Sentii migliaia di voci attorno a me e presa dalla curiosità, aprii lentamente le palpebre. Misi a fuoco la figura davanti a me e incontrai delle iridi scure, sconosciute. Sentii uno sportello sbattere e, poco dopo, venire verso di me un signore sulla trentina, l'autista del taxi che stava per investirmi. Il suo sguardo era un misto tra preoccupazione, paura e rabbia. Tuttavia, rimase semplicemente in piedi davanti a me.
«Stai bene?». Chiese il ragazzo dalle iridi scuri con la sua voce profonda, il suo sguardo era misterioso, cupo.
Era a dir poco bellissimo, aveva la mascella pronunciata, occhi scuri, naso rotondo, capelli neri corti, aveva un accenno di barba segno della pubertà e dei zigomi che mi facevano venire voglia di sfiorarli delicatamente ma ciò che mi fece irrigidire era la sua presa ferrea attorno la mia vita. Alcune persone si radunarono attorno a noi, li osservai velocemente e nessuno di quelle persone aveva un'aria preoccupata, erano semplicemente curiosi di sapere di più di ciò che avevano visto e ciò mi fece adirare.
Il mio respiro era affannato, il mio petto si muoveva su e giù velocemente anche troppo, tremavo, l'adrenalina si scaricò velocemente, la paura si fece da parte e la consapevolezza dell'accaduto mi rese cosciente.«Si». Risposi con tono fermo, nonostante fosse leggermente difficile. Per poco non mi investivano, mi ripetei nella mia mente. «Lasciami, sto bene». Dissi allontanandolo mettendo le mani sul suo petto, lui lasciò la presa come se avesse preso la scossa. Meritavo di essere investita, non dovevo essere salvata, ero pronta.
«Questo è il ringraziamento dopo che ti ho salvata, eh?». Chiese estremamente calmo, la preoccupazione in cui mi pose la prima domanda era sparita.
«Non ti ho chiesto di salvarmi». Dissi mettendomi seduta sul marciapiede.
«Charlotte». mio fratello Brandon, si fece spazio fra la gente e si inginocchiò accanto a me, mi strinse immediatamente tra le sue braccia. «Stai bene? Qualcosa di rotto? Te la senti di alzarti? Vuoi andare in ospedale?». Mi prese il viso tra le mani, leggevo la sua preoccupazione negli occhi, oltre la paura.
«Sto benissimo, non è successo niente».Dissi leggermente confusa. «Non fare tutte queste domande, mi fai salire l'ansia».
«Lei, non guarda quando guida? Come cazzo guida?». Urlò mio fratello verso l'autista.
«Scusi, ma non l'ho vista, è spuntata dal nulla». Si giustificò, aveva ragione ero presa dalla rabbia, non guardavo dove andavo.
«Ringrazi questo ragazzo che l'ha salvata, se l'avesse investita solo Dio sa cosa le avrei fatto». Sbraitò mio fratello, lanciando uno sguardo di ringraziamento verso il ragazzo accanto a me.
«Charlotte, hai ringraziato...». Mio fratello guardò il ragazzo come se gli avesse chiesto il nome.
«Colton, mi chiamo Colton». Si presentò. «Non devi ringraziami, come ha detto Charlotte non me l'ha chiesto nessuno, ho reagito d'istinto».
Brandon mi lanciò un'occhiataccia. «Scusala, mia sorella ringrazia a modo suo». Disse, alzandosi, mi alzai da sola ignorando la mano che mio fratello mi stava tenendo.
«Senti, Caleb o come cazzo ti chiami, ti ringrazio per quello che hai fatto ma ora ciao». Dissi prendendo la mano di Brandon e andandomene, intorno a me tutto girava vorticosamente ma strinsi i denti e continuai a camminare.
«Charlotte, potresti essere più gentile». Mi consigliò mio fratello.
«Almeno hai la conferma che sto bene». Dissi, fermandomi di scatto. Non ricordavo la strada.
«Andiamo sempre dritto ed arriviamo». Disse mio fratello, come se mi avesse letto nella mente.
«Lo sapevo, stavo controllando se lo sapessi tu, non volevo fare da navigatore». Mentii, iniziando a camminare, ma sentendo il mio nome da lontano mi fermai per la seconda volta, mi guardai al di sopra della spalla ma non vidi nessuno.
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Come una tempesta
Romance«Più le persone sembrano capirmi, più trovano informazioni per ferirmi». Questa era la verità che tormentava Charlotte ogni volta che era sola, ogni volta che i suoi demoni la torturavano, quando annegava nei sensi di colpa, ogni volta che crollav...