Capitolo 8

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«Che generi musicali ascolti?»

«Mi affascina il metal, ma anche la musica gotica non è niente male.»

La conversazione era iniziata da poco, dal momento in cui ti eri presentata ai genitori del moro e poi salita in camera, seduta sul letto. Eri moralmente instabile, e si vedeva in lontanzanza, sembravi non esser lì con la testa in quel momento, forse la tua immaginazione era rimasta in soffitta, dall'incontro della sera prima con Tate. Parlavi vagamente, gesticolavi più del solito, e certamente d'aspetto non eri un gran ché: le occhiaie marchiate e le labbra pallide lasciavano intendere che tu, quella notte, non avevi chiuso occhio.

«Tutto bene, Violet? Sembri stanca..»

«No, è che ho passato tutta la notte fuori casa a stare un po' in giro per i locali, sta tranquillo.»

Mentisti spudoratamente, infondo, era quello che riuscivi fare al meglio. Con i ricordi tornasti in soffitta, il biondo ti aveva lasciata lì, da sola, e tu ovviamente non eri riuscita ad addormentarti, tanto la tua mente era affollata che eri arrivata a sentire sussurri e voci inesistenti, forse si, eri malata, ma malata di lui, di un amore rinnegato. Nel momento in cui la signora di casa entrò nella camera annunciando che la cena era pronta, riflettesti un attimo sulla tua situazione in famiglia: mamma e papà non li vedevi da settimane, erano impegnati col diavoletto biondo--portato in casa da Constance che non sapeva più come mantenerlo, recando a lui tutte le tue attenzioni mancate, ormai eran in armonia, non litigavano più, o, se lo facevano, era riguardo su come cacciar via l'ennesima famiglia, tu eri praticamente dimenticata, e a dir la verità, un po' ti mancavano quei momenti felici coi tuoi genitori, eri pur sempre una ragazza, una ragazza sola e abbandonata a sé stessa. Fortunatamente c'era Nora e Moira, le uniche due donne della casa che sapevano ascoltarti e confortarti, ah, e poi c'era Tate, lui che cercava sempre di non farti sentire giù di morale che sennò lo era anche lui, che lasciava mezzi messaggi, che faceva capir che in un modo o nell'altro c'era, e che tu, solamente, dovevi romper quel dannato muro che ti divideva da lui, ma, mai lo avresti ammesso, avevi paura, paura di cosa sarebbe successo poi, paura di una consequenza. Quegli anni passati da soli avranno sicuramente cambiato ragazza depressa e ragazzo psicopatico, ma ciò che è marchiato col fuoco non va più via, e imprigionati in quella casa, di certo, non c'era modo di spronarsi: soli, entrambi soli.

«Violet, cara, vuoi rimanere a cena da noi?»

La voce melodiosa della donna ti percosse, facendoti trovar lo sguardo ulteriore di Jeffrey addosso, a sorriderti.

«Si, volentieri signora, mi farebbe piacere.»

Ricevesti un nuovo sorriso da parte di lei, che girò i tacchi e scese, probabilmente aspettandovi per mangiare, e voi, con uno sguardo di intesa, non sareste di certo rimasti  lì con le mani in mano e con lo stomaco vuoto: fu meno di tre minuti che tutti riuniti eravate a mangiare sorridenti, tra risate e storielle riguardo la motivazione del trasferimento. Passarono all'incirca due ore, si erano fatte le undici di sera, e ti trovasti nuovamente in camera con Jeffrey, entrambi, stavolta, seduti a terra poggiati con le schiene sul letto.

«Mi son trovato bene con te, questa sera..»

Nessuna risposta da parte tua, non era il momento, stavi osservando con occhi persi fuori dalla porta, e il moro se ne accorse subito, ma decise di continuare.

«Mi trovo bene quando sono con te

Ancora niente, eri come il ghepardo nascosto che aspetta di attaccare la sua preda.

«Mi stavo chiedendo se..volevi rimanere a dormire da me..»

E come una sveglia, al notare la porta della stanza inizare a socciudersi, ti alzasti immediatamente, con finta delusione ad accarezzarti il volto.

«Oh, scusa Jeffrey, ma i miei genitori mi stanno aspettando, non posso rimanere, oggi.»

Ed un sorriso soddisfatto comparve quando la porta smise di muoversi, sorriso che poi divenne una leggera risatina al notare la faccia offesa del moro.

«Dai, non fare così, domani se vuoi passerò di nuovo!»

Ti avvicinasti per dargli un veloce bacio sulla guancia, quando finalmente stavi per allontanarti e lui ti prese per un polso, costringendoti a farti volare.

«Invece io ti chiedo di vederci al parco qui vicino, va bene? Ci facciamo una passeggiata.»

Si, eri pronta anche a questo. Il sorriso non scomparve, solo si addolcì leggermente.

«Va bene, vedo se riesco a venire. Buonanotte Jeffrey.»

«Buonanotte Violet!»

E finalmente dopo un anno, eri riuscita a far sorridere un tuo coetaneo, certo, lui era vivo, ma, insomma, pur sempre adolescente era, eri riucita a farlo sorridere nonostante tu sapevi fosse tutta una bugia, non ti saresti presentata, ovviamente, ogni volta che scavalcavi le soglie della casa, ti ritrovavi dentro essa come capitava in un incubo. Infatti, appena salutati i due compagni e uscita dalla porta principale, ti ritrovasti automaticamente in cantina, chissà perché, avevi solo bisogno di stare sola, o magari, infondo, una motivazione c'era.

Tainted Love || Tate And VioletDove le storie prendono vita. Scoprilo ora