Non ci riuscii, ci provai ma non ci riuscii a varcare la soglia del cimitero. Ero una codarda, ne ero consapevole ma non ci riuscivo, era più forte di me. Vedere, anche solo con l'occhio della mente, la sua lapide mi rendeva ancora più consapevole del fatto che tutti i nostri momenti non potranno mai tornare, non potranno più ripetersi, rimarranno solo ricordi, che con il tempo si sbiadiranno e renderanno la mia esistenza ancora più insignificante. Con il tempo dimenticherò il suono della sua risata, la sua voce, i suoi occhi, i suoi modi di fare. Dimenticherò tutto, tranne il dolore. Decidere di tornare in macchina fu durò, ogni passo fu una tortura, ero consapevole che non potevo restare davanti il cancello ma non volevo neanche aumentare le distanza tra me e mio fratello, tuttavia misi freno ai miei pensieri quando vidi che, dall'altra parte della strada, due uomini mi stavano osservando. Non li conoscevo, questo era sicuro, ma il loro sguardo mi ricordava qualcosa. Non sapevo se la cosa inquietante fosse quella che erano uguali fisicamente o che mi fissavano come se fossi la loro preda. Interruppi il mio cammino, osservandoli. Avevano all'incirca ventidue anni, erano alti e muscolosi, messi in risalto dalla felpa nera e dai jeans del medesimo colore, gli occhi sembravano scuri e i loro capelli erano rossi, se fossero stati più magri e più alti, li avrei scambiati per Fred e George Weasley, però non lo erano e non mi sembravano neanche lontanamente pronti per una conversazione in perfetta sintonia. Diciamo che erano i ragazzi che sarebbero andati bene per fare i bodyguard in discoteca, quando iniziarono ad avanzare verso di me, attraversando la strada, fui presa dal panico, così iniziai a camminare verso la mia macchina che, tra l'altro, era lontana. Spintonai alcune persone e mi girai un attimo, vedendo con dispiacere che erano proprio a due passi da me, con un'espressione seria dipinta sul volto. Accelerai il passo ma capii che non avevo tempo per tornare in macchina, questi qui se dovevano dirmi qualcosa dovevano farlo ora, tanto ero circondata da persone. Mi fermai e mi girai, ma dei due tizi non c'era neanche l'ombra. Persi un battito. Stavo diventando pazza. Tuttavia, camminai velocemente per arrivare in macchina, era in un parcheggio che, tra altro, non era custodito. I clacson delle macchina, il chiacchierio delle persone e i sorrisi dei bambini felici, mi rassicurarono, non era successo niente di brutto, mi ero immaginata quei tizi. Provai a convincermi.
Arrivai nel parcheggio e mi avvicinai al mio suv, feci il giro per aprire lo sportello ed entrare, quando vidi che un Audi r8 nera lucida, era praticamente parcheggiata vicinissima al mio suv, talmente vicina da non avere lo spazio per aprire lo sportello. Anche dall'altra parte la situazione era la stessa, ma con un pick-up verde acqua.Ma come cazzo parcheggiava la gente?
Il parcheggio era piccolo, okay, ma addossarsi sulle altre macchina, no. Con i nervi che avevo avrei potuto rigare le macchina ad entrambi, ma non mi andava, non era il momento di diventare artiste. Così escogitai un piano per poter entrare in macchina, pensai alla cosa più stupida che potevo fare, in momenti come questi avevo bisogno di un cervello con il quoziente intellettivo maschile, che sarebbe stato uguale a quello di un bradipo. Aprii il portabagagli e pensai a come poter entrare, per finire nel sedile del guidatore. Mi infilai con il busto, piegandomi e cercai un modo per abbassare i sedili, quando una voce interruppe la mia ricerca.
«Mi dispiace, sposto immediatamente l'auto.» Uscii dal portabagagli e quando incontrai i suoi occhi, rischiai di prenderlo a parole. «Oh ciao.» Disse, indossava gli occhiali da sole e un sorriso sincero, come se la sera precedente non fosse esistita. Il tempo era soleggiato, ma sapevo che portava gli occhiali da sole per celare il livido.
«Oh ti sei ricordato di me? Che onore.» Dissi, ironica, sbattendo lo sportello del portabagagli, lui smise di sorridere, la cosa più buffa era che mentre chiusi lo sportello, le mie palpebre si chiusero per un millesimo di secondo per il colpo anche se l'artefice della situazione ero io stessa. «Gentilmente, la prossima volta ricordarti di parcheggiare la macchina più lontana rispetto altre.» Dissi, arrabbiata.
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Come una tempesta
Romance«Più le persone sembrano capirmi, più trovano informazioni per ferirmi». Questa era la verità che tormentava Charlotte ogni volta che era sola, ogni volta che i suoi demoni la torturavano, quando annegava nei sensi di colpa, ogni volta che crollav...