Mi ritrovai a camminare lungo corridoi, longilinei, bui e freddi, sentii solo i miei passi che echeggiarono. Sentii migliaia di voci, ma non vidi nessuno. Fui sola con i miei demoni, che non erano come tutti immaginavano come ombre viscide che ti ronzavano attorno. Erano persone, che tutti i giorni mi sorridevano, mi abbracciavano e dicevano di volermi bene.
Anche se, in realtà, avevo a che fare con due tipi di demoni: quelli visibili, che vedevo ogni giorno e identificai come amici e quelli invisibili, che si nascondevano dietro i pensieri, i sogni, le emozioni e le sensazioni. Questi demoni che mi torturavano il cuore, il cervello e l'anima. Ma non potevo fermarli, poiché erano l'unico motivo per cui non ero ancora sola, completamente sola.
Camminai fino ad arrivare davanti una porta. I corridoi non erano familiari, non l'avevo mai visti da quando avevo memoria. Non vedevo i miei piedi, che sentii scalzi per il contatto freddo con il pavimento, passai una mano su quella che sembrava una camicia da notte, non riuscii a identificare il colore, sentii i miei capelli lungo la schiena, non vedevo dove stavo andando, vedevo solo quella porta, l'unica cosa, anche se vagamente, illuminata, dalla luce che in quel momento desiderai con tutto il cuore. Desiderai di sentire la luce del sole sulla mia pelle, desiderai poter essere sotto una lampadina che potesse illuminare il mio viso, desiderai poter vedere cosa mi circondava.
Mi avvicinai cautamente alla maniglia della porta, la mia mano si posò delicatamente su essa. Una parte di me, voleva abbassarla per la curiosità, ma l'altra, l'altra non voleva, mi bloccò, capii chi fu la responsabile: la paura. Sentii un vuoto crescere secondo dopo secondo dentro di me, sentii la paura crescere, ma la curiosità la sovrastò. Non mi resi conto di aver già abbassato la maniglia, non appena varcai con un piede la soglia, capii di aver fatto la scelta sbagliata, sentii tirarmi dentro la stanza come se qualcuno mi avesse afferrato il braccio, sentii degli artigli che si conficcarono sul mio avambraccio tracciando una lunga linea con le unghie lunghe, urlai dal dolore e sentii sgorgare del sangue dal mio braccio, sentii la porta chiudersi dietro di me con un tonfo, sentii la serratura scattare e lì mi buttai sopra la porta, cominciai a dare pugni, urlare, chiedere aiuto, ma niente, sentii dei passi allontanarsi e allora capii di essere chiusa lì, sola.
La stanza era buia, mi accasciai a terra ormai con la paura che iniziò a farsi spazio tra la curiosità sovrastandola completamente, facendola scomparire definitivamente. Mi toccai il mio braccio ferito, notando con disgusto che la ferita che ritenevo profonda era scomparsa, per quanto riuscii a vedere attraverso il tatto non c'era neanche segno del sangue che avevo versato, come se mi fossi immaginata quel dolore.
Anche se meritavo tutto quello. La mia vita era già finita. La mia vita era finita con la sua morte, non con la mia.
Poi successe l'improbabile, una luce fioca, piccola, chiara si accese, illuminò lievemente e dolcemente il mio viso esattamente come successe una volta guardando il sole sorgere davanti a me, illuminando il mio viso, lentamente, delicatamente e dolcemente.
Mi alzai dal pavimento sporco e freddo e camminai verso la luce, che era proprio al centro della stanza: una candela. Misi piede dentro la circonferenza della luce e tutto intorno a me iniziò a illuminarsi, lo desideravo si, ma non quello che mi si presentò davanti. Sentii mancarmi il pavimento sotto i piedi. I muri erano tappezzati da foto, mie foto, foto di lui, in quel giorno, scattate dalla mia memoria.
Le foto iniziarono a scendere lentamente dal muro come se avessero vita propria, si misero davanti a me e presero fuoco cominciando a girare velocemente attorno a me. Capii chi erano ma non potei nascondermi sotto una coperta come facevo da bambina per scappare dal mostro che, secondo la mia immaginazione, era sotto il letto, perché loro erano sempre con me, loro erano nella mia testa. Nel mio corpo. Loro erano ogni mia cellula, ogni mio pensiero, loro erano me. La mia camicia da notte, che vidi essere bianca, iniziò a sporcarsi anche se stando ferma, anche non facendo nulla, una macchia di sangue partì dal ventre piatto e iniziò a divulgarsi sulla camicia, presa dal panico, mi sfogliai e lanciai la camicia in un angolo remoto della stanza. Sentii delle risate che mi fecero tappare le orecchie, i ricordi riaffiorarono violentemente nella mia testa, il sangue cominciò a circondarmi, era ovunque, su tutto il mio corpo. Attorno a me c'erano: fuoco e sangue.
Ricordi distrutti, bruciati, straziati dal dolore.
Improvvisamente capii dove mi trovavo, ero circondata da immagini confuse, da un tornado, ero sola, al buio, al freddo, mi trovavo nella tempesta che avevo creato, mi trovavo nella mia mente, nella mia anima, mi trovavo nel mio cuore. Mi trovavo in quello che ero diventata: sola, fredda e cinica.
Improvvisamente capii che non c'era spazio per amare. Non c'era spazio per vivere. Non c'era spazio per me.
Strillai. Strillai più forte che potei, ma peggiorai la situazione, rimasi completante sola, la luce della candela si spense, le risate cessarono, il fuoco sparì, ero al buio, di nuovo.
Ero sola, di nuovo.
La stanza cominciò a raffreddarsi facendomi abbracciare il mio corpo in cerca di calore, ma inutilmente. Provai ad alzarmi, ma caddi. Volevo scappare ma non potei. Fu troppo tardi. Ero nel mio cuore. Ero entrata e non potevo uscire. Non avevo le forze per strillare, parlare, camminare, muovermi.
Io, anima fredda, impetuosa, misteriosa come una tempesta. Io, fantasma di una vita che non avevo mai sentito mia, in balia della mia tempesta. Anima tormentata da un passato crudele. Anima sofferente.
Io, dentro il mio cuore, mi congelai. Morii.
Semplicemente io.
Informazioni di servizio:
La storia è stata scritta nel 2017, ho deciso di ripubblicarla nel 2020 durante questa quarantena perché ho sistemato alcuni capitoli.
Buona lettura e grazie a tutti 💘
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Come una tempesta
Romance«Più le persone sembrano capirmi, più trovano informazioni per ferirmi». Questa era la verità che tormentava Charlotte ogni volta che era sola, ogni volta che i suoi demoni la torturavano, quando annegava nei sensi di colpa, ogni volta che crollav...