Capitolo 11

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«Che diamine era quell'urlo?»

Jeffrey scese di corsa le scale, attraversandoti, letteralmente, il corpo, e tu che rimanevi accostata alla porta della cucina, osservavi con un sorriso soddisfatto quello che stavi vedendo: semplicemente, la tuta di lattice appesa alla parete, con sotto scritto un sottovalutato "andate via". Ancora non eri riuscita ad arrivare ad una conclusione logica riguardo il liquido che colava dalla scritta, era rosso, niente più, poteva essere sangue, così come succo di pomodoro. Forse la tua convinzione ti consigliò la seconda ipotesi.

«VIA, ANDIAMO!»

Si aggiunse, a madre e figlio urlanti, il padre, che con una camicia messa di fretta ancora non abbottonata e i capelli bagnati, apriva la porta di casa: sicuramente aveva avuto una visitina dalle due infermiere nella vasca da bagno. E mentre una nuova famiglia scappava a gambe levate da quel luogo di Morte e disperazione, lasciavan a te un nuovo vuoto dentro, perché, loro potevan correre via, tu no. Sentisti un braccio circondarti le spalle nel momento stesso in cui il sorriso divertito divenne malinconico: nonostante lo avessi respinto, era l'unico in grado di capirti, non lo avresti mai scordato.

«Siamo di nuovo soli, ora..»

Non ti dispiaceva così tanto, infondo, saresti tornata alla tua routine: depressione, oscurità, sangue, dolore. Ma evidentemente, non eri l'unica a non esserne particolarmente scossa, mesi dopo sarebbe arrivata una nuova famiglia e via, la ruota gira e mai si rompe. Tutta quella banalità ti, anzi, vi stava entrando dentro, alla fine, anche voi sareste divenuti come la casa, piena di ridicole urla.

«Tu non sei sola..»

Già, cos'era, cercava di corromperti per farti cambiare idea su di lui? Eppure ti lasciasti andare, quella sera, tra le sue braccia, concedendoti ad un solo pianto silenzioso, come l'animo che ospitavi dentro di te: e tra il calore del respiro di lui sulla tua pelle, esistasti persino a sentir le lacrime scivolare fino a pizzicare le labbra screpolate, che, invano, mordesti.

«Tate, ho paura..temo di poter diventare come le mura di questa abitazione..sono solo un blocco ghiacciato e dimenticato..»

Lui non parlava, ma ti strigeva a donarti protezione, a sussurrarti che, qualunque cosa fosse successa, ci sarebbe sempre stato, sempre. E per un momento avresti giurato di aver visto della normalità nel suo sguardo.

«Io sono qui, Violet, io non me ne vado..se solo tu non fosti così legata ai fantasmi del passato, riusciresti anche a capire che, Violet, non sei mai stata davvero sola.»

E in effetti era vero: cacciando l'unica persona che ti faceva sentir sicura, avevi perso tutto, e così sei rimasta sola, ma dunque, un'opportunità, era quello che cercava? Beh, avresti tentato, allora, ma tutto spettava alla tua fiducia e al suo buon senso.

Tainted Love || Tate And VioletDove le storie prendono vita. Scoprilo ora