CAPITOLO 17

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La villa

Jennifer

Quando entriamo nella limousine ormai è tardo pomeriggio. Il sole sta tramontando, colorando il cielo di rosso e rosa.

Mi appoggio allo schienale, e sospiro profondamente. Non vedo l'ora di andare a casa e di buttarmi sul letto ma ancora di più, di togliermi questo dannato vestito.

Ammetto anche di aver bevuto qualche bicchiere di vino, perché altrimenti, non sarei riuscita a superare il fatto che mi madre si sia messa a criticare i camerieri, i sorrisi che tutti ci rivolgevano, ma soprattutto il dannato sguardo di Matthew, che non lo staccava mai dal mio. Però da quell'incontro sul tetto, mi sta evitando. Non riesco a capire cosa possa essere successo.

Mi appoggio contro al sedile e di sottecchi osservo "mio marito", accanto a me. Si è tolto la cravatta e la giacca, aprendo i primi due bottoni della camicia, che mostrano un accenno di petto. Deglutisco e sposto lo sguardo sui suoi capelli prima ordinati, ora invece sono in modo quasi perfetto scompigliati, ed alcuni ciuffi ondulati gli ricadono sulla fronte. Infine come ultimo ma non meno importante, mi godo la vista dei suoi muscoli sotto la camicia tesa. Cazzo devo smetterla, possibile che ho perso il mio ritegno? Possibile, che solo l'idea che ora è mio marito, mi fa arrossire e mi provoca brividi in punti del mio corpo che...Smettila Jennifer!

Lui distoglie lo sguardo dal cellulare e mi guarda confuso, come se si sentisse osservato. «Ti senti bene?» mi chiede con un sorriso di sfida sul volto. Faccio una smorfia, «ho appena sposato un uomo che non amo e per cui ho un'avversione, quindi no, non sto bene».

Lui sorride sornione e un risolino esce dalla sua bocca, «e perché mai mi odi così tanto?» chiede con tono sarcastico. Sta davvero pensando che sto scherzando?

Apro gli occhi e lo guardo senza parole. Davvero non riesce a capirlo? Davvero non ricorda cosa mi ha fatto? Ma non faccio in tempo a vomitargli addosso tutte le parole che ho sempre voluto dirgli, che la macchina si ferma. Mi affaccio, e quello che vedo mi fa spalancare la bocca. La vecchia villa Dallas.

Me la ricordavo solo gigantesca e lussuosa, ma forse da bambina non avevo notato tutte queste cose, affascinata dai biscotti.

Un grosso cancello si apre di fronte a noi, e mentre avanziamo verso la residenza, osservo la distesa di prato verde, gli alberi folti che circondano la recinzione, infine una piccola fontana posta davanti a noi come una rotonda.

Alzo lo sguardo per osservare i muri in mattone scuro, gli archi alle finestre e infine i gradini che portano sotto ad un grande portico, tenuto da colonne possenti. Mentre io guardo incantata la villa e tutte le sue bellezze, Matt osserva me, con un sorriso divertito sul viso. 

«Vecchi ricordi?» domanda curioso dalla mia reazione. «Sì, sinceramente di quel periodo ricordo solo i biscotti di tuo zio, e i dispetti che tu e Chad mi facevate, rammento che una volta mi avete convinta a fare nascondino, e sono rimasta nascosta per due ore, prima di scoprire che voi stavate giocando alla play, dimenticandovi di me» quanto avevo urlato appena lo avevo scoperto. E quanto li avevo odiati, ricordo che per giorni non avevo rivolto la parola a nessuno dei due.

«Posso dire a mia discolpa che era stata un'idea di Chad». In risposta lo guardo sdegnata, provocandogli un altro ghigno. Le mie guance diventano paonazze e sono sicura, che se ora ci appoggiassi le dita, scoprirei che sono bollenti.

La portiera si apre interrompendo il nostro momento, e un uomo giovane e dai capelli a spazzola, mi tende la mano.

«Signora Dallas», dice ed esitante accetto il suo aiuto.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora