Capitolo 16: It's too late to cry

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Sbagliare era umano, era inevitabile soprattutto nei momenti di rabbia, soprattutto durante una lite in cui si faceva di tutto per ferire l'interlocutore, fin a quando qualcuno non mollava, soffriva, ci rimaneva male. Il punto era che non mi sarei mai aspettata che mio padre potesse ferirmi così da tanto da indurmi a rifugiarmi sul tetto, cosa che facevo quando stavo davvero male e volevo stare sola per sfogarmi, perché  non volevo fare stare male i miei fratelli, tuttavia quando salii sul letto gli occhi si asciugarono come se il freddo avesse fatto l'effetto opposto su di me, invece di congelarmi aveva fatto si che un vampata di calore si espandesse su tutto il mio corpo, facendomi sentire il bisogno di urlare e,, il luogo dove sarei dovuta andare al posto di James.
Mi spaventai di me stessa, delle azioni che la rabbia mi portava a fare,  ero così vulnerabile ma nello stesso tempo forte, ma tutto ciò era ricavato dal nervosismo, per reprimere il desiderio di andare da mio padre e urlargli contro quanto fosse meschino, sadico, crudele. Nonostante il desiderio bruciasse la mia pelle e mi rendesse ancora più nervosa stare ferma su quel tetto gelido, non feci nulla, rimasi con le ginocchia al petto, le braccia che abbracciavano esse, la testa all'indietro, gli occhi rivolti verso il cielo notturno che iniziava a diventare sempre più chiaro, data l'imminente e cosiddetta alba, la quale faceva iniziare un nuovo giorno, intravedevo già le prime luci all'orizzonte e sentivo tanto freddo, il freddo mattutino, inoltre avevo indossato uno stupidissimo pigiama azzurro di flanella, reso banale da due orsi bianchi appena sotto il seno abbracciati. Tuttavia, la cosa più peggiore era il viso, non avevo osato guardarmi allo specchio ma prima che aprissi la finestra della mia camera avevo intravisto il mio riflesso: sotto i miei occhi c'erano delle bozze nere assolutamente visibili anche dalla Thailandia. Stupido di un mascara, comprato a causa di una menzogna. "È resistente all'acqua" era una grandissima bugia. Infatti prima di uscire, andai a struccarmi perché non potevo uscire in quello stato, non mi avrebbe visto nessuno, ma non potevo sopportare quella roba sul viso. Chiusi le palpebre quando il vento leggero ma freddo mattutino mi accarezzò frettolosamente, permettendomi per un millesimo di secondo di smettere di pensare.

Aprii di scatto le palpebre quando sentii un movimento dietro me, come lo scatto di una serratura, lo stomaco si strinse in una morsa letale, talmente forte da indurmi a distendere lentamente le gambe e portami le braccia sulla pancia cercando di placare quel dolore, mille brividi percorsero il mio corpo e un tremolio lo scosse. Era lo scatto della serratura di una finestra, ma non una qualunque, era la finestra presente nella camera di James, la quale era stata costruita, sotto raccomandazione da mio fratello, sul soffitto per avere libero accesso al tetto. Alle volte, quando uscivo dalla finestra, lui poco dopo spuntava da quella botola di forma quadrata, abbastanza larga affinché ne uscisse una persona, sentire quel semplice rumore mi aveva fatto male,  perché sapevo che stavolta non fosse uscito James con un libro tra le mani oppure con un pacco di biscotti al cioccolato. Abbassai lentamente la testa e non mi voltai a guardare chi stesse uscendo da quella finestra, perché un ricordo attraversò la mia mente, fu veloce ma vidi abbastanza da farmi strabuzzare gli occhi ricordando quella volta in cui James stava praticamente per cadere dal tetto, se non ci fossi stata io, sarebbe diventato una polpetta, non potei dimenticare mai la paura che avevo vissuto in quei pochi secondi. Era davvero buffo e crudele il destino, aveva una logica strana, avevo salvato mio fratello una volta, perché non mi era stato permesso di farlo una seconda volta?
Tuttavia, non vi fu risposta alla domanda, ma ci fu un ricordo più bello, più vivo, che si insinuò nella mia mente fermandosi nel momento più bello: quando James rivolse lo sguardo al cielo stellato e rideva, rideva così tanto che mi parve di sentire la sua risata nelle mie orecchie, sembrava un angelo, chiusi gli occhi e lasciai che la mia mente godesse di quel ricordo che mi fece sorridere:

Era stata una giornata come le altre, noiose, monotone e stancanti, salire sul letto era stata l'unica idea monotona quanto rilassante che mi era venuta in mente, una mente oppressa giornalmente dallo stress, mi distesi sul tetto, allargai le braccia e le gambe, chiudendo le palpebre, lasciando che le stelle illuminassero il mio viso stanco, che la notte mi accarezzasse come se fossi un fiore prezioso e il vento giungesse alle mie orecchie come il sottofondo di una canzone che mi rilassava. Quando sentii lo scattare di una serratura,
appena sopra la mia testa, sorrisi sapendo che tra poco avrei visto mio fratello spuntare da lì, infatti quando mi alzai e mi girai verso la finestra aperta, vidi sbucare una chioma bionda e, da lì a poco, incontrai un paio di occhi azzurri splendenti, infine James uscì dalla finestra e camminando su quattro zampe mi raggiunse dalla parte opposta del tetto, mi rivolse un sorriso sincero e quando fu vicino me notai che guardava le mie profonde occhiaie sotto gli occhi. Il suo viso a punta era liscio, dato che finalmente aveva deciso di rasarsi la barba, i suoi lineamenti facciali erano molto duri e maturi tanto da intimorire i sconosciuti, i suoi capelli biondi e invece di essere, come al solito, sistemati dal gel erano terribilmente ricci dandogli un'aria

Come una tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora