A volte, il destino era qualcosa di sconosciuto misterioso, a volte amato, altre odiato. A volte, preso come uno scherzo di cattivo gusto, altro uno scherzo apprezzato, altre ancora uno scherzo che seminava sorpresa. Questo momento non sapevo dove collocarlo, poteva davvero essere una coincidenza, lui prima aveva salvato me, ora io salvavo lui. Per caso il destino voleva dirmi qualcosa? Scacciai quella domanda da un'altra parte, era sicuramente una stupida coincidenza. Anche se, lui abitava a Los Angeles, almeno credevo, cosa ci faceva a New York? Dio, ero così confusa che non avevo visto mio fratello Aaron chinarsi accanto a me.
«Ancora tu?» Sbuffò mio fratello Aaron, mi girai di scatto verso di lui e gli diedi un ceffone sulla nuca.
«Ma non vedi le condizioni, Dio mio, un po' di umanità.» Sbottai, facendo alzare gli occhi al cielo ad Aaron.
Diamante. Perché mi aveva chiamata così? Optai per la prima motivazione: non ricordava il mio nome. Un classico, tra l'altro, non ero nella posizione giusta per parlare: non ricordavano neanch'io il suo nome.
Il ragazzo a terra sorrideva divertito, anche se la sua espressione era addolorata. Brandon e Aaron mi fecero spostare e lo aiutarono ad alzarsi, Noah li aiutò in un secondo momento, mentre Jackson rimase ad osservare senza dire una parola. Nel punto in cui prima c'era disteso il ragazzo, ora c'era plasmata la sua figura, era simile ad un angelo, solo che sapevamo che non era così e, alle volte, bastava la conoscenza per cambiare la forma, il significato, il pensiero di qualcosa o su qualcosa.
«Riesci a reggerti in piedi?» Chiese Brandon, che lo teneva per le spalle così come Aaron. Il ragazzo, annuì leggermente e infine i miei fratelli lo lasciarono lentamente, giusto il tempo che acquisisse equilibrio. Mi misi davanti a lui e quando guardai il suo viso, una parola fece capolinea nella mia mente: Colton.
«Colton...» sussurrai il suo nome e fu come scrivere a penna nella mia mente, scrissi il suo nome lentamente ed elegantemente con la paura di poter sbagliare anche solo a muovere la mano.
«Dovete andare via.» Disse, serio. La sua voce, rispetto a minuti prima, era rauca e stanca.
«No, potrebbero tornare. Almeno fatti accompagnare a casa.» Dissi e sentii i segni di disapprovazione di Aaron, appoggiato ad un albero con Kendall accanto. Stupido di un fratello.
«Colton, mia sorella ha ragione. Fatti accompagnare a casa, almeno saremo sicuri che tornerai a casa sano e salvo.» Disse Brandon, avvicinandosi. Colton scosse la testa.
«Potete andarvene un attimo, vorrei parlare con Colton.» Dissi e guardai Aaron, che prontamente scosse la testa. Magari stando soli, avrei potuto conviverlo
«No, neanche lo conosci.» Sbottò Aaron, gli lanciai un'occhiataccia. Tutti iniziarono a camminare, dopo aver annuito, tutti escluso Aaron.
«Te ne vai?» Chiesi sgarbatamente, con un tono annoiato.
«Tra cinque minuti sono qui.» Era peggio di un fidanzato, comunque sia iniziò a camminare seguendo gli altri che ritornarono nel sentiero.
«Quello lì è il tuo ragazzo?» Chiese, curioso. I lineamenti del suo viso erano visibilmente più rilassati.
«No, mio fratello, è molto protettivo.» Lo giustificai, prontamente.
Sorrise malinconicamente, per pochi secondi ma lo notai.
«Menomale che vivevi a Los Angeles.» Disse, il suo tono cambiò aveva un accenno di rabbia.
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Come una tempesta
Romance«Più le persone sembrano capirmi, più trovano informazioni per ferirmi». Questa era la verità che tormentava Charlotte ogni volta che era sola, ogni volta che i suoi demoni la torturavano, quando annegava nei sensi di colpa, ogni volta che crollav...