che, probabilmente, di lì a poco sarebbe venuta. La luce lunare che illuminava la città la quale aveva distrutto ma, nello stesso tempo, ricostruito la mia vita a distanza di sette mesi rendeva la città, o meglio, ciò che vedevo dinanzi a me magico. Era davvero strano come la stessa cosa potesse compiere gesti di significato completamente diverso, come potesse trasmetterti e farti provare emozioni così contrastanti. Portai le gambe al petto e rabbrividii quando trascinai i piedi lungo il marmo che rivestiva il davanzale, mi strinsi in un abbraccio, continuando a osservare la luna alla quale era stato dato l'appellativo di "scroccona" da mio fratello Aaron, per il semplice motivo che rifletta la luce del sole. Ero a Miami da meno di un giorno, eppure la odiavo già, poiché nella mia mente insinuava i ricordi della notte in c'era stato l'incendio dato che, molto probabilmente, una parte del mio subconscio non credeva ancora che James fosse vivo, seminando incubi e privandomi del sonno. Per questo motivo all'una si notte mi trovavo su quel davanzale, anche se non era completamente per i pensieri che ero venuta fin qui, anzi dopo aver ricevuto un altro messaggio anonimo, poche ore fa, mi ero sentita in dovere di proteggere tutti, poiché pensai agli uomini che mi avevano seguita dopo aver quasi tentato di entrare al cimitero, quel uomo vestito in nero prima davanti casa mia, sempre lo stesso uomo - o almeno credevo- che osservava me e Colton davanti la spiaggia, lo stesso giorno in cui ero arrivata a Miami, non c'erano dubbi: qualcuno mi seguiva e, ricordando il messaggio anonimo, aggiunsi anche che sapeva della mia vita privata:
«Trovi sempre ciò, o meglio chi, che non cerchi ma, prima o poi, tutto riperdi».
Ciò che mi mandava in bestia era avere paura di qualcuno che non conoscevo, non poter sapere chi mi perseguitasse, perché nonostante avessi provato più volte di celare quella sensazione di essere costantemente osservate, quella rimaneva sempre là a torturarmi, a parer mio non c'era cosa peggiore di avere paura di qualcosa di cui non si sapeva l'identità: paura dell'ignoto. La paura in se era già una catena, una catena che legava le tue ali, impedendoti di volare, una catena che sigillava le porte del tuo cuore, era come il freno di un'auto che impedisce a qualcuno di schiantarsi contro un muro. Tuttavia la paura era sovrastata dalla collera, poiché sentivo che questo qualcuno non si stava solo divertendo ma il suo scopo era un altro, non sapevo bene quale fosse, ma ne aveva uno. E io dovevo assolutamente prendere un provvedimento, non potevo tollerare due messaggi anonimi con delle parole che, in quel momento, facevano male psicologico.
«Furia, ancora sveglia?». Nonostante avesse sussurrato, sussultai e caddi dal davanzale sul fianco sinistro, non l'avevo completamente sentito arrivare. James scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti la bocca per attutire il rumore mentre io, dolorante, mi mettevo a sedere. Tuttavia mio fratello si mise accanto a me, chiedendomi se mi fossi fatta male, fortunatamente non provavo tanto dolore, grazie al fatto che la caduta era stata attutita dal braccio, con l'aiuto di mio fratello, mi alzai ed entrambi andammo in cucina dato che aveva proposto una bella camomilla notando l'espressione che avevo, pochi minuti prima osservando l'esterno, ovvero: tesa.
«Come mai ancora sveglia?». Chiese prendendo un pentolino, in cui versò l'acqua e infine lo mise sul fuoco.
«Mamma e papà sanno che sei vivo?». Risposi, sedendomi osservando i suoi movimenti fluidi, movimenti semplici, quotidiani ma che mi erano mancati. Mi sentivo così fortunata in quel momento, c'erano persone che perdevano le persone che amavano per sempre e poi c'ero io che avevo ritrovato mio fratello, anche se non lo cercavo, avevo ritrovato la mia vera e unica ancora. Nel porre quel quesito un groppo si posizionò sulle mie corde vocali, infatti dovetti deglutire sperando che scomparisse ma rimase lì, come se fosse un grosso sacco che conteneva tutto ciò che volevo dire, o meglio, che dovevo dire.
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Come una tempesta
Romance«Più le persone sembrano capirmi, più trovano informazioni per ferirmi». Questa era la verità che tormentava Charlotte ogni volta che era sola, ogni volta che i suoi demoni la torturavano, quando annegava nei sensi di colpa, ogni volta che crollav...