Capitolo 27: You are my secret

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Chiudevo e riaprivo le palpebre, sbadigliavo e mi portavo la mano davanti la bocca, mi rigiravo sul fianco sinistro, ma subito dopo su quello destro, giocavo con le ciocche dei miei capelli, contavo gli unicorni (dato che erano le uniche cose che la mia mente riusciva a formulare, omettendo i Colton in miniatura che aveva proposto) ma niente: non avevo più sonno. Così decisi di alzarmi, mettendomi  semplicemente a sedere e solo in quel momento realizzai di non essere in camera mia, potei notarlo dalla mancanza di Kendall, dalla posizione della finestra e dalla fragranza maschile che alleggiava nell'aria. Avvampai ricordando con chi avevo dormito e mi voltai immediatamente a guardare l'altra parte del letto matrimoniale, ma era vuoto tuttavia dalle lenzuola sfatte e disordinate capii che non avevo immaginato tutto. Mi affrettai a saltare giù dal letto guadagnandomi un capogiro che ignorai. Probabilmente era sceso a fare colazione, perché avevo tutta questa fretta? Non seppi rispondere a quella  domanda, così mi limitai a seguire il mio istinto. Poiché notai, solo in quel momento,  che fuori era buio e quando guardai la sveglia sul comodino notai che erano le tre e mezza del mattino. Strabuzzai gli occhi e decisi di scendere giù, probabilmente era sceso anche lui. Ero molto preoccupata per lui, prima che mi trovasse fuori la porta io stavo andando in bagno, ma l'avevo sentito urlare non abbastanza forte affinché si sentisse nelle altre stanze, ma abbastanza straziante da indurmi a spiarlo.   Una volta si era definito un leone e probabilmente lo era davvero, in quella circostanza pareva un leone impaurito dal suo stesso ruggito. Scesi lentamente le scale essendo ancora assonnata, e notai appena giunta giù un borsone blu vicino la porta. La porta della cucina era socchiusa e potei notare la luce uscire dalla fessura, mi avvicinai cautamente sentendo sussurrare e mi accostai dietro non provocando il minimo rumore.

«È una pazzia». Era la voce di James, capii che fosse terribilmente frustrato e mi chiesi con chi stesse parlando se non con Colton.

«Be' l'alternativa sarebbe la morte». Infatti a rispondere era stato proprio il sopracitato ragazzo, con un tono neutro. Come se avesse detto che aveva visto una farfalla, mentre io nell'udire quella frase, rabbrividii.

«Quella è la tua alternativa. Abbiamo alcune prove, possiamo incastrarli». Sussultai sentendo un botto simile a quello di una mano che entra violentemente in contatto con una superficie. James aveva il tono di uno che ne aveva abbastanza, come se stesse rimproverando il figlio dopo aver rotto una finestra con la palla.

«Non ne abbiamo abbastanza, se li denunciassimo, Charlotte morirebbe. Per quanto possa sembrare assurdo, quel mostro è tra di noi, Jem. Ci hai mai pensato? Certe cose, si possono sapere solo stando qui. Tra di noi».  Colton non abbandonò quel tono neutro neanche per un attimo, potei immaginarlo guardare indifferente James. Inoltre, notai il modo in cui l'aveva chiamato, da piccola lo facevo anche io ma, alla fine, avevo iniziato a chiamarlo semplicemente James.

«Non permetterei mai che accadesse qualcosa a mia sorella, lo sai bene». Ero così confusa in quel momento, non sapevo di chi avessero paura, chi mi volesse morta, cosa stesse accadendo. Senza che me ne resi conto mi appoggiai sulla porta e questa di spalancò violentemente facendomi cadere. «Char». Mio fratello non nascose lo stupore e si preoccupò a raggiungermi così da aiutarmi ad alzare. Tuttavia feci tutto da sola, ignorando la mano che mi offriva. Alzai lo sguardo e vidi  Colton che mi fissava con una sfumatura che non avevo mai letto nei suoi occhi: il nulla. L'indifferenza. Era appoggiato al bancone indossava una maglietta grigia aderente e dei jeans neri, come se fosse pronto ad uscire e di fronte a lui c'era Chloe, con gli occhi lucidi e lo sguardo assente, tanto assente che non mi aveva neanche notata. Nessuno parlò, allora fui a farlo.

«Cosa sta succe...». Feci per parlare ma fui interrotta bruscamente da Colton.

«Tutto quello che non sai». La sua voce era così fredda nei miei confronti che mi fece rabbrividire e mettere un paio di secondi prima di rispondere.

Come una tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora