CAPITOLO 1

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Jennifer

Oblio

Osservo il sole caldo entrare dalle finestre e irradiarsi sulla mia pelle, per poi spostare lo sguardo su Aiden, ancora dormiente accanto a me. Gli accarezzo dolcemente il viso, per poi appoggiare la testa sul suo petto e stringermi a lui, rubando il suo calore corporeo.

La giornata promette bene, la banca oggi sceglierà se accettarci o meno, il mutuo per il ristorante. Il sogno di Aiden, che ora è diventato anche il mio. E dopo il lavoro andrò a visitare il locale, per l'ennesima volta, per fantasticare sul futuro.

Un gemito sommesso mi avvisa che ormai è sveglio, perciò mi metto sul lato, aspettando di vedere i suoi occhi, che non tardano ad aprirsi.

«Ciao bellissima», mormora dolcemente. Sorrido, e gli lascio un bacio sulla bocca «ciao amore», sussurro per poi cadere di nuovo fra le sue braccia. «Non ho voglia di andare al lavoro», ammetto col broncio e lui ride contro la mia spalla, per poi baciarla.

«Forse tra poco lavorerai per me», farfuglia con tono malizioso. Lo guardo scettica, reggendogli il gioco «questo vorrebbe dire andare a letto con il capo, credo ci siano un po' di conflitti di interesse, non credi?» gli rispondo sarcastica, trattenendo una risata.

Lui si mette una mano sotto al mento solleticandolo, facendo finta di pensarci attentamente, mordendosi nel mentre il labbro inferiore.

«Allora in questo caso, dovrò sposarti», mormora, come se mi stesse dicendo che il cielo è azzurro.

Il mio cuore smette di battere per qualche secondo, mentre con lo sguardo cerco di capire se sta parlando sul serio, o solo scherzando. Ignorando le centinaia di domande che nel mio cervello stanno vorticando ansiose di risposte, mi bacia dolcemente e poi si alza dal letto.

«Mi faccio una doccia», borbotta mentre esce dalla stanza, lasciandomi confusa e dubbiosa. Davvero ha intenzione di lasciarmi su questo precipizio, senza dirmi altro?

Certo siamo insieme da quasi due anni, conviviamo senza problemi, ma non ha mai tirato in ballo questioni importanti come matrimonio o figli. Forse è meglio così, ma dannazione!

Mi sembra di stare perennemente su una fune da funambolo con lui, io che cerco di tenere in equilibrio la nostra relazione, ondeggiando sempre di più. E mi sento da sola su questa corda, cercando di raggiungere lui davanti a me, all'infinito. Ma le gambe tremano ogni volta che chiudo la bocca per non parlare e le braccia fanno male, ogni volta che volto lo sguardo per non discutere.

Perché qualcosa mi dice che al primo passo falso, tutto questa storia cadrà. E non ci sarà nessuna rete di salvataggio nell'oscurità.

Quindi forse è meglio restare in questa bolla "sicura", dove si evitano i problemi, dove i mille discorsi che vorrei fargli mi lacerano dentro, pregando di uscire. Piuttosto di affrontare la realtà e cadere nell'oblio.

***

Arrivata davanti alla Porter Company la società per cui lavoro, che si occupa di pubblicità e marketing, mi soffermo a guardare il palazzo bianco di sei piani. Un palazzo storico, che all'esterno è rimasto nel suo originale splendore. Cornicioni decorati con motivi floreali in rilievo, grossi archi che ospitano le vetrate anch'essi con fregi decorativi. Per non parlare dell'imponente portone di legno massiccio intagliato. Vorrei soffermarmi su i fiori dei davanzali, che avrebbero bisogno di un po' di fertilizzante, quando una voce strillante alle mie spalle mi fa sobbalzare e spostare l'attenzione.

«Dannazione Jen, è da ieri sera che ti chiamo!» esclama la donna indignata, abbracciandomi goffamente. Sorrido, osservando la mia amica Tess che cerca di essere arrabbiata con me, invano.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora