Capitolo 21: Free At Last

167 25 102
                                    

In quel momento tutto si fermò, si congelò ogni cosa ma si sciolse il ghiaccio attorno al mio cuore. Fu come immergersi nell'acqua congelata ma nel momento in cui riemergevo ero avvolta da una vampata di fiamme che arrestavano tutto in me: pensieri, i battiti del mio cuore, respiro, paura, felicità, tristezza e confusione. Il mio respiro si fece corto, mi parve per un attimo di ritornare a quella mattina sul tetto quando mi sentii sotto acqua, senza la possibilità di tornare galla, quel grido che lacerava la mia anima giorno dopo giorno si fece muto, i miei demoni che prima occupavano quel vuoto causato dall'assenza di mio fratello furono oppressi, quel senso di colpa che mi stava distruggendo si trasformò in qualcosa di bello, un'emozione che non riuscivo ad identificare si fece spazio in quel vuoto: occupandolo. Il tatuaggio sulla mia spalla iniziò a pulsare come se le ali, che contornavano l'iniziale di mio fratello, avessero davvero iniziato battere sollevandomi da terra di qualche centimetro, facendomi assaporare davvero la felicità. Mi parve che i battiti del mio cuore si arrestarono per millesimi di secondi e, che solo dopo pochi minuti, avessero ripreso a battere così velocemente che pensai dovessero recuperare i battiti che non avevano fatto prima, nella mia mentre i ricordi erano sovrapposti da altri ricordi, troppo velocemente per rimanere a soffermarsi a pensare ad essi, erano come una serie di proiettili sparati a distanza di pochissimi secondi. Inspiegabilmente un piede avanzò, superando la soglia di casa, fu seguito dall'altro subito dopo. Lentamente alzai lo sguardo dal pavimento di granito grigio, percorsi le scale, dello stesso materiale del pavimento, con lo sguardo fino ad alzarlo completamente e guardare negli occhi il proprietario della voce che aveva parlato. Ero ancora un passo dalla soglia della porta, per questo avanzai di un passo. La voce che aveva parlato era maschile, una di quelle già mature e mascoline, la conoscevo e ciò mi rese terribilmente scettica perché potevo sentire tutte le voci di questo mondo ma quella, proprio quella no. A delimitare le scale c'era una ringhiera nera, sulla quale due mani affusolate erano poggiate, le braccia erano distanti l'uno dall'altro e si reggeva su quella ringhiera come se il peso di tutta quella situazione gli fosse piombato pesantemente, violentemente e improvvisamente addosso costringendolo ad appoggiarsi per evitare di cadere, ma che nonostante questo provava a non mostrarsi debole, potei constatarlo dalle spalle alzate, salii con lo sguardo le braccia muscolose, il petto anche esso abbastanza in forma segno di frequenti sedute in palestra, il quale era fasciato da una camicia bianca a maniche corte che metteva in risalto tutto, il suo viso era a punta, la sua mascella pronunciata, e pareva ancora più magro di come lo ricordavo, le sue labbra carnose erano contratte in una linea sottile come se ciò che avesse detto prima fosse stato un peccato, una pietra lanciata per sbaglio a causa di una distrazione che voleva assolutamente cancellare, ma ormai la pietra era stata lanciata, eppure per un attimo mi parve che volesse placare un urlo trattenuto per troppo tempo e che il peso di tutta la situazione fosse stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, i suoi zigomi alti e scavati, dandomi conferma che la sua alimentazione era scorretta data la sua magrezza, il suo naso lungo e rotondo, simile al mio, aveva un piercing sul lato sinistro, che aveva fatto all'età di sedici anni. I suoi occhi azzurri guardavano un punto fisso davanti a se che non ero io, erano velati dalle lacrime, erano malinconici ma quell'azzurro come il cielo sereno che brillava, parevano le acque di un mare limpido e calmo che contribuiva a rendere spettacolari le Bahamas. I suoi capelli biondo cenere erano ricci, come sempre, tirati all'indietro probabilmente pochi minuti fa con una mano dato che alcuni ricci cominciarono a cadergli sul viso, ma lui non ci fece caso. I nostri sguardi si incrociarono e una serie di emozioni si scaturirono in me, che mi fecero tremare le gambe. Volevo avanzare ma non ne avevo la forza, mi parve di vedere l'accenno di un sorriso malinconico sulle sue labbra, ma sembrò offuscato dato che l'attenzione era solo per i suoi occhi, un'attenzione così ossessiva che fece oscurare tutto il resto. C'eravamo solo io e lui, il resto era niente. Fece ciò che non avevo il coraggio di fare: si mosse, lentamente sollevò una mano dalla ringhiera ma l'altra lasciò che continuasse ad accarezzarla, mentre iniziava a scendere le scale, lentamente, come se volesse marchiare nella mente quel momento per sempre. I nostri occhi non si staccarono neanche per un secondo e mi parve davvero di volare, di essere in uno di quei sogni così veri che se provavi darti un pizzicotto sentivi davvero dolore, lieve ma sempre dolore. Le mie gambe tremavano così forti che ebbi l'impressione di cadere sul pavimento priva di forze. Quel momento mi trasportò in un vortice di ricordi ed emozioni che non sapevo controllare, ma tra tutto ciò che venne fuori fu il niente. Avanzò verso di me, cinque passi lo superavano da me, ma sentivo che c'era qualcosa di più a separarci.

Come una tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora