2.7

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Erin Lancaster.

Non sapevo se era arrabbiato o no. Non mi aveva neanche toccato quando eravamo arrivati a casa. Era silenzioso, mentre io aprivo la porta e mi toglievo la giacca. La lasciai sull'appendiabiti e mi voltai verso di lui, guardandolo mentre si toglieva la neve dai capelli.

"Non hai detto una parola." Sussurrai e posai una mano sulla sua spalla, posandola poi sulla sua guancia. "Pensavo sapessi che sono un mostro."

"Non sapevo che eri insensibile." Mormorò, prendendo la mia mano. "Le hai rovinato la vita."

Michael scosse la testa.

"Sapevi già, dal momento che ti ho incontrato, che attacco se qualcosa mi ferisce o cerca di spezzarmi. E' questa che sono." Dissi e mi tolsi le scarpe. "Non penserò alla morale o ai sentimenti delle altre persone."

"Sarà lo stesso con me? Sono solo un danno collaterale?"

Il pensiero mi fece male.

"No, tu sei diverso." Dissi. "Quando si tratta di te sono incapace di essere la persona che mi sono costretta ad essere."

Lui scosse la testa. "So che sono uno stronzo, ma è diverso con la famiglia. Tu –Tu l'hai rovinata solo per gelosia. Pensavi davvero che avrei fatto qualcosa con lei?" Mi posò una mano sulla nuca, facendomi avvicinare. "Puoi stare tranquilla, piccola." Sbottò. "Non l'avrei toccata neanche se mi avesse pagato."

Io sussultai, mi spinse contro di se in un attimo, mai io mi allontanai.

"Ma avresti lasciato che lei ti toccasse, vero? Non puoi negarlo." Urlai. "E' come se il contratto non fosse mai morto per te."

"Hai ragione." Michael smise di allontanarsi e si voltò verso di me. "Sono ancora il bastardo egoista che si è innamorato di te, che ti ha lasciata entrare nel suo mondo, che ti ha raccontato il suo passato. Sono un fottuto uragano."

Mi avvicinai e lo spinsi. Lui mi afferrò, spingendomi contro di se e tenendo il mio viso tra le mani, il mio respiro disperato e arrabbiato.

"Pensi di essere così perfetta." Sbottò Michael. "La fottuta Regina Vittoria di Manhattan, vero?"

Io lo spinsi, toccandomi la mascella e i polsi. Potevo sentire la mia voglia di colpire qualcosa, ma non avrei mai potuto chiudere il pugno e colpire lui. Potevo spingerlo e colpirlo, ma non potevo fargli male come aveva fatto lui.

"Non cercare di farmi sentire male." Sbottai. "Sono una stronza insensibile, ricordi? Rovino vite con lo schioccare delle mie dita, sono un maledetto disastro."

Michael alzò gli occhi al cielo. "Cresci, Erin e capisci che le tue azioni hanno delle conseguenze. Non sei più una ragazzina. Sei una donna cresciuta con problemi che si rifiuta di affrontare perché è una fottuta stronza senza fottuti confini."

"Fottiti." Sbottai e lo superai, solo perché lui intrappolasse contro un muro. Mi sollevò le mani sopra la testa, la sua bocca trovò la mia. Io ricambiai il bacio febbrilmente, strappando i polsi dalla sua presa e passando le dita tra i suoi capelli.

Michael mi afferrò la maglietta e me la tolse, lasciandola cadere sul pavimento. Era silenzioso, rabbia scivolava via da noi mentre prendevo la sua giacca e la sbottonavo mentre lo spingevo contro il muro. Lui mi guardò senza dire una parola mentre gli toglievo la maglietta.

Gli baciai il petto, mordendo la sua pelle, le sua mani afferrarono i miei capelli. Sospirò, piegando la testa indietro mentre sussurrava il mio nome. Anche se non mi piaceva il tono con cui l'aveva detto. Ogni lettera era piena di rabbia. Mi misi dritta e lo baciai, mordendogli il labbro e strusciandomi contro di lui mentre andavamo verso la nostra stanza con i vestiti che cadevano dietro di noi.

Mr. Clifford } m.g.c traduzione italianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora