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Erin Lancaster.

Mi svegliai nel mio letto, il dolore alla schiena aumentò mentre mi giravo nuda nel letto e mi ritrovavo a guardare all'altra parte del letto vuota. Borbottai, passandomi una mano tra i capelli e sentendo qualcosa di freddo come una striscia di argento sul mio anulare.

Orrore si espanse nelle mie vene, i ricordi della notte passata erano spariti mentre cercavo il mio telefono e lo trovavo in una borsa che non avevo mai visto in vita mia. Ma era sulla poltrona della nostra camera da letto. C'erano vari chiamate perse di Michael e altre di un numero che non avevo memorizzato, ma che sembrava vagamente familiare.

Chiamai Michael, il mio respiro pesante e spezzato finchè non sentì il suono dell'acqua della doccia e poi chiusi la chiamata per alzarmi. Presi il lenzuolo, stringendomelo intorno al corpo prima di aprire la porta del bagno.

Lui si passò una mano tra i capelli, il mio stomaco si chiuse a quella vista. Sussultai non appena ebbi la conferma di chi era.

"Come sei entrato qui?" La mia voce era ferma, le mani tremavano mentre lui si girava. Il suo corpo nudo era di fronte a me. "Charles, come sei entrato qui?"

"Mrs. Woodsen." Disse, i miei occhi guardarono la fede al mio dito. "E' questo il modo di trattare tuo marito?"

Sentivo il cuore battere a mille miglia all'ora, mi allontanai dal bagno ed andai nel salotto dove la TV era sintonizzata su un telegiornale.

"La grande Erin Lancaster si è sposata questa mattina presto con Charles Woodsen, l'uomo che aveva denunciato per stupro." Disse la donna, i suoi occhi sembravano fissare il mio corpo vulnerabile. "La Lancaster ha pagato la somma di dieci milioni di dollari per il suo rilascio alle 1:45 di questa mattina ed è diventata la moglie di Woodsen. Fonti hanno visto la Lancaster bere e gettarsi tra le braccia di Woodsen non appena l'ha visto."

Mostrarono delle foto sfocate. Molte erano di me e Charles, bocca contro bocca. Una delle foto era di me e Michael, la sua mano sulla mia vita.

Michael.

Presi il telefono di casa e composi il suo numero il più velocemente possibile.

"Sono così fottutamente arrabbiato con te." Sbottò, facendomi sussultare. "Dobbiamo sistemare questa storia."

"Non so neanche come sia successo, Michael." Singhiozzai. "L'ultima cosa che ricordo è che stavo bevendo quello che mi aveva dato il barista –aveva detto che era per la festeggiata, ma non ricordo che nessuno sapesse fosse il mio compleanno oltre alle persone che erano con noi per festeggiare. Era la vigilia del nuovo anno."

"Merda." Colpì qualcosa. "Vuoi che venga--"

Il telefono venne strappato via dalle mie mani, i miei occhi si sollevarono per incontrare quelli di Charles mezzo nudo. Si portò il telefono all'orecchio.

"Amico, lei sta perfettamente bene nelle mie mani. Assicurati di mandare un regalo di nozze, va bene?" Chiuse la chiamata, il mio respiro pesante mentre si metteva di fronte a me e mi prendeva il mento con una mano. "Non parlerai più con lui."

"Questo è stato uno sbaglio." Dissi con la voce rigida. "Sai che non potrei mai amarti, meno che meno sposarti dopo quello che mi hai fatto."

"Ero ubriaco--"

"Questa non è una scusa!" Allontanai la sua mano con un colpo e andai verso la mia camera, sentendo lui dietro di me. Mi mossi velocemente, prendendo la maniglia della porta e cercando di chiuderla, ma lui la spinse per aprirla e la sua bocca reclamò la mia.

Lo spinsi, girando la testa e combattendo per liberarmi dalla sua presa.

"Charles! No!" Urlai, cercando di essere sicura di me. "Lasciami!"

Il lenzuolo che era contro il mio corpo cadde per terra, le sue mani mi toccarono tutta. Io singhiozzai, ripugnata mentre lui mi spingeva sul letto, petto e pancia contro il materasso mentre lui teneva sollevata la mia parte inferiore. Afferrai il lenzuolo e piansi contro il materasso mentre lui mi feriva ancora.

*

Ero stesa su un lato. Disgusto era dentro di me mentre cercavo di dimenticare il dolore tra le mie gambe. Mi tremarono le labbra mentre mi sedevo e guardavo la stanza. Volevo metterle fuoco, dimenticare che ci fossi mai stata.

Charles si era assicurato che ogni traccia di Michael fosse sparita. Anche affondare il viso contro il lenzuolo per sentire il suo odore era inutile. Tutto quello che potevo sentire era Charles e questo mi faceva stringere lo stomaco.

Mi alzai, vestendomi lentamente e toccandomi il labbro, sussultando per il livido. Charles stava parlando al telefono quando entrai, braccia incrociate al petto.

"Voglio il divorzio. Devo allontanarmi da te." Sussurrai e mi passai una mano tra i capelli. Lui mise via il telefono e mi guardò serio. "Non ti amo e non mi innamorerò mai dell'uomo che mi ha violentata."

Lui rimase zitto per un attimo. "Posso prendermi tutto da te, Erin. Posso prendere tutto quello che sei."

"Non voglio stare con te!" Sbottai. "Sinceramente mi chiedo come diavolo quel barista facesse a sapere che era il mio compleanno."

"Dovevo portarti qui in qualche modo." Disse Charles. Mi guardò come se fossi la sua preda. "In più, chi ti crederebbe? Perché il giudice dovrebbe andare in tuo favore? Sei stata tu a pagare la mia cauzione, sono io quello agli arresti domiciliari qui."

Guardai la sua caviglia, ricordandomi del dispositivo e poi tornai in camera, afferrando il mio telefono e la borsa.

"Dove stai andando?" Mi afferrò un braccio, spingendomi contro di se. "Sei mia moglie."

"Fin quando lo sarò odierò il giorno in cui sono nata. Ogni minuto di ogni giorno odierò la mia esistenza."

"C'è stato un momento in cui mi hai amato."

"Non ti ho mai amato." Borbottai e lo spinsi via. "Si, c'era una possibilità, ma tu mi hai stuprato. Non posso amarti, come potrei amare qualcuno che mi ha preso con la forza? E adesso l'hai fatto di nuovo."

Charles borbottò e mi afferrò di nuovo, gettandomi sul pavimento. Io sussultai mentre colpivo il pavimento, guardando lui che bloccava la porta. Si inginocchiò di fronte a me e mi avvicinò a lui.

"Mi amerai di nuovo." Sussurrò e mi baciò la mascella. "Farò l'amore con te fino a fartelo sentire di nuovo."

Scossi la testa, iniziando a piangere di nuovo. "Charles, ti prego." Lo spinsi. "Se mi ami davvero non mi farai del male."

"Abbiamo idee diverse sulla parola 'amore'." Sussurrò e iniziò a togliermi i jeans. "Mi piace che il mio venga sentito."

Mi bloccò le mani sopra la testa e si spinse dentro di me. Io sussultai. Volevo andarmene. Pensai di uccidermi sapendo che lui avrebbe fatto di tutto per farmi rimanere in casa con lui.

Quando finì mi baciò. Io chiusi gli occhi, cercando di nascondere il fatto che ero disgustata.

"Mangiamo, Mrs. Woodsen?"

Il suono del suo cognome mi fece ricominciare a piangere.

A/N: E riecco il dramma!

Mr. Clifford } m.g.c traduzione italianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora